Guardandoci allo specchio
Data: 29 Gennaio 2024
Autore: a cura della redazione
Come eravamo? Chi siamo? E dove stiamo andando? Domande che ciascuna e ciascuno di noi si pone vivendo nella complessità del nostro tempo. Domande che possono sembrare anche un po’ “filosoficheggianti”. E come redazione, anche se siamo un pochino cresciuti (abbiamo la bellezza di 54 anni!), ogni tanto fa bene ripensarci e proprio questo anno nuovo 2024 ci è stato di stimolo per avviare una profonda riflessione su Tempi di Fraternità e sulla sua linea editoriale.
Ammettiamolo: siamo “cani sciolti”, nel senso che proveniamo tutti dalle più disparate realtà, sia nel mondo del “sociale” che dal mondo delle realtà ecclesiali di base, ma anche delle parrocchie, e sempre dalla parte della fraternità evangelica, sempre “Donne e uomini in ricerca e confronto comunitario”, senza avere la pretesa di avere la Verità (o verità a piacimento) in tasca. E sempre dalla parte degli ultimi di questa Terra, sia che siano migranti, poveri, carcerati, vittime di guerre e violenze, oppure emarginati e disumanizzati per le cause più diverse. Cercando di conciliare il Cielo (Dio, religiosità, spiritualità...) con la Terra (l’Umano che viviamo nelle problematiche sociali e politiche di tutti i giorni dell’uomo/donna della strada), alla sequela del Vangelo.
Se ci guardiamo indietro e andiamo a ritroso nel tempo scopriamo che noi siamo stati considerati da un bravissimo direttore e teologo, Brunetto Salvarani, che per vent’anni ci ha diretto, un “vero e proprio miracolo italiano” ricordando, nella sua lettera di commiato del 2014, «che TdF, nella modestia delle sue possibilità economiche, e mentre altre riviste nate anch’esse sull’onda del rinnovamento postconciliare chiudevano mestamente i battenti, in questi anni abbia saputo tenere botta (un’espressione molto emiliana!), e raccontare le vicissitudini e i successi di un’altra Italia, un altro mondo, un’altra Chiesa. Può avere sbagliato, qualche volta, ma l’ha fatto con una coerenza di fondo alla mission che fra Elio aveva tracciato, nella convinzione che il tempo di Isaia, prima o poi, troverà spazio per attuarsi fino in fondo (i segnali provenienti da Francesco, nuovo vescovo di Roma, vanno del resto esattamente in questa direzione)». Negli anni passati hanno partecipato nell’avventura di questo giornale molti amici e amiche, collaboratrici e collaboratori, molti dei quali purtroppo non ci sono più, ma che hanno dato molto alla rivista in termini di novità, di idee, di impegno e di confronto, crescendo assieme in questa bella e strana comunità che è la nostra rivista.
Rivisitando, in maniera casuale, i numeri di TdF che in questi anni abbiamo curato, si può notare una grande varietà di temi, alcuni di essi sono diventati delle rubriche durate anni, altri con approfondimenti significativi, altri ancora in maniera appena abbozzata. Nella ricerca di fede, di fedeltà alla Parola, il servizio biblico è diventato, negli anni, costitutivo della nostra identità. Non è stata e non è una ricerca di tipo culturale, ma l’incarnazione della Parola nella nostra vita, nelle nostre relazioni, nel nostro impegno quotidiano. Una Parola che indica un cammino, una ricerca di senso, un desiderio di radicalità. E poi le pagine che guardano al mondo, sempre partigiani, dalla parte di chi, sulla propria carne, subisce le conseguenze del neoliberismo selvaggio che ci circonda, con tutte le conseguenze che questo determina. Ovunque politiche al potere che sembrano non curarsi di giustizia e libertà. E un’umanità dolente che ci interroga, che non ci lascia addormentare sereni, che chiede conto delle nostre scelte.
Oggi poi, con un’informazione pervasiva che, anche se spesso addomesticata, rende conto di ciò che capita in ogni angolo del mondo, non abbiamo neppure l’alibi di non sapere. Ci chiediamo poi cosa sarà il nostro domani. Il domani di una piccola voce, fragile e tenace, nata in un tempo di grandi speranze e utopie che sembravano a portata di mano. Che deve fare i conti con una realtà estremamente complessa, difficile da decifrare, dominata dal profitto e da tecnologie inquietanti. Nessuno di noi è professionista nel campo dell’informazione. È stata una scommessa, tanti anni fa, provare a raccontare ciò che si viveva, si sperimentava nelle realtà di base, fossero le comunità, i quartieri, i mille rivoli della solidarietà. La base, parola così cara al nostro Elio Taretto, il visionario padre di TdF. Anche l’età media dei noi della redazione renderà il nostro lavoro sempre più difficile.
C’è poi la crisi di tutto il settore dell’editoria, legata sia all’aumento dei costi di produzione che al fatto che le giovani generazioni sembrano allontanarsi dalla carta stampata per utilizzare altre modalità di informazione. Insomma il futuro non sembra per noi, e non solo per noi, così roseo.
Ma, vivendo a contatto con tante realtà presenti anche in angoli sperduti, realtà che testimoniano vicinanza, solidarietà, amore, animate dal vangelo o dal sentirsi partecipi della comune umanità, parlare di speranza non è velleitario. Non sono esauriti i giacimenti di umanità. Se così non fosse saremmo già affondati. E il nostro impegno, fin quando le forze ci sosterranno, fin quando ci sosterrete, sarà quello di dare voce, una voce piccola, flebile ma determinata, a questa speranza.
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