Commento sul "Licenziamento" di don Franco Barbero
Spero che il provvedimento pontificio a carico di Franco Barbero sia un motivo di riflessione, oltre che di indignazione.
Periodicamente si ripresentano queste occasioni, ma non se ne traggono conseguenze adeguate sul piano teologico ed ecclesiologico, sulla teologia dei ministeri e dei carismi. Il linguaggio stesso del comunicato vaticano è già di per sé meritevole di un'analisi approfondita sia sul piano psicologico che su quello ermeneutico, e lascia aperte molte ipotesi sulla schizofrenia del suo autore.
Sul piano pastorale, poi, è un esempio di come non si dovrebbe mai comportare neppure un parroco con il suo sacrestano. Sul piano della tanto raccomandata solidarietà, non si legge nulla sulle prospettive di sostentamento economico del "licenziato": altro che articolo 18!
La cosa passa i limiti del buon gusto quando gli si raccomanda di vivere da buon cristiano, e in più gli si dà il permesso di sposarsi, facendogli comunque divieto di celebrare la messa e amministrare il sacramento della riconciliazione.
Veramente, passando il Brennero si sono fermati a Trento e ci si sono affezionati!
Scherzi a parte, questo genere di provvedimenti ha un effetto importante che dovremmo valutare ed evidenziare con molta insistenza: la Curia Romana sta producendo un "tertium genus", cioè sta selezionando una "specie" nuova nell'antropologia ecclesiale: oltre ai preti e ai laici sta fabbricando la categoria dei preti laici, a cui non toglie i poteri (carismi) propri del presbiterato (né potrebbe farlo, perché vengono direttamente da Dio secondo la teologia più accreditata) ma vieta di farne uso pubblico (un'antica massima canonica afferma che "neque ecclesia judicat de internis" cioè "neppure la chiesa può emettere giudizi su ciò che è interiore = sulla coscienza"). In sostanza, questi provvedimenti stanno fabbricando una quantità di "mutanti", e credo che ciò avvenga grazie a un disegno provvidenziale, per dare alla chiesa un altro tipo di "servizio presbiterale" che risponda alle esigenze spirituali delle comunità e non alle prefetture vaticane al tramonto.
Se qualcuno è interessato a questo discorso, che mi riguarda anche personalmente, tengo a disposizione una tesina che ho scritto una decina d'anni fa, è stata pubblicata da Il Gallo di Genova ed è stata inviata personalmente al cardinale Sodano (mio antico professore di dogmatica al seminario di Asti) oltre che a molti miei amici preti e laici, al cardinale Poletto quando era vescovo di Asti e all'attuale vescovo Francesco Ravinale e al teologo Bruno Forte. So per certo che è stata letta, anche se tutti hanno evitato di discuterne con me i contenuti con le scuse più vaghe, e non ho ricevuto rimostranze.
Il testo (15 pagine) è disponibile su questo sito, se richiesto.
Gianfranco Monaca
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