Redazionale del n° 9 (Novembre 2005)
Il ritorno del sacro e le laicità in dialogo
Il sacro, le religioni, le chiese, la secolarizzazione
Le religioni, sin dall’inizio della storia dell’umanità, hanno costituito la via d’accesso ed allo stesso tempo la difesa dal sacro. Religioni come via d’accesso al sacro “fascinoso”, meraviglioso, che sovrasta, che non può essere gestito con le semplici forze umane: il cielo e le stelle, il sole, la luna, la terra produttrice attraverso le stagioni dei suoi frutti, l’aria, l’acqua, il fuoco. Allo stesso tempo le religioni sono state la difesa dal sacro “tremendo”, terrificante, incontrollabile, come le calamità naturali che possono distruggere quanto gli uomini e le donne hanno costruito, come l’aggressività umana che non può essere contenuta, la follia, la violenza, la guerra. Il sacro è andato via via definendosi e prendendo forme diverse nelle varie religioni del pianeta, ed alcuni l’hanno visto come un tutto magmatico, altri l’hanno popolato di divinità, altri ancora gli hanno dato un volto personalizzato pur se non pronunciabile per la sua grandezza, oppure nominabile come divinità o come Dio unico dell’universo.
Per questa funzione di gestione delle forze incombenti e incontrollabili, sia favorevoli sia contrastanti l’umanità, le religioni hanno costituito sul versante storico un elemento di supporto forte alle attività umane della sopravvivenza e dell’organizzazione progressiva delle società. Si sono strutturate ed istituzionalizzate dapprima attraverso elementi della natura, sorgenti, alberi, monti, poi attraverso templi, sinagoghe, chiese, moschee, sacerdoti, ecc, quindi si sono mescolate continuamente col potere economico, politico e militare, confondendosi a volte con esso. In nome delle religioni e delle relative chiese non solo si sono elevate lodi e sacrifici al divino, si è esercitata la solidarietà, la cooperazione e l’amore, ma sono state combattute guerre di difesa dell’identità della propria tribù o popolo e guerre di offesa per realizzare il miglioramento della vita.
Una progressiva secolarizzazione nel corso dei secoli ha portato ad una distinzione di ambiti, le religioni da un lato ed il potere umano dall’altro, riservando alle prime il rapporto con il sacro variamente inteso, ed al potere terreno la gestione della vita economica sociale e politica delle comunità umane. La secolarizzazione è andata accentuandosi con l’epoca moderna, che ha visto nascere varie discipline teoriche e pratiche che provvedono all’umano, prima controllato dalle religioni. Ogni disciplina umana che si rendeva autonoma creava scompiglio tra le genti perché sembrava togliere terreno alle religioni, ma col tempo rendeva coscienti uomini e donne del loro divenire a poco a poco adulti e della necessità di darsi strutture diverse da quelle delle religioni.
La secolarizzazione ha avuto un acuto con lo svilupparsi della tecnica e dell’industria nell’ottocento e nel novecento, al punto da far credere che l’uomo ormai fosse autosufficiente e che il sacro, le religioni e le chiese abitassero una regione assolutamente altra, verticale, costantemente diversa da quella terrena ed orizzontale. Kierkegaard, interpretando i tempi, affermava che Abramo, che sale sul monte per sacrificare il figlio, poiché il Signore glielo aveva chiesto, era o un credente o un assassino. Le leggi del sacro e delle religioni ormai erano completamente differenti dalle leggi umane. In una fase recente, religioni e strutture umane, chiese e Stati hanno trovato punti di contatto fecondi nel rispetto delle reciproche competenze e nel raggiungimento del fine ultimo comune. La formula abituale dell’occidente per indicare questa distinzione e convergenza è “libera Chiesa in libero Stato” e le modalità giuridiche di questi accordi si sono concretizzate a volte in Concordati oppure in semplice rispetto della reciproca azione autonoma.
Il ritorno del sacro
Dopo questa carrellata storico sociologica, necessaria se non altro per sapere di che cosa stiamo parlando, vogliamo riflettere sulle forme di ritorno del sacro e delle religioni che si osservano negli ultimissimi anni, che contrastano con la giusta distinzione di poteri dell’epoca moderna e che vedono le religioni e le chiese, e tra queste la Chiesa di Roma a noi più vicina, interferire a volte in modo anche pesante nella vita degli Stati, e d’altro lato gli Stati moderni, o alcuni loro rappresentanti, aggrapparsi a valori religiosi per supplire alla fragilità della vita politica, carica di contrasti si direbbe insolubili.
Altre volte abbiamo analizzato il conflitto israelo palestinese, le guerre dei Balcani, le guerre di Bush, dichiarate per motivi economici e politici, ma supportate dal nome del dio di ogni parte coinvolta, realizzando quella commistione sopra accennata. Di altri conflitti parleremo ancora. Osserviamo ora l’Italia che ci è prossima. Qui da un lato il Card. Ruini, presidente della Commissione episcopale italiana (CEI), interviene su problemi fondamentali della vita umana. In occasione dei quattro Referendum sulla procreazione assistita aveva espresso parere negativo al loro svolgimento ed aveva invitato gli italiani ad astenersi dal votare. Se esprimere i propri punti di vista è legittimo, invitare all’astensione è un’intrusione indebita nei diritti-doveri dei cittadini italiani. Analogamente esprimere un parere negativo sui Pacs (Patto Civile di Solidarietà) è legittimo, dichiarare che la relativa legge, per altro non ancora scritta, è anticostituzionale è un’intrusione nelle competenze dello Stato italiano.
