QUANDO UN PAPA SI DIMETTE
Data: 19 Febbraio 2013
Autore: Mario Arnoldi
Lo stupore e gli interrogativi per le dimissioni
Ho sentito la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI immediatamente dopo la loro proclamazione ufficiale, attorno a mezzogiorno di martedì 12 febbraio u.s. mentre passavo all’edicola per l’acquisto dei soliti quotidiani. Come spesso capita presso i chioschi, alcune persone commentavano l’accaduto veramente eccezionale. Chi diceva “se è stanco ha fatto bene”. Altri “in Italia non si dimette mai nessuno dei responsabili della cosa pubblica e il gesto del papa è esemplare per tutti!”. Altri ancora si chiedeva “ma può un papa dimettersi? Papa Wojtyla era giunto sino alla fine, alla morte naturale, nonostante fosse fortemente colpito dalla sua malattia”. Un altro, più curioso o malizioso, “fra qualche mese o qualche anno verrà fuori qualche scandalo grosso che ci farà capire la causa del gesto inaspettato”. E poi ancora un altro, con alle spalle sicuramente qualche lettura teologica, si chiedeva se può un papa interrompere di sua volontà la successione dei papi a partire da Pietro, il primo papa, a cui Gesù aveva detto: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa (ndr. Matteo 16, 14-18). Mi sono identificato un po’ in tutte le riflessioni a caldo che ascoltavo ed effettivamente ero sorpreso e anche sconvolto. Dopo le dimissioni
Non mi ha meravigliato vedere nei giorni successivi come i mass-media italiani e stranieri abbiano espresso, con alcune varianti, le stesse riflessioni di quel piccolo gruppo di fronte all’edicola. “Vox populi, vox dei”. La voce del popolo riflette per lo più i problemi più ampi. Il dibattito nella chiesa e sui media nei giorni a seguire infatti non si è discostato di molto. Anzi, pensando all’importanza per l’Italia e per il mondo dell’istituzione chiesa e alle sue radici non solo storiche ma soprattutto al suo radicamento spirituale nella figura di Gesù Cristo, le idee che circolavano riguardavano soprattutto le motivazioni che potevano aver dato origine al gesto clamoroso del papa, le procedure che si sarebbero attuate per passare all’elezione del successore, se italiano o straniero, se bianco o nero, se dell’occidente o dell’oriente, se progressista o conservatore. Si è discusso, e si discute tuttora, perché il papa resti ad abitare in Vaticano nel convento delle suore di clausura o se non sarebbe stato meglio che si ritirasse nella sua Baviera in un convento più lontano dalla Curia romana. Si fanno ipotesi su come sarà chiamato, se “cardinale Ratzinger” oppure ancora “Sua santità”, eccetera. Non mi soffermo oltre su questi aspetti che chiamo di “corridoio” o di “cerimoniale” e passo all’aspetto più clamoroso, cioè le dimissioni stesse e le sue circostanze.
I discorsi di papa Benedetto XVI il mercoledì delle Ceneri
Il mattino del giorno delle Ceneri nella Sala Nervi, il papa ha detto – colgo alcune frasi più significative - “Ho rinunciato al mio ministero in piena libertà per il bene della Chiesa, ben consapevole della gravità di tale atto…”, poi, più avanti, “Ho sentito in questi giorni per me non facili l’amore che mi portate. Continuate a pregare per me e per il futuro del Papa…”, e ancora “La vera tentazione è strumentalizzare Dio, usarlo per i propri interessi, la propria gloria e il successo”. Poi Ratzinger affronta la sua catechesi con il discorso di Gesù nel deserto. “E’ il luogo del silenzio dove l’uomo si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza: che cosa conta davvero nella nostra vita?”. Il pomeriggio nella basilica di San Pietro, quasi in continuità con la mattina, il papa ha detto tra le altre cose: “Bisogna riflettere su come il volto della Chiesa venga a volte deturpato da colpe contro l’unità della Chiesa e divisioni del corpo ecclesiale. Bisogna superare individualismi e rivalità. Il vero discepolo non serve sé stesso o il pubblico , ma il suo Signore. Anche ai nostri giorni, molti sono pronti a stracciarsi le vesti di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri – ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio cuore, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni”. E alle spalle del papa stanco si intravedevano gli scandali e le divisioni, le spine dei preti pedofili, la mancata riforma dell’istituto dello Ior, il caso delle carte trafugate dal suo appartamento, lo scontro tra i cardinali che contano, la vita della chiesa ridotta a scontro di “potere” e soprattutto quel Gesù Cristo messo in secondo piano, se non dimenticato, il Gesù Cristo della croce non più compreso, non più sostanza del messaggio della chiesa al quale papa Ratzinger ha dedicato le sue ultime opere. Il tutto presentato a chi lo ascoltava non con lo stile giornalistico del media che devono fare “audience”, ma col cuore dilacerato di un padre che ha visto e che non ha retto con le sue forze. Il giorno successivo, il giovedì 15, papa Ratzinger entra nuovamente nell’Aula Nervi per salutare il clero romano. Parla a braccio, un’ora di colloquio fuori protocollo, e ripercorre l’esperienza incompiuta del Concilio Vaticano II, destinata a trasformare profondamente la vita della chiesa….”Mi dispiace - confida a un gruppo di cardinali - di non essere riuscito a portare a termine la riforma della Curia iniziata da Paolo VI…” Il messaggio conciliare che piace a Benedetto XVI è quello di una Chiesa nuova più aperta al mondo: “I nuovi popoli entrano con forza nel Concilio – ricorda Ratzinger – non solo gli americani ma anche l’America Latina, l’Asia e l’Africa”, portatori di problemi che noi tedeschi non avevamo visto. La domenica successiva, il diciassette, alla preghiera dell’Angelus in piazza san Pietro, la penultima del suo pontificato, prendendo spunto dalla lettura del Vangelo della prima domenica di Quaresima che espone le tentazioni di Gesù sulla ricchezza, sul potere e sul trionfalismo dilagante, il papa ritorna sui temi del mercoledì della Ceneri: nessuno usi Dio per il potere, è l’ora della prova, la Chiesa si rinnovi.
Conclusioni
Non è difficile leggere nelle parole del papa le possibili indicazioni o almeno l’auspicio per un Conclave che sappia guardare oltre le mura vaticane, oltre l’orizzonte di quella Curia che Ratzinger confessa di non essere riuscito a gestire. Le correnti più attuali del pensiero cristiano auspicano il “pluralismo religioso” che vada al di là del proprio piccolo orto cattolico romano e guardino a tutte le civiltà e le religioni del mondo per un dialogo costruttivo per una trasformazione dell’universo nella pace. A queste si accompagna anche un “pensiero di rivalutazione cosmica” che rivaluti “la terra” dilacerata dall’uomo nella ricerca continua e folle di beni primari e di ricchezza. Dio infatti è presente dappertutto in ogni persona di qualsiasi colore e in ogni forma di vita minerale, vegetale, animale… e in queste deve essere adorato come nella contemplazione diretta. Meditando sulle “perle” su cui mio sono soffermato, si potrebbe dire che il vecchio papa Ratzinger, concordemente considerato conservatore, abbia dovuto dimettersi per poter dire cose che diversamente non avrebbe potuto dire per convenienza di potere. Un auspicio per il futuro della chiesa, per il nuovo papa, per i popoli tutti e per il mondo intero.
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