Pagina precedente

Europa: Utopia o progetto in divenire?



Data: 20 Novembre 2024
Autore: a cura della redazione



Sempre più negli ultimi anni si va denunciando
un’inadeguata realizzazione
dell’Unione Europea come una
entità economica e politica che sia
in grado di competere con le grandi
potenze come USA o come i Brics (Brasile,
Russia, India, Cina e Sudafrica e altri ancora).
Purtroppo però l’Unione Europea sembra
procedere con grande fatica su questo cammino
e non si riesce a vederne una conclusione
se mai ci sarà, nonostante gli 80 anni passati
dalla sua prima visione condensata nel Manifesto
di Ventotene, che proponeva la riunione
degli stati europei in uno stato federale.
La riprova viene dalla nuova Commissione
Europea, ancora affidata a Ursula von der
Leyen che ha espresso proposte fortemente contraddittorie
rispetto ai fondamenti giuridicovaloriali
originari e originali dell’Europa, in
particolare avuto riguardo all’immigrazione e
alla salvaguardia della dignità delle persone in
quanto tali. Sospinta dall’ondata sovranista,
l’Europa democratica, paladina dello stato di
diritto, della tutela delle minoranze economiche
e sociali prevista dal Manifesto di Ventotene
sembra in dissoluzione.
Quest’ultimo fu pensato e scritto da Altiero
Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941 quando,
come oppositori del regime fascista, furono
confinati nell’isola di Ventotene. In questa Europa
i singoli stati avrebbero conservato una
loro autonomia, mentre lo stato federale, con
una sua costituzione, con un suo parlamento
con un suo governo e con una sua moneta,
avrebbe detenuto le competenze e i poteri necessari
per garantire l’unità politica ed economica
della federazione per quanto riguarda la
politica estera, la difesa, la politica economico-
monetaria, garantendo comunque la natura
democratica dello stato e i diritti civili universalmente
riconosciuti.
Da allora molti passi sono stati fatti. I primitivi
sei stati nati nel 1951 con il trattato di Parigi,
che creò la Comunità Europea del Carbone
e dell’Acciaio (CECA), raggiunsero il numero
di 15 nel 1995 per arrivare ai 27 attuali
attraversando molte fasi. L’attuale Unione Europea
nasce dai trattati di Schengen nel 1985 e
di Maastricht nel 1992.
Occorre tuttavia evidenziare il tarlo che ha
iniziato a inquinare la costruzione dell’Unione
Europea sul piano economico a partire proprio
dal Trattato del 1992 per finire alla Costituzione
del 2005 (Trattato di Lisbona). Lì
si definiscono gli obiettivi primari dell’economia
dell’Unione individuati nell’«economia
sociale di mercato altamente competitiva». In
breve sulla preminenza del mercato su ogni
altra istanza, cosa che indusse Ernesto Balducci
a dire, pochi mesi prima di morire: «l’Europa
nata nel mercato morirà nel mercato». Infatti
fin da quei trattati si è affermato il c.d.
ordo liberismo di stampo tedesco, una variante
appena attenuata del neoliberismo imperante
in quegli anni che affermava la necessità di
privatizzare ogni attività statale.
L’ordo liberismo teorizza, tra l’altro, la necessità
di uno Stato forte governato da élite
competenti che non rappresentino interessi o
appetiti popolari, ma - appunto - quelli del
mercato tramite la concorrenza. Un dogma che
ha portato la Commissione Europea, dal 2011,
a raccomandare centinaia di volte tagli alla
spesa sociale (vedi sanità) e freno alla crescita
dei salari.
Ciò non significa che la costruzione europea
sia del tutto fallimentare. Ora l’Unione
dispone di un proprio parlamento, di un Consiglio
che svolge il potere esecutivo, di una
Corte di giustizia, di una Banca centrale, di
una corte dei conti, dispone anche di una moneta
unica e in essa esiste la libera circolazione
tra i vari stati che la compongono. Questo
però non fa di lei uno stato federale in quanto
non possiede una Costituzione e il suo potere
decisionale è molto limitato in quanto molte
decisioni devono essere approvate all’unanimità
tra i vari stati componenti. Pertanto rimane
un’Europa incompleta e asimmetrica, cresciuta
di quattro volte rispetto al nucleo originale per motivi essenzialmente economici, improntati ad
un neoliberismo che svuota sempre più il potere delle istituzioni
democratiche deputate a promuovere un’Unione
Europea sempre più coesa e dove in politica estera ogni
Stato decide per conto suo. Anche per quanto riguarda i regimi
fiscali, il welfare, l’istruzione, la sanità, ogni stato legifera
in autonomia portando squilibri tra uno stato e l’altro.
In particolare l’apertura ai paesi orientali ha deteriorato il
mercato del lavoro, favorendo la delocalizzazione di vaste
attività produttive verso questi paesi dove i salari erano (e
sono ancora) molto più bassi rispetto a quelli occidentali.
Nel corso della storia ci sono stati dei tentativi di riunire
politicamente territori con lingue e culture diverse, creati
da regnanti o condottieri che avevano dato vita a regni e
imperi che però hanno avuto durata breve, in quanto dopo
la morte del loro artefice si sono disgregati venendo spartiti
tra figli litigiosi o generali ambiziosi.
