Pagina principale
barra
Pagina precedente




Redazionale del n° 10 (Dicembre 2003)

Le chiese del futuro: l’esperienza delle comunità di base

In occasione del ventottesimo incontro nazionale delle Comunità di base, la redazione ha sollecitato un intervento dell’amico Peppino Coscione, che ringraziamo; facciamo così il punto sul cammino di questa esperienza di chiesa

Nel numero di Concilium (3/2003) dedicato ai movimenti nella Chiesa, Alberto Melloni e David Lehman, abituati forse a leggere la realtà con le lenti di chi è soltanto a contatto delle strutture di potere, non hanno parole da dire sulle Comunità cristiane di base; diversamente Alexander Ganoczy, senza nominarle e forse senza volerlo, individua proprio la loro essenza, la loro anima quando scrive: "La comunità che si riunisce nella casa di Prisca e Aquila (Rom. 10,5), ove la donna esercita chiaramente una funzione di comando, diventerà in futuro straordinariamente attuale. A me sembra che il gruppo ecclesiale minuscolo, quale germe, focolaio, cellula iniziale e base della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, sia quella struttura dinamica della Chiesa che ci promette un futuro qualitativamente migliore della chiesa. Secondo la teoria della struttura l’uomo vive secondo il modello "compagine in compagine", "comunità in comunità". Solo così si arriva a una crescita organica. E pure la chiesa cresce così continuamente e in maniera sempre nuova. Alcuni dicono "dal basso"".

Questo futuro, dal basso, è già nei suoi limiti e nella sua parzialità presente nel cammino che da più di trenta anni le Cdb in Italia fanno per la crescita di una Chiesa che riviva, in forme attuali, l’esperienza di pluralismo, di libertà e di creatività delle origini..

Ma quando e perché sono nate le Cdb?

Dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), la chiesa cattolica vive una fase di lacerazione, perché entrano in conflitto, in mancanza di uno spazio pubblico di dialogo, due movimenti: quello che spinge per la restaurazione e quello che s’impegna per un sostanziale e profondo rinnovamento.

I restauratori (tra questi molti curiali che durante il lavoro conciliare avevano fatto di tutto per frenare o spegnere i germi più autenticamente evangelici spingendo a bassi compromessi sul piano teologico e pastorale) hanno messo in atto ogni mezzo per ricomporre una Chiesa-Istituzione come era da secoli e cioè una società perfetta che distribuisce ai fedeli, soggetti passivi dell’organizzazione, dogmi da credere e sacramenti da consumare (questa volta in lingua volgare, almeno) per ricevere la grazia di Dio e salvarsi l’anima. Hanno subito ripreso la pratica della censura, delle punizioni ai teologi scomodi, della scrittura di norme per ingabbiare il "soffio pentecostale" del Concilio fino a giungere a redigere quel capolavoro che è il Codice di Diritto Canonico (del quale non posso in questo articolo evidenziare l’opera di sotterramento delle più profonde intuizioni dello stesso Vaticano II).

Coloro che lavorano per il rinnovamento si rifanno in particolare alla Costituzione dogmatica sulla Chiesa "Lumen Gentium" n. 9 che riconosce la Chiesa innanzitutto come Popolo di Dio e si propongono di ritrovare il passato originario della Chiesa e liberarla dalle incrostazioni secolari per farla rivivere in un contesto democratico ed autogestito, all’altezza dei tempi.

Riviste come "Testimonianze" a Firenze, "il Gallo" a Genova, "Rocca" ad Assisi, "il Regno" a Bologna, "il Tetto" a Napoli ed altre aprono serie riflessioni e vivaci confronti sulla chiesa come comunione, come comunità, come diaconia, mentre il teologo spagnolo M.Gonzalez-Ruiz scrive nel 1970 il libro "Dio è nella base".

Tutto ciò fermentava in molti gruppi informali e formali come i gruppi di Azione cattolica, gruppi parrocchiali, gruppi scout, mentre nella società civile avanzava impetuoso il vento della contestazione studentesca intenta ad abbattere le strutture autoritarie presenti nella scuola, nella famiglia, nella società civile e della mobilitazione operaia intenta a modificare l’assetto di potere e la distribuzione della ricchezza in Italia, che vedeva e vede ancora oggi fortemente compromessa anche la Chiesa cattolica.

