USA E RUSSIA FIRMANO IL NUOVO TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE
Data: 11 Aprile 2010
Autore: Mario Arnoldi
Nella Sala Spagnola nel Castello di Praga, Barak Obama e Dmitri Medvedev hanno firmato il nuovo accordo di non proliferazione delle armi atomiche, lo Start II, che prevede la riduzione dei rispettivi arsenali bellici nucleari, in sostituzione di quello firmato da M. Gorbaciov e G. Bush nel 1991. Il Trattato limita a 1.550 le testate atomiche e a 800 i vettori di lancio dei rispettivi paesi. Si tratta di un nuovo inizio, dunque, almeno nelle parole dei due presidenti che, prima della firma avevano avuto un lungo colloquio privato sulle questioni più calde del momento, dalle modalità di attuazione dell’accordo, all'Iran, al Kirghizistan. Obama ha parlato di "evento straordinario" in grado di portare "a un mondo più sicuro" e porre fine alla "deriva" sofferta negli anni di Bush dalle relazioni tra le due superpotenze. Il negoziato, ha osservato Obama, è stato "un lungo viaggio che aprirà la strada a nuove riduzioni" negli arsenali dei due Paesi. Anche Medvedev ha salutato la "nuova pagina nelle relazioni bilaterali che consentirà di arrivare a un più alto livello di cooperazione tra Russia e Stati Uniti". La firma dell'accordo arriva quattro giorni prima che, il 12 e 13 aprile, il presidente Usa accolga a Washington un vertice con 47 paesi, per garantire la sicurezza di tutti i materiali nucleari del mondo.
I commenti di parte moderata sono positivi. Il numero uno dell'"Aiea", l'Agenzia Internazionale per l'energia atomica, Yukiya Amano, ha definito la firma dell’accordo "un passo verso un mondo denuclearizzato che può sostenere positivamente gli sforzi contro la proliferazione". Il direttore generale Aiea prenderà parte il 12 e 13 aprile alla conferenza sulla sicurezza nucleare di Washington. Franco Venturini, sul "Corriere della Sera" di ieri 9 aprile, così esordiva nel suo articolo: “Se qualcuno pensa che il Trattato di disarmo firmato ieri da Obama e Medvedev sia soltanto un curioso amarcord da guerra fredda, sbaglia. Sbaglia perché la riduzione di un terzo dei due più forniti arsenali nucleari del mondo è comunque una buona notizia. E sbaglia, soprattutto, perché dietro la pomposa cerimonia di Praga emerge il disegno attualissimo di una manovra a tenaglia che Obama intende attuare contro i progetti atomici dell’Iran coinvolgendo nell’impresa tanto la Russia quanto la Cina”.
Vittorio Zucconi su "la Repubblica" dello stesso giorno, nell’articolo dal titolo “La strategia del fornaio”, affermava: “L’infinita strada per allontanare l’ombra dell’olocausto nucleare è passata per Praga e ha aggiunto un’altra pietra miliare alla speranza. Le 1.500 bombe che resteranno negli arsenali americani e russi sono più che sufficienti per garantire la devastazione del pianeta. Ma la nuova equazione sottoscritta da Russia e Stati Uniti ha una sua rassicurante, rudimentale verità: meno bombe ci sono, meno probabilità esistono che vengano impiegate per caso, per incidente o per tentazione”. Proseguiva Zucconi dicendo che la riduzione è indubbiamente ancora incompleta, si dovrà arrivare all’”opzione zero”, ma già da ora l’ombra della guerra fredda è più lontana. E di Obama sottolineava la capacità di portare avanti progetti, sia pure di compromesso, ma positivi in quanto inizio di un cammino. Obama, affermava, ha applicato la formula classica della “mezza pagnotta”, si accontenta della metà per non rischiare di restare senza niente.
