Redazionale del n° 2 (Febbraio 2001)
Senza mettere l'aureola
Quiz da cento milioni: c’è del buono nel mondo? Guardando i telegiornali, leggendo i quotidiani sembrerebbe proprio di no. Come sarebbe bello, sì, come sarebbe bello se un giorno, andando ad acquistare il giornale leggessimo notizie del tipo: "Mucca pazza? I bovini sono tutti sani!", "Le guerre nel mondo? Sono cessate!", "Debellata la fame nel Terzo Mondo!", "Ricucito il Buco dell’Ozono!". Ma ciò, purtroppo non accadde. Neanche studiando la nostra storia passata, la storia del mondo: facciamo sinceramente difficoltà a vedere un barlume, uno sprazzo di bene, di buono.
Si dovrebbe imparare nella propria famiglia di origine o a scuola qualche cosa che ci induca a fare del bene, ad essere buoni. Per molti è invece materia insulsa. Certo, nessuna buona azione, nessuna vecchiettina da far attraversare... ma di più. Aggregazioni di uomini che dialogano serenamente, che smettono di combattere; azioni di pace usuali e quotidiane, normali, ricche di comprensione e dialogo, che partano dal cuore dell’uomo. Perché, come ci ricorda Alex Zanotelli, "Dio ha un sogno, e siamo tutti tenuti a realizzarlo: che nasca un mondo altro da quello che abbiamo fra le mani".
Un altro mondo meno inquinato lo vuole, per esempio, Dario Fo che, assieme a sua moglie Franca Rame ed al figlio Jacopo, ha dato vita, a Santa Cristina di Gubbio, presso la Libera Università di Alcatraz, al primo distributore italiano di biodiesel, carburante vegetale derivato dall’olio di colza. Il biodiesel sarà venduto a 1.700 lire al litro. La legge ne vieta la vendita ai privati ma, nell’ambito del progetto pilota nazionale, a Santa Cristina potranno fare il pieno i soci Arci (un milione) e quelli di Alcatraz (circa 30mila). Il carburante venduto (il distributore ha una capienza di 9.000 litri) è prodotto a Umbertide da un centro di ricerca e produzione finanziato con fondi europei. Niente santi, niente aureole, per carità! Ma benessere reale, autentico, concreto.
Certo, il buono, il bene non fa notizia (o ne fa poca). Alla faccia della Gaudium et Spes del papa che, ad un certo punto, ammonisce: fai il bene, evita il male. Ma chi mai sarà stato quello strano essere che ha dettato tali lettere? Non certo uno zombie! Ben vengano notizie serene, di bene, anche se rare e da cercarsi con la lente d’ingrandimento sulle pagine inchiostrate! Sono poche, ma abbiate fiducia: qualcuna ne troveremo ben, da qualche parte!
Ad esempio quella di quel deputato russo, certo Sergei Kovalijev, premiato per il suo impegno per la difesa dei diritti umani in Cecenia. Oppure l’esempio di Natasa Kandic, sociologa, che si è opposta alla linea politica repressiva delle autorità serbe nei confronti delle minoranze democratiche e si è impegnata per la difesa dei diritti umani e delle vittime dei soprusi perpetrati in nome della superiorità etnica.
E quella di Antonio, un uomo semplice, un amico che mi invia una e-mail dicendo: "Ho trascorso 30 anni della mia vita ad accumulare denaro, solo denaro. Mia moglie accudiva i due figli. Quando ho visto che mia moglie non ce la faceva più ad assistere uno dei due nostri figli che è pesantemente handicappato, ho riflettuto con amarezza. Che cosa sto facendo? Ho trascorso la vita pensando solo ai soldi, alla mia fabbri-chetta, per il bene della famiglia. Credevo. E non mi rendevo conto che il vero bene della famiglia era l’affetto, la serenità, il crescere insieme. Mio figlio handicappato aveva bisogno di me e io lo evitavo con mille scuse... Che cosa è accaduto adesso? Ho venduto la fabbrichetta, ho assicurato il futuro dell’altra figlia, mia moglie si riposa serena e io mi dedico tutto a lui, lo porto in giro per il mondo, ecc... Oggi a 70 anni mi ritrovo a fare il padre con un figlio disabile praticamente sconosciuto, ma ho capito tante cose; ho capito che mio figlio, isolato forzatamente dal resto del mondo, chiedeva con lo sguardo del silenzio di essere amato, considerato, preso sul serio e non coccolato e preso alla leggera. Desiderava il padre, e io desideravo il figlio". È data per scontata naturalmente la veridicità dell’equazione identitaria: ricchezza = benessere = felicità. L’importante naturalmente è stare dalla parte giusta, con quel 10% di umanità detentrice di risorse e sapere. Per certi aspetti le vecchie lotterie o il gioco d’azzardo sono modi più popolari per sognare. Niente santi, niente aureole, per carità!
