Redazionale del n° 8 (Ottobre 2001)
Piazza Carlo Giuliani - ragazzo
Ero in montagna quando si svolgevano i drammatici fatti di Genova, l’estate scorsa. Ero in vacanza in montagna, quando Carlo Giuliani è morto. Un brivido alla schiena ci è subito montato. Non avevamo la tv ma leggevamo scrupolosamente i giornali. Dicevano che era un "punk a bestia". Forse era un buono. E gli stessi giovani presenti a Genova avrebbero voluto dedicargli la piazza dove è stato ucciso.
Proprio mentre, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, vedevamo molti altri giovanissimi divertirsi giocando nei prati o in gita con l’animatore di turno (o il prete) nei campeggi degli oratori. Giovani spensierati, che certo non avrebbero capito ciò che si stava svolgendo a Genova. Avrei preferito che Carlo fosse stato uno di quei ragazzi lì, a vivere una vacanza immerso nella natura. Non certo giacere senza vita in una pozza di sangue sull’asfalto di quella che qualcuno ha voluto ribattezzare "Piazza Carlo Giuliani, ragazzo". Con mia moglie guardavamo questi giovani in montagna, pensavamo che non tutti i ragazzi adolescenti possono fare queste sane vacanze, che molti rimangono nelle tristi e vuote metropoli moderne, passando il tempo nelle sale giochi, ad annoiarsi, a guardare nel vuoto girovagando nell’afa per città vuote. Oppure a sfogare la rabbia che portano dentro sfasciando tutto.
Forse lo spazio degli oratori, dicevamo, delle settimane in montagna degli scout, tutto sommato fanno bene a queste nuove generazioni. A patto che non ci si limiti solo al gioco, ma si vada anche oltre, magari alla ricerca della propria identità, della costruzione del proprio futuro, per essere aiutati a comprendere le difficoltà della vita e a superarle. Ma anche per impegnarsi per la giustizia, per il fratello, per la solidarietà, contro ogni forma di razzismo e di intolleranza… Per un progetto civile, insomma, che diventi una vera e propria scuola di vita. È ora che gli oratori divengano luoghi di impegno non solo ecclesiale, ma anche politico, nel senso buono e genuino del termine, così come molti gruppi di area cattolica hanno fatto contro il G8 a Genova.
Rincretinire ai videogame e davanti alla TV piace al Cavaliere
Inorridisco quando leggo del primo corso di videogame per sacerdoti ed educatori, nato da una iniziativa di una società di televisione satellitare e la fondazione di don Antonio Mazzi: alla base del progetto, si dice in una nota, ci sarebbe "la convinzione che oggi i videogiochi rappresentino ciò che il campetto dell’oratorio è stato per decenni". Come dire che i giovani di oggi li si aggancia solo con il gioco? Certo, ma non basta! Non basta se poi il ragazzino, oltre a "rincretinire" ai videogame, è pure firmato dalla testa ai piedi Nike, mangia l’hamburger da Mc Donald’s, a 12 anni ha il telefonino e, magari, il suo idolo è Taricone del Grande Fratello… Ci vogliono idee, contenuti seri, dialogo, impegno, proposte e progetti per la vita! Altrimenti questi ragazzi saranno schiacciati dal dio soldo, dal benessere, divenendo degli egoisti e dei violenti. Ma il perbeni-smo di facciata piace tanto al nostro Berlusconi, il quale avrebbe voluto non essere disturbato (non disturbate il manovratore!), per trasformare la mega-nave con, a bordo, i potenti di turno in "Love Boat - la nave dell’amore", mentre tutti i giovani "normalizzati" avrebbero dovuto essere davanti alla tv per vedere il Grande Fratello. Giovani vuoti, insomma, come li vuole questo Governo, cioè che non pensino, non come quei "gaglioffi" del Genoa Social Forum (definizione del ministro Pisanu), o quei "quattro sporchi, drogati" definiti da Emilio Fede, che invece hanno dimostrato di avere le idee chiare contro il liberismo sfrenato e la globalizzazione inumana. Per il nostro premier invece tutto deve essere immagine, finzione televisiva, come quei limoni appesi ad un filo di nylon per fare bella figura!