Un cammino lungo e faticoso. Diverse sono le incognite e le frizioni. Innanzi tutto il Trattato di non proliferazione dovrà essere approvato sia dal Senato Usa, sia dalla Duma russa. Ma elementi di difficoltà rimangono soprattutto a livello di rapporti internazionali. Riguardo ai piani di Washington per lo scudo antimissile, Mosca, non a caso, ha voluto aggiungere una dichiarazione unilaterale, in cui avverte che si riserva il diritto di abbandonare il patto se riterrà che la difesa anti-missilistica statunitense creerà una minaccia ai suoi interessi.
Altro elemento di frizione sono le prese di posizione dell’Iran. Il presidente iraniano svela le nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. “Nessuna potenza può impedire all’Iran di procedere velocemente sulla strada dello sviluppo nucleare”. Le nuove centrifughe sono turbine di terza generazione, in grado di arricchire l’uranio più rapidamente perché dieci volte più potenti e sei volte più veloci di quelle che le hanno precedute. “Ogni mano che porterà una minaccia alla nazione iraniana sarà tagliata - ha detto Ahmadinejad -. Dico alle nazioni troppo è troppo, smettetela”. Chiaro il riferimento alla pressante richiesta di più dure sanzioni contro l’Iran in sede Onu, ribadite da Obama e Medvedev in occasione della firma di Start II. Secondo le autorità iraniane vengono compiute ricerche mediche, con la produzione di “radioisotopi per scopi medici” per cure anticancro. La Russia, pur riconoscendo che le sanzioni non possono essere escluse, ha precisato che dovranno essere “intelligenti e che non dovranno provocare catastrofi umanitarie”.
Anche Israele non vuole negoziare sulle sue testate e Netanyahu declina l’invito di Obama al vertice di Washington per la sicurezza nucleare del 12 e 13 aprile. Il presidente israeliano pensa in questo modo di sottrarsi al tentativo di Turchia ed Egitto di mettere al centro della discussione la questione dell’arsenale atomico israeliano e il rifiuto di Tel Aviv di firmare il Trattato di non proliferazione, che comporterebbe controlli internazionali. Gli ordigni nucleari israeliani sarebbero tra 250 e 500, secondo le stime di Global Security.org. Parteciperanno alla riunione, al posto di Netanyahu, il vicepremier Dan Meridor e altri responsabili della sicurezza.
Molti dubbi, infine, ed anche disapprovazioni, arrivano dalle parti politiche diverse da quelle dei due firmatari, da alcuni studiosi e dai pacifisti. Il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali atomici contiene obiettivi modesti e parecchie ambiguità, affermano con sfumature diverse, secondo le loro appartenenze. Inoltre le armi dismesse non verranno smantellate e liquidate definitivamente, ma saranno soltanto disattivate. Secondo alcuni esperti militari saranno inoltre scartate le armi più vecchie, che lasceranno spazio a delle unità più moderne. Gli arsenali delle due potenze potrebbero quindi diventare meno numerosi, ma più efficienti e distruttivi. Nel trattato infine non si parla neppure del ritiro delle testate atomiche stanziate fuori dai confini dei due paesi. Gli Usa rimangono così liberi di lasciare in giro nelle basi europee alcune centinaia delle loro armi nucleari. La cosa fa arrabbiare moltissimo i pacifisti di questi paesi, e i pacifisti italiani sono tra i primi a lamentarsi data l’alta dotazione nucleare di cui è sede l’Italia.
Altri problemi ancora mettono in questione tutta la geopolitica del mondo attuale e avremo occasione di riprendere il discorso. Un cammino lungo e faticoso, dicevo. Avranno ragione i moderati di casa nostra e di tutto il mondo che cantano vittoria per l’inizio promettente del Trattato, oppure gli avversari radicali e i pacifisti che non si aspettano nulla di buono dalle promesse di una firma? Nella storia nulla si può prevedere con certezza.
(mario.arnoldi@tempidifraternita.it)
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