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QUESTO MONDO, BARRIERA E PASSAGGIO



Data: 04 Gennaio 2010
Autore: Mario Arnoldi




La notte del 31 dicembre, mentre tra amici aspettavamo l’anno nuovo, discutevamo attorno ai temi più disparati della cronaca e dello “scibile”, finchè il discorso è caduto sul film che poche sere prima alcuni di noi avevano rivisto alla TV, “L’attimo fuggente”, uscito vent’anni fa quando ebbe un certo successo, qualche critica, e che quasi tutti allora avevano visto. Di quella storia ricordavo l’aspetto romantico di un professore, John Keating, che, in un collegio americano maschile, insegna ai suoi alunni a esprimere liberamente i loro sentimenti, contrariamente al clima severo e tradizionalista del collegio, delle famiglie e della società “bene” che faceva da sfondo. Dpprima il professore invita i ragazzi a cogliere l’attimo fuggente per esprimere i loro sogni prima che sia troppo tardi, quindi li persuade addirittura a strappare le prime pagine del libro che dettava le regole rigide in cui la poesia si sarebbe dovuta comporre, per contrapporvi un’espressione spontanea. Gli alunni vengono poi a conoscenza della “ setta dei poeti estinti”, che a suo tempo il professore, alunno nello stesso collegio, aveva fondato con i suoi compagni. Il motto della setta era “andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e profondità, succhiando tutto il midollo della vita per sbaragliare ciò che non era vita e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto”.
L’insegnamento di John Keating è contagioso e gli studenti decidono di far rivivere la setta, escono la notte nei boschi e si rifugiano in una grotta dove leggono e compongono testi originali. Un'altra conseguenza dell’insegnamento “espressivo” del professore è che uno degli studenti incontra una ragazza, se ne innamora, soffre per la sua ambiguità nel corrisponderlo, poi la reincontra e ha il coraggio di chiedere al Preside il superamento delle barriere tra il collegio maschile e quello femminile. E’ inevitabile che gli atteggiamenti degli studenti incontrino delle difficoltà sia presso le famiglie, sia da parte del Preside e della dirigenza della scuola, unicamente preoccupati che i loro rampolli siano ottimi studenti per poi essere i prosecutori nella società delle tradizioni dei loro padri e delle classi sociali dominanti che rappresentavano.

Discutendo l’altra sera mi sono accorto che avevo rimosso completamente l’aspetto drammatico, anzi tragico del film. Uno degli studenti, Neil, il più bravo, amava recitare, aveva trovato posto nella compagnia teatrale giovanile e, dopo aver falsificato l’assenso scritto del padre col quale non riusciva a comunicare per la grande soggezione, interpreta una parte con successo ne “Il Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare. Il padre, che giunge in sala durante la recitazione, proibisce al figlio di continuare in quell’attività non prevista dal piano di studi, e Neil, schiacciato dal “no” paterno che gli chiude la possibilità di esprimersi e di realizzarsi, si toglie la vita.

Applicando il racconto del film alla situazione attuale, penso si possano trovare significative analogie. Mi affido al discorso di Capodanno del Presidente della Repubblica Napolitano non tanto per quanto riguarda l’aspetto delle riforme che molto ha entusiasmato le parti politiche, in modo particolare, e strumentale, quelle governative. Col sistema wordle, che misura la frequenza dei vocaboli, la parola più utilizzata dal messaggio è stata “giovani”, seguita da “famiglie”, “crisi” e solo in ultimo “riforme”. Il Presidente inizia ricordando la crisi che ha percorso tutto il mondo e della quale hanno fatto le spese alcune fasce di cittadini. “C’è stata una pesante caduta della produzione e dei consumi (…) ci sono state aziende, soprattutto piccole e medie, che hanno subito colpi non lievi; e a rischio, nel 2010, è soprattutto l’occupazione (…). Hanno pagato, in centinaia di migliaia, i lavoratori a tempo determinato i cui contratti non sono stati rinnovati e le cui tutele sono rimaste deboli o inesistenti; e indubbia è oggi la tendenza a un aumento della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile”. “Parto dalla realtà delle famiglie che hanno avuto maggiori problemi: le coppie con più figli minori, le famiglie con anziani, le famiglie in cui solo una persona è occupata ed è un operaio”. “Le indagini condotte anche in Parlamento ci dicono che nel confronto internazionale, elevato è in Italia il livello della disuguaglianza e della povertà (…). Le condizioni più critiche si riscontrano nel Mezzogiorno e tra i giovani”.

Continua il Presidente: “C’è una cosa che non ci possiamo permettere: correre il rischio che i giovani si scoraggino, non vedano la possibilità di realizzarsi, di avere un’occupazione e una vita degna nel loro, nel nostro paese”. Si sofferma poi, parlando delle riforme che devono essere fatte, su quella degli ammortizzatori sociali, che è chiamata in particolare a dare finalmente risposte di sicurezza e tutela a coloro che lavorano in condizioni di estrema flessibilità e precarietà. Le altre riforme da realizzare sono quelle del fisco, delle istituzioni, della giustizia. Riforme che devono mantenere salda la divisione dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, che caratterizza la democrazia moderna. Infine il Presidente ha invocato i valori di solidarietà tra le parti, il sostegno al volontariato, la vicinanza ai portatori di handicap, ai più poveri, agli anziani soli, ai detenuti in carceri terribilmente sovraffollate, nelle quali certo non ci si rieduca. Sollecita la solidarietà agli stranieri che vengono in Italia nei modi e nei limiti stabiliti, per svolgere un onesto lavoro e per sfuggire a situazioni di indigenza e di guerra. Raccomanda più rispetto dei propri doveri verso la comunità, più sobrietà negli stili di vita, più fraternità nei rapporti con gli altri, il rifiuto intransigente della violenza e di ogni altra suggestione fatale che si insinua tra i giovani.

Il discorso del Presidente ci ha preso gran parte dello spazio, ma valeva la pena leggerlo. Pongo un interrogativo, se la crisi, dalla quale si originano tanti problemi, sia strutturale o ciclica cioè periodica e superabile. In entrambi i casi investe un giudizio sul sistema economico politico mondiale. Ma nel caso di una crisi strutturale la realtà sarà più dura e pesante poiché sistematicamente la forbice della ricchezza allargherebbe la distanza tra i tanti poveri e i pochi ricchi e le misure per contrastarla sarebbero più difficoltose e di lunghissima durata. Vedremo questo nei prossimi appunti. Mi ha colpito la giusta attenzione del Presidente ai giovani affinché non perdano la speranza e, aggiungo, “il significato e la finalità della vita”, essenziali per preparare un avvenire. Rischiamo di perdere una generazione, forse più generazioni, in nome del profitto che caratterizza l’economia attuale.

Il titolo di questo scritto è la contrazione di una frase di Simone Weil. Concludo con un'altra frase della stessa autrice: “La verità non si trova mediante prove, ma mediante esplorazioni. Essa è sempre sperimentale”. Vedo la speranza di un futuro migliore, oltre che nelle istituzioni spesso invischiate nella loro autoconservazione, nei “movimenti” della società, dei disoccupati e dei giovani che soffrono e pagano la situazione attuale e che lottano per cambiarla. mario.arnoldi@tempidifraternità.it