La lettura biblica, la riflessione sui testi conciliari, la partecipazione alle lotte sociali hanno portato parecchie realtà di base cattoliche, spesso coordinate da preti, ad interrogarsi seriamente sulla testimonianza dei cattolici e della Chiesa-Istituzione:

· Come può predicare la povertà chi non la pratica, anzi, come struttura di potere e di ricchezza, è complice di speculazioni edilizie, di speculazioni finanziarie?

· Perché si minacciano quei preti e la loro comunità che denunciano la guerra contro il Vietnam, che viene condotta con la benedizione di vescovi e cardinali?

· Perché la gerarchia ecclesiastica continua a imporre l’unità politico-democristiana ai cattolici?

· Perché i fedeli nelle celebrazioni devono solo ascoltare e non possono prendere la parola?

La risposta di tanti vescovi e della curia romana alle scelte che parecchie comunità parrocchiali (come quella dell’Isolotto a Firenze, del Vandalino a Torino, della Resurrezione a Fiesole, di Oregina a Genova, del Carmine a Conversano, di S. Paolo a Roma, di Pinerolo, di Formia, di Verona ed altre) e gruppi di cattolici/che avevano preso sul piano politico (dichiarazione di votare e di iscriversi a partiti della sinistra) e sul piano ecclesiale (celebrazione dei sacramenti senza i vincoli rigidi di un rituale privo di contesto sociale, creazione di preghiere eucaristiche, di canti, di gesti nuovi, in particolare la celebrazione dell’Eucaristia come pane e vino condivisi da una comunità invitata a spezzare la loro vita perché tutti/e abbiano pane) fu di reprimere sul nascere tutto ciò nella presunzione che presto tutto sarebbe sparito. Ma questo non è avvenuto, perché gruppi e comunità hanno resistito ed hanno deciso, con sofferenze talora drammatiche, che era venuto il tempo di "ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini", anche a uomini di chiesa quando pretendono di agire come capi di nazione (Marco 10, 42).

Così dal maggio 1969, data della creazione del Bollettino di Collegamento fra gruppi e comunità cristiane di base fino al XXVIII incontro che si terrà a Montesilvano di Pescara dal 6 all’8 dicembre 2003, le Cdb, spinte dal soffio di Dio, hanno vissuto diverse stagioni ecclesiali e politiche, resistendo ai tentativi di omologazione ma anche leggendo il cambiamento dei tempi.

Trent’anni scanditi da 14 Convegni nazionali partecipati da una media di quattrocento uomini e donne provenienti da diverse esperienze di vita religiosa o semplicemente culturale, da 13 Seminari nazionali di approfondimento che hanno coinvolto ogni volta nella ricerca e nel confronto circa duecento persone: temi e problematiche che hanno costituito e costituiscono la vita delle Cdb.

· L’impegno di fede delle comunità nelle lotte di liberazione, sorretto da una lettura della Bibbia comunitaria e immersa nelle sofferenze e nelle speranze degli uomini e delle donne del pianeta;

· La realizzazione di una prassi sacramentale che nell’accoglienza del significato e dei gesti condivisi dalla Tradizione è aperta all’esperienza di fede della comunità che vive in un suo specifico contesto socio-culturale;

· L’opera di demistificazione del regime concordatario, strumento di potere che tuttora impedisce anche la formazione di un’autentica laicità nella chiesa, nella società e nello Stato;

· La pratica concreta e non solo la predica o lo spettacolo mediatico dell’ecumenismo, un ecumenismo vissuto nelle relazioni concrete e costanti delle comunità e non solo in momenti determinati dall’alto;

· La libertà e la responsabilità di credenti di fronte alla sfida etica ed ecologica del nostro tempo;

· L’educazione religiosa dei ragazzi e delle ragazze. Questa "attività" ha dato vita ad un coordinamento di giovani che realizza lavori di gruppo, laboratori e campi estivi come "momenti di confronto che guarda lontano";