C’era una volta
il piacere di sorridere
È allarme malinconia. Lo hanno lanciato quattrocento esperti riunitisi di recente in un convegno a Basilea. Rispetto a cinquanta anni fa, quando l’uomo manifestava allegria 18 minuti al giorno, oggi la media è scesa vertiginosamente a soli 6 minuti. Abbiamo perduto il piacere di ridere e siamo più "seri" perché più tristi. Le cause? Uno psichiatra tedesco, presente a quel convegno, le attribuiva alla società troppo competitiva, basata esclusivamente sul successo. "Chi non ce la fa, dice, è preso da un sentimento di vergogna e depressione". Vero. Ma non basta. Dietro la competizione galoppante che sembra aver contagia-to un po’ tutto il mondo occidentale, e forse non solo quello, ci deve essere dell’altro, come, ad esempio, la perdita di alcuni valori importanti, la rinuncia alla riflessione sul senso della vita, la materializzazione del tutto, che non sono conseguenti alla competitività, ma ne sono la causa.
Abbiamo subìto senza ribellarci. Dietro la perdita del sorriso c’è un mondo che vuole affrancarsi da una cultura che aveva, come centro, l’uomo e che ora da questo fugge. Fugge lasciandolo solo in balìa di un tempo scandito da un’operosità ossessiva, un tempo che non ha più la capacità di stupirsi, senza un briciolo di fantasia, senza commozione, in fondo senza tempo. Un sistema che "droga" le nostre menti finisce con 1’azzerare le nostre emozioni.
Accanto a noi appaiono ancora la bellezza della natura, il vento, le stelle, il mare, il sole e altri uomini: eppure cresce il silenzio dentro e fuori di ognuno. Non sorprende, allora, che si cerchi la felicità in fantasie virtuali, in piaceri artificiali, in amori senza amore, in passioni brevi, in libertà limitate, in sorrisi senza sorriso. Ma è questo che il nostro cuore desidera? è questo che desideriamo per i nostri bambini, figli o nipoti che siano? Se non torniamo a stupirci, se non torniamo a sorridere di più e quindi a vivere...
Forse il bene più importante, quando ci si sveglia al mattino, è quello di ringraziare che si è in vita, che si vive, che si ha al fianco una donna che si ama e da cui ci si sente amati. Il bene, il buono della vita è essere fecondi, è amare il proprio lavoro, è vivere sereni, felici, consapevoli che, se tutti noi cambiassimo un pochino dentro, forse non si starebbe tanto male nel mondo, forse non si arriverebbe a sentire da un ragazzino di 16 anni: la vita è un Inferno.
Purtroppo per molti l’uomo fa così tanto del male da essere considerato una bestia (con rispetto per gli animali che non uccidono mai tanto per uccidere, ma per fame!) Pessimisti! Perché all’uomo basta così poco per fare del bene, perché lui stesso è bene, la sua vita può essere amore. Se lo vuole. Se riesce a liberarsi dal male, dalle tristezze, dalle sofferenze. In una parola: se riesce a guarire! Perché noi uomini sappiamo certamente fare del bene, sappiamo certamente far guarire e guarire noi stessi dal male. Perché abbiamo un cuore ed una ragione da usare, da usare bene. Certo è che, se siamo sempre più schiavi del mercato, dell’economia, della ragione, del materialismo, non riusciremo ad andare molto lontano.
Certo è che se l’uomo non riuscirà a fare uscire il mondo dalle "sofferenze" in cui lo ha coinvolto, se non riuscirà a scardinare quel sistema neo-ultraliberista della "libertà di speculazione" che va sbandierando ovunque, come panacea della soluzione dei suoi problemi, ci sarà poco da ridere. Cercare il bene, il buono nel mondo vuol dire anche costruire una nuova giustizia sociale, economica, ecologica per tutti.
Noi uomini, è vero, siamo capaci di creare il bello, il bene, il buono nell’Universo. Ma in un batter d’occhio siamo capaci anche di distruggere, ferire, uccidere! Siamo una specie terribile e meravigliosa al tempo stesso. E noi, piccoli lilli-puziani, come semplici uomini e donne, come cittadini di questa terra, come persone che amano il Creato, alziamo la testa di fronte agli squilibri, alle sofferenze del mondo per fare del bene ogni giorno, a scuola, nel lavoro, in famiglia, nella normalità della nostra vita. Tentando di porre degli argini alla violenza, agli squilibri mondiali. Nel nostro piccolo. Senza mettere l’aureola.
Per la redazione
Gino Tartarelli