I giovani no-global sono preparati, hanno idee, fiducia…
A Genova mi hanno raccontato che i giovani erano davvero tanti! Moltissimi di loro impegnati in associazioni laiche, alcuni altri in quelle cattoliche. Ma pare fossero giovani anche i vandali dei Black Block. Così come erano giovani di leva quei carabinieri e quei poliziotti mandati a fare ordine pubblico. Tutti giovani, tutti lasciati soli nel loro disagio: quelli di leva a sudare dietro le maschere antigas, con gli scafandri antisommossa, nei turni massacranti sotto il sole cocente. Mandati sciaguratamente allo sbaraglio da un Governo irresponsabile. Sono giovani anche quelli del movimento no-global, "che hanno idee, parlano dei problemi del mondo con cognizione di causa. - come ebbe a dire Massimo Cacciari sul quotidiano La Repubblica - I cattolici si preparano sui temi della globalizzazione dall’anno giubilare. Tra quelli che sono andati al G8 tanti erano un anno fa a Tor Vergata perché su questi argomenti nessuno parla con l’autorevolezza del Papa".
Ma quegli stessi giovani così fiduciosi nel prossimo, così preparati, così ingenui e sorridenti pensavano che a Genova si potesse fare festa, con canti, balli. Pensavano di poter fare amicizia con i loro coetanei stranieri di Attac, piuttosto che di Mani Tese o di Amnesty, oppure con i migranti nelle bancarelle del commercio equo e solidale. Con la voglia di cambiare il mondo, e gridarlo a tutti a squarciagola. Ma si sono ricreduti alla prime cariche della polizia impazzita che sparava lacrimogeni a più non posso. E loro, spaventati e con le lacrime agli occhi, chiedevano increduli agli adulti: e adesso? Che sta succedendo? Un sogno infranto, quello di poter essere protagonisti nel cambiare il mondo. Solo terrore, paura, botte a più non posso. E sangue, tanto sangue. E fumo, auto incendiate, tutto distrutto. Ed un ragazzo che ti muore davanti, che potrebbe avere la tua giovane età. La ferita ti si apre davanti agli occhi ogni giorno. Soprattutto per chi è ancora in fase di crescita.
Giorni che hanno segnato tanti giovani nel profondo, che hanno avuto bisogno di cure psicologiche, di colloqui con psicoterapeuti perché è stato tutto come se fosse una guerra. Una guerra vera e non quella dei videogiochi. Come quello che è successo a Fausto, 9 anni. La sua colpa è stata quella di passare con la nonna in una piazza della città per andare dal medico, proprio mentre davanti a lui passavano i Black Block e sfasciavano tutto. Salvo perché la nonna è riuscita a rifugiarsi con lui in un portone: la sua manina tremava ed ora Fausto non riesce a stare più solo, vuole che la mamma lo accompagni ovunque. Anche per il giovane Maurizio, poliziotto, la stessa cosa: ha visto i suoi colleghi in tv menare quei poveretti ed ogni notte, appena spegne la luce, sogna la polizia, i suoi colleghi che suonano alla porta di casa sua, entrano e portano via tutto. Lui che rappresenta una importante istituzione dello Stato.
Cari adulti non siete in buone mani
Già, lo Stato! Come faranno ora gli insegnanti, gli educatori e gli adulti a trasmettere in positivo il valore delle istituzioni, come quello delle forze dell’ordine che hanno spaccato la testa a molti giovani a Genova, il senso della politica e la fiducia nello Stato democratico. Di quello Stato garante dei cittadini. Si sentiranno certamente traditi, impotenti: penseranno che sono stati presi in giro, che il dialogo e la democrazia sono solo una chimera. Oppure metteranno in guardia il mondo degli adulti come ha fatto Chiara di Pistoia con questa struggente lettera dal titolo Cari adulti, vi avverto: non siete in buone mani, inviata al Venerdì di Repubblica, che dovrebbe far riflettere le nostre istituzioni. La riportiamo qui di seguito:
"Ho poco più di diciassette anni e purtroppo credo nei sogni. È una colpa? Fino a poco tempo fa pensavo che fosse lecito alla mia età avere ancora degli ideali, cercare la verità, nonostante sapessi quanto sia impossibile catturarne l’essenza evanescente. Ma forse non è più di moda avere buone intenzioni, sentirsi indignati di fronte alle ingiustizie, avere la voglia di cambiare il presente e sentirsi sulle spalle il dovere di essere il domani del mondo.
Mi hanno dato dell’ipocrita; hanno detto che la verità non ha mai sfamato nessuno, che in questo mondo è importante l’avere e non l’essere, il saper fingere e non la giustizia, e la cosa più atroce di tutte è che a dirlo sono i miei coetanei.
Crescendo, si sa, la purezza della tenera età va perdendosi e la vita insegna a macchiarsi di piccoli delitti quotidiani. Cosa pensare allora di questi giovani? A questo punto la mia buona volontà e determinazione rischiano di abbandonarmi, ho paura del futuro. Sarò esagerata, come tutti i giovani d’altronde, ma in fondo il vostro futuro siamo indubbiamente noi e non credo proprio che siate in buone mani…".