· L’interrogazione sui percorsi di ricerca delle donne ha costretto i maschi, innanzitutto quelli presenti nelle comunità, a rivedere i loro schemi mentali (culturali, filosofici, teologici, biblici) e comportamentali. All’interno delle Comunità è nato così il Coordinamento nazionale delle donne che ha al suo attivo dodici seminari nazionali e la partecipazione ai due Sinodi Europei delle donne; il coordinamento porta avanti una ricerca autonoma a partire dall’esigenza di fondare la loro esperienza di fede sul desiderio di libertà femminile e di intrecciarla con l’esperienza che insieme con tutte le altre donne vivono nella realtà quotidiana;

· La sessualità vissuta come dono di Dio affidato alla responsabilità di ciascuno/a è diventato il criterio di superamento della contrapposizione tra celibato e ministero presbiterale, tra ministeri e ruolo delle donne, tra omosessualità ed eterosessualità: nelle nostre comunità vi sono presbiteri sposati e non e le donne presiedono l’eucaristia.

Le ragioni della nascita e della permanenza delle Cdb sono ancora tutte valide perché esse non si presentano solo come dissenso ma anche come proposta concreta del suo inveramento. Il loro vivere l’esperienza della fede alla luce della Parola in una prassi di convivialità, di solidarietà, di ospitalità, attente a tenere desto lo Spirito di Gesù Cristo; il loro testimoniare l’azione del Regno di Dio nella società, libere da ogni vincolo di potere (si riuniscono nelle case o in spazi che pagano di tasca loro senza alcun finanziamento pubblico o aiuti "spassionati" di sponsor), di privilegio, costituisce una vivente critica ad una Chiesa-Istituzione ancora oggi alleata delle grandi lobbies politico-affaristiche di qualunque segno, un’Istituzione sempre pronta a vendere la gratuità dell’annuncio del vangelo per il piatto di lenticchie di finanziamenti da parte dei poteri pubblici; una Chiesa-Istituzione dove una prassi ecclesiale caratterizzata, come ha scritto p. Camillo Maccise su "Testimonio" il 15.10.2003, da centralismo, dogmatismo, giuridicismo, autoritarismo genera emarginazione, isolamento e violenza. Una violenza che i viaggi e le adunate oceaniche di papa Giovanni Paolo II possono momentaneamente occultare ma non cancellare.

Le Cdb sono comunità piccole ma aperte, senza barriere, dove non c’è una casta maschilista a detenere il monopolio della parola, dei sacramenti, dei ministeri e dei carismi; comunità che vivono nel territorio l’impegno a costruire una città accogliente e solidale, con tutti gli uomini e con tutte le donne di buona volontà, senza rinunciare alla propria identità, ma senza fare di essa il pretesto per affermare la propria volontà di potenza; quasi sempre esse fanno parte di quella rete di gruppi e di movimenti che in questi ultimi anni annunciano che un altro mondo è possibile: rete Lilliput, fori sociali, Beati i costruttori di pace, Pax Christi, botteghe solidali. Nelle lotte contro questa globalizzazione selvaggia e disumana le Cdb non si sono isolate in una presunta zona di purezza ma si sono mescolate e contaminate con le altre realtà di base sperimentando sulla loro pelle la violenza anche poliziesca dei poteri dominanti.

Comunità diverse per composizione sociale, culturale e politica, per ricchezza di vita interna ed esterna, vivono questa diversità come ricchezza, senza primogenitura o presunzione magisteriale da parte di nessuna, perché nelle nostre comunità non ci sono "padri né maestri" ma solo fratelli e sorelle che si sostengono nella fede e nell’aiuto reciproco. Organismi leggeri e non gerarchici come il collegamento nazionale e una segreteria tecnica le tengono unite negli obiettivi e nelle azioni democraticamente condivise. Non sono mancate difficoltà, incomprensioni e conflitti ma tutto è stato possibile vivere e superare nella reciproca accoglienza.

C’è chi pensa che alle comunità non importi la riforma delle Chiese istituzionali (non solo di quella cattolica perché anche quella luterana non scherza in quanto a complicità con i poteri dominanti) ma si sbaglia. Le comunità italiane sono collegate a tante altre comunità e movimenti a livello europeo e internazionale impegnate a testimoniare l’annuncio del Regno, convinte che il praticare il messaggio di Gesù nella libertà e nella tradizione preco-stantiniana sia la forza concreta che può riformare, seppure in tempi lunghi, le istituzioni formatesi su paradigmi non più o non più del tutto accettabili.

Peppino Coscione

Pagina precedente Inizio documento