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PAPA FRANCESCO E LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU'



Data: 31 Luglio 2013
Autore: Mario Arnoldi
Fonte: fonti di informazioni



Una foto che mi è rimasta impressa negli occhi e nel cuore dopo la prima giornata di Papa Francesco in Brasile è quella della veglia sulla spiaggia di Copacabana, un grande bagno di folla, soprattutto di giovani, era la loro giornata, Giornata Mondiale della Gioventù. Hanno dovuto sopportare mille disagi questi milioni di giovani, i torrenti di pioggia dei giorni precedenti hanno obbligato a spostare questa veglia e la Messa del giorno successivo, dal Campus Fidei di Guaratiba, ridotto a una palude fangosa, ai marciapiedi di Copacabana. Copacabana, Guaratiba, Rio de Janeiro, parole che nella nostra vita per lo più sono collegate al più grande carnevale del mondo, oggi sono collegate alla presenza di un Papa che porta il nome del santo di Assisi. Ma “non sarà che il Signore – chiede il Papa – vuole dire che il vero e proprio spazio di fede, il vero campus fidei, non è un luogo geografico, ma siamo noi?...Essere discepoli missionari significa saper riconoscere che siamo il campo della fede di Dio…Nel vostro giovane cuore – dice ancora Francesco – c’è il desiderio di costruire un mondo migliore…tanti giovani in tante parti del mondo sono usciti per le strade per esprimere il desiderio di una civiltà più giusta e fraterna. Resta però la domanda: da dove cominciare? Quali i criteri per la costruzione di una società più giusta? Quando chiesero a Madre Teresa di Calcutta che cosa doveva cambiare nella Chiesa, rispose: tu ed io!”.

“So che volete essere cristiani non part-time, non inamidati, di facciata, ma autentici. E che non volete vivere nell’illusione di una libertà che si lascia trascinare da mode e convenienze…Il giovane Francesco – dice il Papa, e non parla di sé, ma del santo di Assisi – risponde con prontezza e generosità alla chiamata del Signore per riparare la sua casa. Ma quale casa? Piano piano si rende conto che non si trattava di fare il muratore e riparare un edificio fatto di pietre, ma di dare il suo contributo per la vita della Chiesa, amandola e lavorando perché in essa si riflettesse sempre il Volto di Cristo”. Dopo la veglia i giovani smontano la chiesa che avevano costruito all’inizio e ne portano via i pezzi uscendo in varie direzioni, a ricordare il motto di questa 28° Gmg, “Andate e fate discepoli tutti i popoli”.

Mi ha colpito poi il discorso che il Papa ha rivolto all’Episcopato del Brasile durante l’incontro che si è svolto nel pomeriggio di questa prima grande giornata. Qualche stralcio. Il Papa dice: intercettate la strada di chi si è allontanato, che la Chiesa non abbia paura di uscire nella notte dell’uomo. “La globalizzazione implacabile, l’urbanizzazione spesso selvaggia hanno promesso molto. Tanti sono innamorati dalla potenzialità della globalizzazione e in essa c’è qualcosa di veramente positivo. Ma a tanti sfugge il lato oscuro: lo smarrimento del senso della vita, la disintegrazione personale, la perdita dell’esperienza di appartenenza a un qualsivoglia “nido”, la violenza sottile ma implacabile, la frattura nelle famiglie”. Nel discorso ai Vescovi, il Papa si è soffermato sul “mistero della tenerezza di Dio che irrompe sempre nelle vite degli uomini entrando dalla parte del cuore. Allo stesso modo, oggi come sempre, serve una Chiesa che fa spazio al mistero di Dio, in modo che esso stesso possa incantare la gente, attirarla”. “Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, quando tante persone sono in attesa del Vangelo”. Il papa pensa anche ai “poveri, sono loro gli invitati vip”, come dice con una battuta improvvisata suscitando l’applauso. E conclude: “A volte sembra che per alcuni i rapporti umani siano regolati da due ‘dogmi’ moderni: efficienza e pragmatismo. La risposta è nell’”essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro. Lasciatemi dire che dovremmo essere quasi ossessivi in questo senso. Non vogliamo essere presuntuosi , imponendo le nostre verità. Ciò che ci guida è l’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla”.

Ancora, ai leader brasiliani - politici, imprenditori, intellettuali e artisti - Papa Francesco suggerisce un impegno contro la povertà e più dialogo. Di fronte alla classe dirigente di un Paese in cui la crescita economica continua a escludere una larga fetta di popolazione, il Papa richiama responsabilità di formare nuove generazioni capaci e al tempo stesso ”ferme sui valori etici…Il futuro esige da noi – aggiunge – una visione umanista dell’economia e una politica che realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà”. Che nessuno sia privo del necessario e che a tutti sia assicurata dignità, fratellanza e solidarietà. “Quando i leader dei diversi settori mi chiedono un consiglio, confessa Francesco, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo…L’unico modo di crescere per una persona, una famiglia, una società, l’unico modo per far progredire la vita dei popoli è la cultura dell’incontro…Oggi o si scommette sulla cultura dell’incontro, o tutti perdono” conclude tra gli applausi che hanno spesso scandito il suo intervento.

Indimenticabile ancora l’immagine di Francesco in piedi in mezzo ai giornalisti che risponde, senza testi preconfezionati dagli uomini della Curia, alle domande più disparate sui problemi attuali che scottano. Una ventina di domande sulle quali i mezzi di informazione ci hanno detto tutto. Io ne sottolineo tre. «Chi sono io per giudicare i gay?...Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene». Sulla presenza di lobby gay in Vaticano: «Il problema è la lobby, la lobby non va bene, quella gay, quella politica, quella massonica, non le persone». Si esprime quindi sulla presenza delle donne nella Chiesa. Se il sacerdozio è fuori discussione perché «la Chiesa ha già parlato», è da sviluppare invece una «profonda teologia della donna: «Bisogna vigilare affinché non si releghi il genio femminile solo nella dimensione della maternità». Infine Francesco scherza con i giornalisti. Gli viene chiesto cosa contenga la valigetta che anche sul volo di ritorno ha portato con sé: «Non c'era la chiave della bomba atomica», ride. «C'è il rasoio, il breviario, l'agenda, un libro su santa Teresina». L'ha voluta portare con sé: «Perche' lo faccio sempre».

Ma l’ultima scena più significativa di ogni altra, a mio avviso, che non è stata colta nella sua profondità dai giornalisti e nemmeno dagli uomini di Chiesa, è Francesco che indossa il copricapo ricevuto dagli indios dell’Amazzonia. Non si tratta solo di un atto folcloristico o di cortesia, ma di un segno che avalla, certo a lungo termine, la realtà del pluralismo religioso. In sintesi, in Brasile e in America Latina è nata e si sta sviluppando e diffondendo in tutto il mondo la realtà dell’incontro tra il cristianesimo e le altre religioni, anche quelle tribali, non per un eclettismo confusivo, ma per uno scambio operativo e di pensiero, pur nella propria autonomia, che possa migliorare il mondo. Il Dio misericordioso che salva il mondo è uno solo, forse è lo spirito di tutto l’esistente, che si incarna non solo nel cristianesimo, ma nell’Induismo, nel Buddismo e in ogni altra religione. Il discorso si fa complesso e solo col tempo ne vedremo gli sviluppi possibili.

Prossima Giornata mondiale della gioventù sarà a Cracovia nel 2016. Il messaggio di Papa Francesco è e sarà ancora: "Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali".