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Redazionale del n° 7 (Agosto/Settembre 2002)

A proposito di lavoro

Le riflessioni su questo vasto tema possono partire da diversi punti di cui due sembrano più rilevanti:

1. la drammatica realtà della precarietà;

2. il problema del rispetto delle regole.

Ciascuno, in base alla propria sensibilità ed esperienza, privilegia l’uno o l’altro con la consapevolezza che i problemi sono collegati.

Precarietà, sicurezza e dignità

Il lavoro o la mancanza di esso influenzano fortemente la vita delle persone, sia per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni materiali sia per quanto riguarda la dignità. Perciò il lavoro non garantito e/o non degno dell’uomo (o della donna) equivale ad un diritto violato sia nel nord che nel sud del mondo. Questo è un punto nodale dell’attuale assetto economico mondiale. Enunciamo solo alcuni fatti per mezzo di parole chiave: articolo 18 tra minacce, difese e possibilità di estensione; nuova legge sull’immigrazione (assenza di diritti, ricattabilità, espulsioni, iter burocratici kafkiani…); delocaliz-zazione e divisione di compiti; pubblicità logo; crisi produttive nei Paesi sviluppati e produzione in situazioni da lager nei Paesi poveri; crisi dell’agricoltura ed espulsioni di contadini soprattutto nel sud del pianeta e conseguente fame per milioni di persone; giovani esclusi e/o indifferenti di fronte al lavoro e al futuro.

E il rispetto delle regole?

Al di là dei meccanismi economici, c’è un problema di mentalità corrente. Dall’osservazione critica della cultura diffusa tra la gente, in Italia (e non solo), si rileva che viene valorizzata la "furbizia" nel "farsi gli affari propri" e c’è ammirazione per chi riesce ad arricchirsi eludendo le regole "alla grande", accompagnata dal desiderio di godere dell’effimero senza pensare al domani. Riuscire ad eludere le regole diventa uno stile di vita e di lavoro. Ecco due esempi significativi:

 

1. Il possedere una squadra di calcio può significare avere uno strumento per produrre denaro in nero o aggirare il fisco;

 

2. Vengono utilizzate strategie per aggirare i criteri adottati per la correttezza nell’assegnazione degli appalti.

Come si fa? Nel primo caso si compra un giocatore pagandolo moltissimo, lo si fa giocare poco, gli si corrisponde meno di quanto risulta ufficialmente e la restante somma, se nominale, serve a non pagare le imposte o, se reale, può costituire fondi neri per vari usi. Nel secondo caso gli enti pubblici stabiliscono delle regole per l’assegnazione degli appalti e li modificano, se necessario, per favorire nel tempo una certa rotazione; "i furbi" fanno alleanze per aggirarle a danno di altri (es. "convergenza al centro" nello stabilire le somme dei preventivi). Con questi giochi si condizionano le possibilità lavorative di decine (o centinaia) di persone.

Ci si chiede se amministratori o governanti possono ignorare tutto ciò. Come mai la passività e l’assuefazione sono tanto diffuse? Non ci può essere, nel lavoro, onestà di fondo senza le basi per realizzarla. Occorre perciò costruire - ricostruire - inventare e rispettare le regole. Queste rimandano al problema della morale e dell’etica.

Costruire un’etica laica

Come costruire un’etica laica, adeguata ai tempi, evitando il pericolo di una morale puramente individuale, spesso confessionale, e quello di uno stato etico totalitario?

Questa è la sfida a cui tutti siamo chiamati a rispondere; le domande etiche, rispetto al lavoro, sono tante: lavoro per chi? Per cosa? Cosa si produce? Per quale fine? In che modo? Con quali costi e benefici per l’uomo e per l’ambiente? Chi costruisce?

L’uomo non è solo costruttore e consumatore. Valori etici come il bene comune, lo spirito di servizio, le capacità di indignazione, protesta, solidarietà, impegno e perseveranza sono parte dell’essenza dell’essere umano. Quali agenzie educative potranno formare a questi valori? Qualcosa esiste e spesso si tratta di associazioni, formatesi ai tempi giovanili della nostra generazione e ora portate avanti dai più giovani. C’è poi la scuola con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni.

Per quanto riguarda la chiesa, l’esperienza di molti di noi ci insegna che la "morale cattolica" è troppo fondata sull’ "individuale" e manca un positivo "senso dello Stato". Nella prassi, se non nella teoria, non è considerato "peccato" rubare allo Stato. È già successo, ad esempio, che negli istituti, spesso ci si fa pagare due volte le rette per i bambini, sia dal Comune che dallo Stato. Anche nelle scuole private, gestite anche da religiosi, è capitato che non si siano versati i contributi alle persone che vi lavorano. Nella predica-zione si parla pochissimo delle "strutture sociali di peccato", anche se esiste una "dottrina sociale" e non mancano pronuncia-menti a favore della giustizia, della pace e della dignità e dei diritti dei lavoratori.

Ripetiamo quindi che l’elaborazione e la diffusione di una nuova etica laica necessitano di altri soggetti e di altre agenzie formative.

Come sempre, nelle nostre riflessioni, ci sono più domande che risposte, tuttavia vorremmo concludere presentando alcune proposte per la salvaguardia del diritto al lavoro.

Idee e linee di azione

Nell’industria, nell’ambito delle nostre competenze, sostenere il "modello Wolks-wagen", cioè non eliminare posti di lavoro, ma distribuire il lavoro esistente. In quella industria anziani e giovani fanno un orario ridotto per un periodo in cui gli uni "insegnano" agli altri attuando una formazione non svincolata dalla produzione. Occorre poi elaborare piani industriali che comprendano le piccole imprese, collegate in rete e socializzare non solo le perdite, ma anche i profitti e così via.

Nell’agricoltura, tener presente quanto emerso in contemporanea con il vertice FAO soprattutto da parte del Forum delle ONG, tenutisi a Roma dal 7 al 13 giugno scorso. Sviluppare un’agricoltura diversificata e fondata sul lavoro remunerato, attuare serie riforme agrarie, far sì che il cibo non sia soggetto alle regole del WTO ecc. (cfr. appello Terra e dignità - documento di 32 contadini imprigionati in vari Paesi del mondo a causa del loro impegno in questa direzione).

Nel "Terzo settore", sviluppo del commercio equo-solidale, del consumo e del risparmio etico e responsabile, impegno per l’istituzione della Tobin Tax ecc.

In proposito speriamo di poter presto istituire su TdF una breve ed agile rubrica periodica che guidi i consumatori critici, che hanno poco tempo per informarsi. Vorremmo in essa segnalare i prodotti da acquistare (o non acquistare) in base agli sviluppi delle ricerche e delle campagne in corso. Ci serviremo delle informazioni fornite dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo e dalle altre Associazioni che si occupano con competenza di questo settore.

Tutto perché il lavoro sia sì, se possibile, creativo, ma non diventi un… gioco d’azzardo.

Per la redazione

Minny Cavallone

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