Papa Benedetto XVI, nel discorso d’apertura del Sinodo dei Vescovi, ha fatto una distinzione sulla quale non si può eccepire, cioè che l’ispirazione cristiana non può rimanere chiusa all’interno del foro personale, ma deve esprimersi nella vita civile. Tuttavia ha dato diversi segni non condivisibili della modalità di espressione civile della religione. Per esempio, nell’incontro avuto col presidente Ciampi, quando questi affermava con decisione la laicità dello Stato, il Papa sosteneva che è la Chiesa che deve decidere quale sia la laicità corretta e sana, il che contraddice il principio stesso della laicità. Sono diversi gli esempi analoghi.
D’altro lato i politici italiani, quelli tra loro che si sono sempre espressi nel senso della laicità dello Stato, hanno invocato sostegno ai valori della Chiesa, in quest’epoca di grande smarrimento della politica italiana, al punto di esser definiti laici devoti, strumentalizzatori della religione. Anche la stessa sinistra italiana, seppure in modo più indiretto, cerca appoggi dalla Chiesa. Fassino, segretario DS, fa professione di fede, sia pure in forma privata, dichiara di aver studiato per otto anni presso i Gesuiti. Anche Bertinotti, segretario PRC, afferma che oggi non direbbe più di essere ateo. Prodi stesso, probabile leader della coalizione di centro sinistra, diversamente da Zapatero in Spagna, attutisce le sue dichiarazioni sui Pacs, quando il Card. Ruini esprime scontento. Altri paesi europei, come Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, si dimostrano più laici. Nei confronti delle donne inoltre le posizioni della Chiesa sono di subalternità consolidata.
Laicità delle chiese e degli Stati come nuova prospettiva di dialogo costruttivo
In prospettiva, un principio concreto da affermare e da realizzare è che sia le chiese sia gli Stati, nei loro rispettivi campi, hanno delle verità, ma non la verità totale, unica, perfetta. Le religioni con le rispettive chiese realizzano una sola parte di quel sacro che tutto avvolge. Per altro gli Stati e le loro istituzioni realizzano non il migliore dei mondi possibili, ma quelle forme di governo che la coscienza dei popoli e la fase storica loro permettono.
Se questo principio non è introiettato, non si realizzerà nessun progresso nel campo del sapere e dell’agire. Ciascuno si sentirà in diritto e dovere di eliminare l’altro che si frappone alla realizzazione del proprio cammino. Un passo indietro per tutti quindi nella propria autoconsiderazione, ed una autolimitazione.
Le chiese dovranno superare le forme di violenza contingente che i compromessi storici hanno loro imposto, abbandonare ogni forma di potere temporale che snatura il loro specifico ruolo, disincrostarsi dei barocchismi acquisiti nel corso della storia, recuperare lo spirito e la lettera del messaggio originario, che ha un duplice sguardo, al sacro per sentirsene umile parte ed alla storia terrena con l’invito all’accoglienza, alla collaborazione, alla comunitarietà nella giustizia, nella pace e nell’amore.
La Chiesa cristiana, e quella romana in particolare che ci è più prossima, potrà rivivere la povertà iniziale, intesa come astensione dal potere violento, condividere i beni della natura nella fratellanza e nella donazione sino alla morte, così come il fondatore, Gesù Cristo, ha fatto e ci ha chiesto di ripetere nella vita e nel rito eucaristico sino alla fine dei tempi. Fratel Arturo Paoli, testimone della Chiesa di quasi un intero secolo, parlava, di fronte ad una folla di 1500 persone, di “deistituzionalizzazione del cristianesimo” e, più radicalmente, di “decristianizzazione del messaggio evangelico”.
Gli Stati, d’altro lato, dovrebbero finalmente capire e realizzare che la conflittualità e la guerra non costruiscono il bene comune, ma al contrario lo distruggono. Dovranno compiere una mutazione antropologica passando dal modello di comportamento “amico-nemico” a quello “amico-amico”. La collaborazione il più possibile allargata, dovrà portare le chiese e gli Stati alla costruzione del bene comune, che, come affermava don Milani, è il fine di credenti e non credenti - e noi aggiungiamo, in epoca di globalizzazione - di ogni chiesa e di ogni Stato.
Questa è la nuova laicità, garanzia di bene futuro.
Sinora ho parlato di istituzioni, chiese e Stati, tuttavia la trasformazione delle situazioni non potrà avvenire se non per opera delle basi sociali, dal popolo di dio delle diverse chiese e dalla società civile dei diversi Stati. Le istituzioni, di propria iniziativa, non hanno mai rinunciato al proprio potere e si autoriproducono tali e quali. Solo la base viva, che porta le pene delle sofferenze e delle guerre, ha gli stimoli per una lotta alternativa. Il cammino sarà lungo, ma la speranza non mancherà.
Mario Arnoldi