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Risposta all’accusa di antisemitismo

di Brunetto Salvarani

Assessore al Progetto-memoria del Comune di Carpi e direttore di Tempi di Fraternità

L’editrice e la redazione di Tempi di Fraternità esprimono profonda solidarietà al nostro direttore Brunetto Salvarani ed a tutto il Comune di Carpi per l’incresciosa ed ingiusta accusa di antisemitismo mossa dal signor Franco Perlasca. Accuse infamanti che abbiamo appreso dai giornali mentre eravamo in stampa con il numero di aprile della nostra rivista. Possiamo intervenire solo ora con questo messaggio di solidarietà; conosciamo Brunetto come uomo del dialogo e dell’educazione ad esso, della grossa motivazione e volontà di cooperazione fra i popoli, del suo impegno in qualità di teologo e studioso di ebraismo (è tra i fondatori della rivista QOL per la ricerca proprio delle radici ebraiche), promotore e motore del documento per istituire una Giornata nazionale di dialogo con l’Islàm. Conosciamo Brunetto per la grande umanità e per il rispetto che nutre per qualsiasi differenza. Questo attacco strumentale e gratuito ci stupisce e ci addolora. Per questo vogliamo pubblicare su questo numero una lettera di risposta all’accusa che gli viene mossa di antisemitismo.




Con una e-mail spedita a molti indirizzi il 13 marzo 2003, il signor Franco Perlasca ha formulato accuse pesantissime al Comune di Carpi, tacciato di un antisemitismo "ben più grave e piena (sic) di significati di qualche scritta sui muri di qualche ". Causa dell’accusa, la presenza nelle sale del Museo Monumento al deportato di Carpi di un’opera d’arte costituita di alcune fotografie che ritraggono ragazze di Carpi appositamente "velate", dalla quale il signor Perlasca, del tutto arbitrariamente, ha inteso trarre il seguente messaggio: "la shoah viene equiparata alla situazione in Israele di oggi, gli ebrei di allora sono i palestinesi, i carnefici di oggi sono gli ebrei. Gli ebrei sono i nuovi nazisti".

Si tratta, è inutile sottolinearlo, di un’accusa assai grave, che ci fa sbigottire, ci rattrista profondamente e che - è altrettanto inutile dirlo, speriamo - respingiamo totalmente.

La respingiamo, in primo luogo, perché è falsa, dato che non c’è nulla che può ricollegare le fotografie all’attuale situazione di conflitto mediorientale. Il messaggio dell’opera d’arte, inserita in una mostra di giovani artisti di tutta Italia dal titolo "Il volto dell’altro", con evidente richiamo al magistero del filosofo ebreo lituano Emanuel Lévinas, va semmai nella direzione di condannare tutte le guerre, e tutte le violenze, che ricadono sulle spalle delle donne: in questo caso, delle donne velate del mondo arabo, ma tra le installazioni temporaneamente presenti nel Museo Monumento ci sono ritratti di giovani ebrei, europei, italiani, tutti invitati a fare del rispetto delle differenze e dell’alterità il senso del loro vivere oggi, in un mondo sempre più globalizzato, interculturale e interreligioso. Certo , l’interpretazione di un’opera d’arte è libera, e il suo fruitore ha il diritto di fornirne una propria lettura personale: non, però, di travisarne integralmente il contesto, partendo inoltre da qui per operare un processo sommario che non lascia scampo a chi viene accusato. Incidentalmente, si può rilevare che tra le centinaia di visitatori che negli ultimi due mesi si sono recati al Museo Monumento nessuno aveva anche lontanamente immaginato che da parte dell’artista in questione ci fosse nell’animo di equiparare Israele ai nazisti, e i palestinesi di oggi agli ebrei di ieri.

La respingiamo, in secondo luogo, perché essa ignora del tutto la storia e l’identità della nostra città, del nostro Comune e della nostra gente. Storia e identità ampiamente segnate dalla forza della democrazia e del rispetto di qualsiasi minoranza, dall’integrazione con donne e uomini qui emigrati (dal sud Italia e dai paesi del Terzo Mondo), ma ancor più dalla custodia gelosa del patrimonio di memoria che ci giunge dalla presenza qui del Campo di concentramento di Fossoli: rappresentata, nel corso degli anni, dalle splendide figure di Odoardo Focherini e di don Dante Sala, dalla medaglia d’argento al valor militare durante la lotta resistenziale al nazifascismo, da don Zeno Saltini e dalla sua Nomadelfia, dall’edificazione del Museo Monumento al deportato (un unicum in Italia), dall’acquisizione e dalla valorizzazione del sito del campo di Fossoli, dalla creazione della Fondazione Fossoli e del Progetto-memoria, dal restauro e dalla valorizzazione culturale delle sinagoghe e del cimitero ebraico, dall’impegno straordinario in occasione della celebrazione della "Giornata della memoria" e della "Giornata per la valorizzazione del patrimonio culturale ebraico", dal gemellaggio col "Villaggio della pace" Nevè Shalom - Waahat as-Salaam, e così via.

La respingiamo, infine, perché l’impressione di essere vittime incolpevoli ed in assoluta buona fede di una strumentalizzazione politica di cui fatichiamo a cogliere il senso è purtroppo molto forte. In un momento drammatico a tanti livelli, in cui il dialogo e il buon senso sono merce preziosa anche nel nostro paese e il razzismo sembra tornare prepotentemente sulla scena, crediamo che il gridare "al lupo al lupo!" in una materia così delicata non aiuti nessuno. Tanto meno chi, come noi, non può non amare Israele e lavorare, per quanto possibile, per una pace giusta in Medio Oriente.

Tanto è dovuto alla verità e a chi stima - e, ci auguriamo, continuerà a stimare - l’opera di Carpi e dei carpigiani, del Comune di Carpi e della Fondazione Fossoli in favore dell’educazione al dialogo, della cooperazione fra i popoli e del rispetto per qualsiasi differenza.

Brunetto Salvarani - Assessore al Progetto-memoria del Comune di Carpi

 

Martedì, 18 marzo 2003



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