L’impero creato da Carlo Magno nel 800 d.C., ad esempio
Con la sua incoronazione da parte di Leone III, durò
non più di 40 anni ossia sino alla morte del figlio Ludovico
il Pio. Dopodiché le lotte tra i suoi tre figli per contenderne
l’eredità, ne segnò la fine.
L’impero di Carlo V, sul quale non tramontava mai il sole,
alla sua morte nel 1558 venne diviso tra il figlio Filippo II
e il fratello Ferdinando I. Le guerre di religione che seguirono
e che lacerarono l’Europa con sanguinosi scontri tra
cattolici e protestanti, trovarono una fine solamente con la
pace di Vestfalia nel 1648 che però lasciò politicamente le
cose come prima, pur rimescolando confini e territori.
L’impero di Napoleone Bonaparte, creato grazie alle sue
folgoranti conquiste che riunirono gli stati europei, ebbe
anch’esso vita breve. Durò dal 1804 al 1814 quando la restaurazione
riportò i sovrani dei vari stati sui loro troni.
Questa lunga storia dimostra come l’idea di riunire i vari
stati europei in un unico stato è sempre fallita in quanto sempre
promossa dalla sete di potere che armava gli eserciti.
Esistono però stati federali consolidati ormai che non
conoscono tensioni che possano mettere a rischio l’unità
nazionale. Ciò che li tiene uniti forse dipende da una storia
secolare che con alterne vicende ha creato una loro identità,
come ad esempio per la Repubblica Federale Tedesca il
cui territorio, dall’anno 1000 sino alla conquista napoleonica,
nonostante fratture e conflitti, fu sottoposto al Sacro
Romano Impero.
L’identità degli Stati Uniti d’America nasce da una guerra
di sei anni combattuta dai coloni inglesi contro le vessazioni
della madre patria, che portò alla loro indipendenza
coronata nel 1788 con la promulgazione di una costituzione
ancora oggi in vigore. La guida di uomini come George
Washington, Thomas Jefferson e Benjamin Franklin fece
di una sommossa una rivoluzione
Possiamo altrettanto dire che esiste un’identità europea
nata da una storia comune o dalla ribellione contro una
tirannia?
I popoli che la compongono hanno conosciuto nei secoli
guerre pressoché continue e devastanti. Pensiamo alla guerra
dei cent’anni nel quattordicesimo e quindicesimo secolo,
alle guerre di religione, alla guerra dei trent’anni, alle
varie guerre di successione, alle guerre tra impero e papato,
alle guerre napoleoniche, alle guerre del XIX secolo e
quelle ben più atroci del secolo XX. L’unico legame che
unisce gli stati europei è la memoria dei milioni di morti
caduti per l’effimera gloria dei potenti che si battevano per
la loro egemonia.
Forse è questa memoria che ha contribuito, se non altro,
a far sì che gli stati aderenti all’Unione Europea e
anche grazie a lei, negli ultimi 80 anni non abbiano conosciuto
guerre.
Non possiamo però dimenticare che l’Europa, nel corso
dei secoli, ha visto nascere nei suoi confini inventori, scienziati,
filosofi, scrittori la cui importanza travalica i confini,
come gli italiani Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Alessandro
Volta, Macchiavelli, il polacco Nicolò Copernico,
gl’inglesi Newton, Shakespeare, i tedeschi Kant, Hegel,
Gutenberg, i francesi Pasteur, Cartesio, Voltaire, l’olandese
Spinoza, lo spagnolo Cervantes per citarne solo alcuni,
che con il loro pensiero, la loro scienza, la loro arte e le
loro scoperte hanno creato una rete di saperi e conoscenze
intrecciate tra loro e tra loro interdipendenti da formare
come un unico corpo. Crediamo che sia da questo contesto
che possa nascere un’identità europea.
Ma è sufficiente questo contesto perché secolari barriere
nate da pregiudizi, da nazionalismi esasperati, da rancori,
ripicche e rivalse, possano venire abbattute affinché l’Europa
possa diventare Patria? Le patrie nascono o tentano
di nascere non da calcoli di convenienza, non dalle paure o
da accordi di vertice, nascono dai popoli che insorgono
guidati da un ideale e da una leadership carismatica, a condizione
che non si scontrino al loro nascere con potenze
decise a difendere lo status quo come è accaduto per la
Comune di Parigi o per la Repubblica Romana.
In Europa, come abbiamo visto, per quanto riguarda
l’identità, le premesse potrebbero esserci, quello che manca
è la scintilla che accenda gli animi e una leadership che
li sappia guidare. È stata sufficiente una sedicenne di nome
Greta per mobilitare migliaia di giovani che hanno invaso
le piazze d’Europa in difesa dell’ambiente e questo potrebbe
accadere anche per l’Europa se invece delle piazze fossero
i confini fra gli stati ad essere invasi. Forse è una leadership
che manca per fare di una ribellione una rivoluzione,
una rivoluzione non violenta ma con un progetto chiaro, in
un divenire e che non cessi mai di essere tale. Eravamo
partiti bene nel 1951 con la creazione della CECA su iniziativa
del politico francese Jean Monnet, del cancelliere
tedesco Konrad Adenauer e del presidente del consiglio
italiano Alcide De Gasperi che l’avevano concepita come
passo iniziale di un processo federale europeo. Purtroppo
leader politici di quella levatura, non hanno lasciato eredi.