L’Italia ripudia la guerra?
Data: 31 Gennaio 2022
Autore: Laura Tussi
Il nostro paese ripudia la guerra, ma attua ingenti investimenti economici con l'export di armi
L’Italia ripudia la guerra?
Nel contesto internazionale, attualmente, in atto a partire dagli anni '80 del Novecento e soprattutto dalla prima guerra del Golfo del 1991, i poteri forti vogliono indebolire l’ONU e aggirare il divieto della guerra contenuta nella carta costituzionale
Laura Tussi L'Italia ripudia la guerra?
Perché il nostro paese ripudia la guerra, ma attua ingenti investimenti economici con l'export di armi?
L'Italia è presente in 20 paesi con 29 missioni militari in cui abbiamo speso 826 milioni di euro come scrive Maurizio Donini su Il Fatto Quotidiano.
Perché il nostro paese rigetta e ripudia la guerra, ma di fronte agli ingenti ricavi economici dall'export di armi non si sottrae?
Esattamente sono stati 15 i miliardi recentemente incassati dal bel paese per esportare morte, in continuo e costante incremento. Un aumento del 85,7% rispetto agli 8 del 2020 e non è dato sapere se anche i morti provocati siano aumentati in misura equivalente.
Il principio fondamentale del ripudio della guerra è stata una libera scelta della nostra Assemblea Costituente. Una decisione votata dopo un dibattito tra i più approfonditi: ripudiare è un termine nuovo e forte, più che rinunziare e condannare la guerra. La guerra è ripudiata.
È anche il prodotto della semina e delle aspirazioni del pacifismo democratico dell’Ottocento e del primo Novecento e del rifiuto del bellicismo fascista che aveva portato l’Italia allo sfacelo.
L’articolo 11 della Costituzione contiene un principio fondamentale e non può essere modificato neppure da una legge di revisione. La Costituzione ammette solamente la guerra di difesa in caso di attacco armato al nostro paese quando afferma che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino.
Un dettato costituzionale, costato lacrime e sangue, però purtroppo gravemente e più volte aggirato dai governanti italiani a partire dagli anni '80 del secolo scorso.
La drammatica tendenza non è solo italiana e si lega ad un identico contesto internazionale, tuttora, attualmente, in atto a partire dagli anni '80 del Novecento e soprattutto dalla prima guerra del Golfo del 1991, volta ad indebolire l’ONU e aggirare il divieto della guerra contenuta nella sua carta.
E' necessario invece andare verso la trasformazione dell’ONU da organizzazione a carattere internazionale ad organizzazione sovranazionale.
Gli Stati maggiori, soprattutto la superpotenza Usa, hanno operato per riacquisire quel diritto alla guerra come diritto naturale vigente nel diritto internazionale pre-ONU.
E quindi verso la rilegittimazione della guerra quale strumento per la risoluzione dei conflitti e delle controversie.
Eppure bisogna ritornare a coltivare la prospettiva del divieto della guerra oggi in così grave crisi e sotto attacco.
E' urgentemente necessario ricordare che fu respinta anche la proposta avanzata da Calosso, Pertini, Matteotti e altri, più che mai attuale, secondo cui nel bilancio dello Stato le spese per le forze armate non devono superare le spese per la pubblica istruzione.
Bibliografia:
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