Pagina precedente

Un dibattito pacifista: la guerra nucleare è follia



Data: 14 Marzo 2022
Autore: Laura Tussi



Un dibattito pacifista: la guerra nucleare è follia
di Laura Tussi
Il Centro psicopedagogico per la pace, l’educazione e la gestione dei conflitti

Un dibattito pacifista: Marescotti e Novara

La guerra nucleare è follia

di Laura Tussi


Introduzione: l’impegno pacifista e nonviolento.

Come giornalista, scrittrice e attivista per la pace, per l’antifascismo e la nonviolenza sono molto motivata a relazionare i seminari online proposti da PeaceLink per il loro alto livello di idealità inerente i temi di cui tutti insieme noi pacifisti ci occupiamo e in cui soprattutto crediamo.

Nell’ambito di un webinar di PeaceLink condotto da Alessandro Marescotti, Daniele Novara, noto pacifista e pedagogista, tratta degli argomenti in questione con una posizione netta inerente il problema della guerra in campo pubblico e sull’impatto della guerra nel mondo della scuola.

Quale può essere il ruolo del mondo educativo in questo difficile momento dove stiamo proiettando dentro di noi e introiettando psicologicamente narrazioni di guerra “giusta” che lascia segni nell’immaginario e nell’inconscio personali e segni e cicatrici di inquietudine nell’immaginario collettivo e nella coscienza collettiva? Uno dei primi libri di Daniele Novara, Educazione al disarmo, del 1984 nella collana Scegliere la Pace, apre la strada a molti altri studi sulla pace e sulla gestione dei conflitti.

Alessandro Marescotti, che conduce il dibattito, chiede come è nato il Centro psicopedagogico per la pace, l’educazione e la gestione dei conflitti che per noi pacifisti è stato e sarà sempre un punto di riferimento e lo è tuttora.

Daniele Novara ha sempre voluto scegliere fortemente e in modo molto motivato di fare il pedagogista.

Alla sua epoca si doveva decidere per il servizio militare o per l’obiezione di coscienza e lui ovviamente scelse l’obiezione per la sua idealità forte e con una ferma decisione nata e derivante dalla lettura e dall’esperienza formatasi sui libri di Milani, Dolci, e soprattutto Silone per il suo fervente Antifascismo.



Le scelte dettate dalle idealità.

Daniele Novara ha avuto la fortuna e l’onore di frequentare e conoscere Danilo Dolci che considera il suo maestro e che attuò tecniche gandhiane in tutta Italia.

Dolci lo coinvolse nella collaborazione per un progetto educativo alla pace e per creare un centro permanente e fu incoraggiato da ambienti pacifisti negli anni ‘80 che erano contro gli euromissili stoccati e stanziati anche a Comiso. Nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, il Centro psicopedagogico per la pace, l’educazione e la gestione dei conflitti è cresciuto, tra moltissime esperienze e studi pratici, attivi e teorici, perchè la pace non è una questione di buoni sentimenti, ma significa sapere gestire i conflitti, ossia essere attivi e intelligenti nelle situazioni di contrarietà non solo nei microsistemi, ma anche nei macrosistemi soprattutto tramite la nonviolenza gandhiana.

È necessario attivare la resistenza nonviolenta perché combattere la violenza con la violenza e la guerra con la guerra non è assolutamente la soluzione.

Gandhi, come Mandela, King e tanti promotori di movimenti nonviolenti nel mondo attuarono questo sistema.

Anche con la caduta della guerra fredda, in Europa furono attuate tecniche nonviolente.

L’Ucraina non ha scelto la nonviolenza e rischia di finire in un massacro, in una vera e propria carneficina, portando il mondo verso l’ecatombe.



E’ sempre più necessario imparare a gestire i conflitti anche a livello microsociale.

Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink, chiede a Daniele Novara come si è evoluta l’idea del Centro psicopedagogico per la pace, l’educazione e la gestione dei conflitti.

