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PEGGIO DEL GABON!



Data: 01 Febbraio 2010
Autore: Mario Arnoldi




Nella vignetta satirica de “la Repubblica” di sabato scorso, Bucchi fa dire al suo personaggio: “La riforma che più ci sta a cuore è il lavoro breve”, felice e tragica sintesi dei due problemi più scottanti di questo periodo in Italia, la disoccupazione e la giustizia. Introdurrò questi due importanti nodi politici, ben sapendo che saranno argomenti di lunga durata e sui quali ritornerò.

Grande commozione ha suscitato il gesto disperato di Sergio Marra, 36 anni, da due mesi disoccupato. Ha scelto un modo atroce per morire l’operaio bergamasco che l’altro ieri si era cosparso di benzina, dandosi fuoco a Brembate (BG). La perdita del posto di lavoro l’avrebbe spinto a farla finita. Fino allo scorso novembre aveva lavorato come operaio in una piccola azienda di Zingonia (BG), che poi è fallita, costringendolo a casa. Restare senza lavoro lo ha distrutto. Marra viveva con la moglie. Il segretario della Cgil di Bergamo ha commentato: “La gente non deve essere lasciata così sola, in previsione di tempi sempre più difficili. E’ importante creare una rete di solidarietà e di aiuto alle famiglie in difficoltà. E questa è una responsabilità delle istituzioni, della politica e dello stesso sindacato. La morte di questo operaio è un segnale che non va sottovalutato e trovo irresponsabile chi sostiene che ormai siamo fuori dalla crisi”.

Il quadro dell’Italia dei senza lavoro è scoraggiante, secondo il dossier Cgia di Mestre: disoccupati e cassintegrati al Nord, condannati tra l’altro dal crollo dell’export, scoraggiati e sommersi al Sud. Nel terzo trimestre 2009, il Nord Ovest ha visto crescere il tasso di disoccupazione al 5,5% dal 3,8% di un anno prima, il Nord Est dal 2,9% al 4,6%. Questa tendenza è confermata dai dati Istat riferiti a dicembre: gran parte delle 392 mila persone che nel 2009 hanno ingrossato le file dei disoccupati, ora a quota 2 milioni e 138 mila, viene dalle regioni più industrializzate. La Cgil ha stimato che con i lavoratori in Cassa integrazione la percentuale dei disoccupati è già sopra al 10%. La maggior tenuta del Meridione è solo un effetto statistico: la diminuzione degli occupati del 2009 è paragonabile al resto del paese: 195 mila i lavoratori in meno nel Mezzogiorno contro i 150 mila del Nord Est e i 130 mila del Nord Ovest. L’illusione ottica della riduzione dei disoccupati al Sud è effetto sia degli “scoraggiati”, cioè di chi non cerca più impiego, sia dell’aumento del lavoro nero. Le occupazioni dell’economia sommersa funzionano da vero e proprio ammortizzatore sociale.

Pagano soprattutto le aziende del manifatturiero (tessile, abbigliamento, calzatura, metalmeccanica, legno e mobilio), che traggono gran parte del loro fatturato dall’export, che negli anni scorsi ha maggiormente contribuito alla crescita del Pil. Il discorso si fa ancora più doloroso per gli immigrati. L’indagine condotta a fine 2009 dall’economista Tito Boeri per la Fondazione Debenedetti rivela che gli immigrati fanno turni notturni per il 38%, l’80% dei clandestini lavora anche tutto il week-end, il 40% guadagna meno di 5 euro l’ora; sono loro i più colpiti da infortuni, hanno subito 176 incidenti mortali nel 2008, svolgono infatti mansioni pericolose senza adeguata formazione…

Dall’opposizione sono venute reiterate sollecitazioni che invitano il governo a presentarsi in Parlamento a discutere di lavoro e crisi economica, a non darla per passeggera e psicologica, o già ormai alle spalle. Il governo non ha mai fatto questo in 17 mesi, ma ora non può più sottrarsi. Il lavoro e la disoccupazione devono entrare al primo posto dell’agenda politica. Alla vigilia di una settimana calda sul fronte delle vertenze occupazionali, dalla Fiat all’Alcoa, da Eutelia alla Vinyls, è sceso in campo anche il Papa in difesa dei posti di lavoro. Occorre “fare tutto il possibile per tutelare e far crescere l’occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e adeguato al sostegno delle famiglie”. Una notizia che dà qualche speranza è che a Termini Imerese tornano al lavoro gli operai dopo le proteste per la minacciata chiusura dello stabilimento.

