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UN DOPO-VOTO RICCO DI RIFORME ANNUNCIATE



Data: 07 Aprile 2010
Autore: Mario Arnoldi




I dieci giorni trascorsi dalle elezioni regionali sembrano un tempo lunghissimo perché si sono succeduti avvenimenti su avvenimenti. Dei risultati del voto sappiamo ormai tutto, il Pdl tiene, la Lega avanza, il Pd, come dice Bersani, non ha vinto ma neppure ha perso…magia del linguaggio politico! Di fatto, trattandosi di elezioni regionali, le sette regioni a sei e la perdita da parte della sinistra del Piemonte e del Lazio rappresentano un grave scacco. Mentre i rapporti tra Berlusconi e Bossi trovano un primo accordo di metodo, si fanno dialettici quelli tra Berlusconi e Fini, che, attraverso la sua agenzia, afferma di non voler morire leghista. Nella pentola del Pd bollono infine diverse posizioni e correnti. Il quadro è aperto ma con delle direttrici ormai evidenti.

Nell’incontro di ieri ad Arcore, Berlusconi e Bossi hanno stabilito un’agenda. Già prima delle Regionali il premier ha rilanciato il presidenzialismo. La Lega chiede in merito una riforma che si ispiri al modello francese. Il premier insiste inoltre sulla giustizia e chiede la riforma delle intercettazioni, la separazione delle carriere dei giudici e un nuovo processo penale. Il Carroccio vuole completare il federalismo fiscale e chiede di mettere fine al bicameralismo perfetto sostituendo la seconda Camera con il Senato federale. Il patto tra Berlusconi e Bossi è che il primo cede al secondo la guida delle riforme, ma rivendica a sé la riforma della giustizia. Il ministro leghista Calderoli preparerà una bozza sulle riforme da portare poi in Consiglio dei ministri e Quagliariello oggi presenterà il dossier sulle riforme alla riunione del vertice del Pdl.

Marco Revelli in un commento pubblicato da il manifesto del 4 aprile scorso, dopo aver sottolineato come con la vittoria della Lega anche in Piemonte si sia realizzato un percorso inverso a quello del Risorgimento, in particolare della Seconda guerra di Indipendenza, cosa di non secondaria importanza, afferma che i vizi privati e pubblici di Berlusconi, che non ha perso e quindi ha stravinto, diventano “racconto” prevalente del paese, quindi “norma”, come gli anni venti e trenta del secolo scorso ci hanno insegnato. “L’illegalità impunita e la perversione accettata a furor di popolo si trasformano in legittimazione. Non solo l’inaccettabile viene accettato, ma diviene forma del senso comune prevalente. E attribuito alla sovranità”.

Che dire della sinistra? Ci suggerisce qualcosa di interessante Rossana Rossanda, che vive ora in Francia e già prima delle elezioni, il 23 marzo scorso, sullo stesso giornale, in un articolo dal titolo “Almeno riformista”, faceva un confronto tra la sinistra italiana che si è mortalmente divisa e di fatto suicidata e quella francese che non ha cessato di esistere, pur rimanendo su posizioni blande. “La sinistra francese non è certo geniale. Ma è stata capace di dire pane al pane, di rappresentare la protesta di salariati precari, disoccupati, di parlar delle donne e alle donne, di affondare la campagna sull’identità nazionale; di denunciare la non volontà di mettere termine alla speculazione finanziaria, di non accettare la riduzione della spesa pubblica e per i beni pubblici. Nulla di straordinario, molta protesta delle categorie, non solo i “sans papiers”, ma medici, insegnanti, operai, disoccupati, precari, agricoltori, dal reddito sceso di un terzo”.

Rimanendo nell’ambito di riforme mancate, ma cambiando “luogo”, infuria sempre più sulla stampa italiana e soprattutto su quella estera, lo scandalo dei preti pedofili. Dopo l’inopportuna battuta del padre Cantalamessa sul paragone tra il tiro a segno contro la Chiesa e la persecuzione degli ebrei da parte del nazifascismo, a Pasqua, prima il card. Sodano e poi il card. Bertone hanno fatto nuove analogie di attacchi alla Chiesa, quali quelli del modernismo contro Pio X, degli oppositori di Pio XII per i silenzi durante il Secondo conflitto mondiale, del dissenso contro Paolo VI per l’enciclica Humanae vitae. Reazioni si sono avute da parte di Amos Luzzatto, già presidente delle comunità ebraiche italiane, per il parallelo del padre Cantalamessa, commenti perplessi anche sulle affermazioni dei card. Sodano e Bertone. Da parte sua, la Chiesa fa quadrato attorno a Benedetto XVI e afferma che a causa di alcune “mele marce” si sta montando contro di lei un caso abnorme. Il problema di fondo, accanto allo scandalo dei preti pedofili, che è enfatizzato ma si sta rivelando non così circoscritto, è il rifiuto persistente della struttura ecclesiastica di porsi in un atteggiamento di autocritica e di autoriforma: per esempio, da più parti sia all'interno che all'esterno della Chiesa da tempo viene invocata a gran voce la trasformazione del celibato obbligatorio in celibato facoltativo o “elettivo” del clero e di monaci e monache; un esempio per tutti è quello dell' autorevole teologo Hans Kung. Su questo argomento ritorneremo in un altro momento.

Chiudo con due notizie che inducono a qualche speranza e sulle quali ugualmente sarà opportuno ritornare. In Italia il presidente Napolitano il 31 marzo scorso ha bocciato le nuove norme sul lavoro, non firmando la legge che modifica l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, rinviandola alle Camere. In particolare ha respinto gli articoli del provvedimento sull’”arbitrato”, che non garantiscono i più deboli. Il Ministro Sacconi ha annunciato modifiche alla legge.

A livello internazionale il presidente Usa Obama si fa promotore di un progressivo disarmo nucleare. Dopo la corsa al nucleare durante la Guerra fredda, già nel 1968 Usa, Urss e Gran Bretagna siglavano il Trattato di non proliferazione nucleare. Poi lo storico trattato Start I del 1991 ha ridotto dell’80% gli arsenali nucleari strategici. Oggi è sul tavolo di Putin il Trattato Start II, e la Cina sembra non esserne estranea.

Lampeggi di speranza in un mondo che sembra voglia farsi del male.

(mario.arnoldi@tempidifraternita.it)