Novara risponde che sono stati attivati tanti corsi a tema e oggi questa realtà è diventata un istituto pedagogico che opera nelle situazioni di conflittualità, nella radice dei conflitti da cui si parte sempre per costruire relazioni e comportamenti di comunicazione a partire da una buona gestione dei conflitti.

“Questa è un’area di lavoro ed impegno che nasce dal mio essere obiettore di coscienza. La mia speranza è fare solo il pedagogista e mi ritrovo a fare sempre il pacifista in questo mondo eterno di guerre” sostiene Novara.

Marescotti dice che sulla rivista Vita ha letto che nella guerra in Ucraina non conta chi ha ragione. E questo ovviamente è dettato dall’incubo dell’escalation nucleare che prevede la morte totale, l’ecatombe umana, la fine di tutto. E quindi tutti noi ci chiediamo se la scuola ha consapevolezza dell’ecatombe nucleare? Di cosa significa inverno e guerra nucleare? Ci sono cose che a scuola sono attuate e messe subito in pratica per l’emergenza educativa, cercando di individuare proposte educative e pedagogiche di nonviolenza, basate sulla nonviolenza attiva.



La guerra nucleare è follia: la scuola deve aiutare a imparare a pensare.

La scuola deve educare ad essere attivi.

Un’educazione alla pace per fare imparare a pensare, ad aprire il dibattito, a portare il confronto tra ragazzi che devono parlare anche a tavolino, devono trovare la forza per contestare e dire no e basta e ribellarsi a un destino che toglie loro il futuro. Un destino di guerra, di disuguaglianza sociale, di catastrofe climatica, di violenza strutturale.

Anche nella scuola deve avvenire un moto di rivolta e ribellione e di contestazione al mondo delle armi e al concetto del nemico assoluto e dell’eroismo militare. Sono questioni in cui l’Europa si trova adesso, in un periodo importante e apparente di pace dopo il 1945, l’anno della Liberazione dal nazifascismo, tolto l’episodio dei Balcani.
La guerra è ormai in un immaginario molto pericoloso.

Non vi è più speranza e le armi alimentano la guerra.

Occorrono il confronto e il dialogo e la solidarietà e la cooperazione perché si tratta della nostra vita, dei nostri figli, dei nostri bambini. Alimentare la speranza nella “pedagogia della speranza” come sosteneva e praticava Freire.



La dimensione della speranza contro le guerre, per opporci al delirio nucleare.

Come possiamo portare nella scuola la dimensione della speranza? La dimensione della resistenza nonviolenta è basata sulla non collaborazione e il boicottaggio che consistono in parte nella resistenza gandhiana.

Il parlamento italiano decide di mandare armi in Ucraina, alimentando la guerra e questo è letteralmente disgustoso e segnala la mancanza di senso politico. Una classe politica estremamente ignorante e che non conosce la Storia. L’Ucraina non ha nessuna possibilità sulla Russia. L’Ucraina è un paese povero e spera che la Nato intervenga con la terza guerra mondiale, ma convintamente non possiamo permettere che divampi la terza guerra mondiale perché sfocerebbe nella guerra nucleare. Nella conflagrazione finale. Il discorso della speranza: come possiamo portare la speranza progettuale a scuola? Restituire attivismo e restituendo progettualità ai ragazzi. Il covid è stato una situazione tragica e stantia. La guerra incupisce ancora di più questo periodo, questo clima di odio e di nazionalismo esacerbato.

Occorre applicare l’articolo 11 della Costituzione italiana che ripudia la guerra e i temi della nonviolenza, della pace e argomenti pedagogici, di alto pensiero e non gli argomenti dell’epicalità bellica.



Il clima di pressione che fomenta la terza guerra mondiale e il baratro nucleare.

Sta subentrando un clima di pressione che fomenta la terza guerra mondiale. Ma gli italiani sono consultati per la volontà di entrare in guerra? L’Italia manda armi in Ucraina e entra in gioco una dinamica in cui il confine di guerra contro la Russia è molto labile. Molta manipolazione dell’opinione pubblica da entrambe le parti. Ci sarà l’inverno nucleare? La scuola ormai è in uno stato letargico. Freire spronava a prendere coscienza e non a subire: subiamo purtroppo l’idea della guerra nucleare. Franco Fornari negli anni ‘60 scrisse un libro con un personaggio che aveva un grave delirio psicotico per cui voleva la guerra nucleare a ogni costo. E così l’informazione, pur di fare audience, strumentalizza.