Il problema del lavoro e dell’occupazione si trova in una “tenaglia” di difficile soluzione. Infatti il modello di lavoro attuale globalizzato, che comporta libertà di “delocalizzazione” della produzione verso paesi in cui la mano d’opera costa meno, è una continua “mannaia” sul capo dei lavoratori ed una “manna” per gli imprenditori. Le misure di opposizione a questo modello non sembrano poter essere quelle di un capovolgimento radicale, che solo una rivoluzione storica, tipo la rivoluzione francese, potrebbe portare. Ed allora il compito continuo di quelli a cui sta a cuore il lavoratore piuttosto che il profitto è quello di ottenere misure di ammortizzazione le più radicali possibili per i lavoratori.

Sulla giustizia. Il presidente della Cassazione, Giuseppe Carbone, alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario di venerdì scorso, è sbottato in un’espressione piuttosto pesante “La giustizia italiana, peggio del Gabon!”, ma tutt’altro che paradossale, perché è supportata da documentazione attendibile, come il rapporto Doing Business. Un esempio: il tempo per il ricupero crediti nei paesi più industrializzati è di 1070 giorni in Gabon, 153° posto nella classifica della giustizia, e 1210 giorni in Italia, 156° posto nella stessa classifica. Altri paesi europei, per fare un confronto, hanno situazioni decisamente migliori: la Francia impiega 331 giorni ed è al 6° posto nella classifica; la Germania 394 giorni ed è al 7° posto; il Regno unito 399 giorni ed è al 23° posto; la Spagna 515 giorni ed è al 52° posto. Anche grandi paesi come la Cina, il Giappone, il Canada ruotano tra il 300 giorni e i 500 giorni. Per sottoscrivere ed evidenziare la situazione grave a causa del processo breve, i magistrati italiani hanno lasciato le aule, Costituzione in mano, dove si celebrava l’apertura dell’anno giudiziario. La reazione delle forze governative è stata dura nelle parole, ma si spera che l’iniziativa dei magistrati abbia lasciato il segno.

Anche il “popolo viola”, già promotore del “No-B-day” si è mobilitato per difendere la Costituzione, che teneva tra le mani, come in mattinata avevano fatto i magistrati. Pochi i politici presenti. A Roma tanti drappi viola, normali cittadini e giovani attori a leggere la lettera di Oscar Luigi Scalfaro e le pagine di Calamandrei e di Pertini, di Pericle sulla democrazia ateniese e di Gramsci dal carcere, di Tina Anselmi e Giuseppe Dossetti. Nella manifestazione a piazza Castello a Torino i manifestanti innalzavano un grande pupazzo di Berlusconi con il cartello “ Due milioni di disoccupati ma a Berlusconi interessa solo non essere processato”. Si sono svolti sit-in nelle principali città in Italia, circa 100, e 8 presìdi all’estero. I viola in febbraio si danno appuntamento a Roma davanti alla Camera dei deputati nel giorno in cui sarà approvato il ddl sul processo breve; il 6 marzo promuovono una catena umana in difesa delle istituzioni nelle principali città italiane ; programmano una mobilitazione anche per il 2 giugno, per festeggiare non solo la Repubblica ma anche la Carta in una specie di “Costituzione day”. E’ estremamente interessante la partecipazione del movimento dal basso all’attività dei partiti e dalle istituzioni.

Sono evidenti le contraddizioni nella gestione della giustizia in Italia e si può capire a chi si debba attribuire la responsabilità. Se da un lato la magistratura italiana ha un indice di produttività che si colloca nella media europea, o a volte sopra, e un Csm severo nel censurare cadute ed errori dei magistrati, d’altro lato c’è un’organizzazione giudiziaria, che per Costituzione compete al governo, letteralmente allo sfascio, con una scopertura degli organici dei magistrati di oltre 1000 unità su 9000, con procure prossime alla chiusura per mancanza di sostituti, con un personale amministrativo ridotto di oltre 3600 unità, con un decreto del Presidente del consiglio del dicembre 2008. Si direbbe che il governo non vuol impiegare risorse per far funzionare una giustizia di cui non si fida.

Per quanto riguarda il processo breve, motivo non secondario di contrasto tra maggioranza e opposizione, la maggioranza di governo sostiene che l’associazione dei magistrati è omologata allo schieramento di opposizione e ha trovato in Di Pietro un ispiratore. L’opposizione, ben lungi dall’essere a favore del processo lungo, come le viene imputato, chiede invece che venga tolta la norma transitoria che dovrebbe applicare il processo breve a quelli in corso, concedendo di fatto un’amnistia per i colletti bianchi e per salvare uno solo. Se vien tolta la norma transitoria, l’opposizione è disponibile a discutere tutte le proposte. I problemi della giustizia non devono essere quelli di uno solo, ma di tutti i cittadini.
mario.arnoldi@tempidifraternita.it