Al contrario di tutto questo, subentra il bisogno di costruire la ricomposizione e la cooperazione e spingere i belligeranti a parlare tra loro e a fare mediazione e a non aizzare la guerra nucleare. La guerra è una via senza ritorno, una strage efferatissima. Porterà solo all’estinzione del genere umano e alla fine della nostra storia. L’adolescente ha performances cognitive migliori dell’adulto, ma deve avere accesso a informazioni corrette e reali. Come si vince la guerra nucleare? Nella guerra nucleare perdono tutti. Solo con il primo colpo. Non c’è un tempo. La Nato è in grado di difendere l’Europa? E’ una falsità. Non esiste la difesa nucleare. La deterrenza è un concetto di non utilizzo assoluto delle armi nucleari.

La guerra nucleare è follia. Il conflitto ha a che fare con le nostre relazioni, dal verbo latino cum-fligere ed è diverso dalla guerra che è drammatica e significa disperazione e comporta distruzione. Conflitto e guerra non sono sinonimi, secondo la pedagogia di Novara.



Alessandro Marescotti presenta il progetto SUPERPACE.

Alessandro Marescotti presenta il grande e ambizioso progetto SUperPace, le scuole e le università per la pace con gli studenti e gli insegnanti per dare vita a un dibattito di coscientizzazione contro la guerra con SUperPace.

Come collaborare e promuovere una scuola a una presa di coscienza sulla pace? SUperPace è una rete di collegamento, è un raccordo tra realtà che praticano educazione alla pace. Un database di docenti, insegnanti, studenti, ricercatori per far emergere la positività della scuola. È un progetto che punta a una ricerca/azione educativa.

Il progetto SUperPace ha come riferimenti normativi l’articolo 11 della Costituzione repubblicana, l’Agenda ONU 2030 nell’obiettivo 16 che riguarda la pace e le istituzioni solide e l’obiettivo quattro sull’educazione alla nonviolenza.

Altri obiettivi sono la dichiarazione ONU sul diritto alla pace, all’educazione e al disarmo promossa dall’ONU nel 2002; nella progettualità didattica e educativa vi è un interscambio tra scuola e territorio di arricchimento reciproco per sviluppare l’educazione alla pace attraverso collegamenti con la piattaforma educativa Indire in una ricerca – condivisione – cooperazione che sono i cardini del progetto SUperPace.

È infatti necessario essere responsabili e aiutare alla consapevolezza per uscire dall’idea dello scontro. È necessario sviluppare un approccio potente con idealità, idee e ideali. Ogni scuola dovrebbe esporre la bandiera della pace. Infatti chi è impegnato nell’educazione è impegnato in politica e nella politica della pace. Il fascismo voleva impartire una diseducazione, un indottrinamento distorto e imporre nei militanti il militarismo. Anche con l’imposizione ai balilla dei disvalori dell’efferatezza violenta, della competizione a oltranza. Poi anche la scuola si è ribellata.

Come proclamava Maria Montessori, perseguitata dal fascismo: “Tutti parlano di pace, ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione e la competizione è l’inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione, e per offrirci l’un l’altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace “.

Per approfondire:

https://www.peacelink.it/pace/a/49042.html

Dialogo fra Alessandro Marescotti e Daniele Novara

Contro la cultura della guerra educa alla pace

Nel webinar è stato presentato il progetto SUPERPACE (Scuole e Università per la Pace), un database online per collegare le esperienze di educazione alla pace e per favorire la cooperazione educativa.

Questo articolo è stato pubblicato qui


EDUCAZIONE ALLA PACE LAURA TUSSI NONVIOLENZA NUCLEARE PACE PACIFISMO PACIFISTI PEACELINK