Note al Catechismo
IL DIO CREATORE
Riprendiamo le riflessioni teologiche di Ortensio da Spinetoli sul testo del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica. I primi sei interventi sono stati pubblicati nei numeri di Tempi di Fraternità del 1995. Nonostante siano passati ormai due anni dalla pubblicazione del testo, ci sembra che le riflessioni di Ortensio siano quanto mai attuali.
Preambolo
Il mondo, la realtà cioè al di fuori dell’uomo, è il contesto e insieme il coartefice della sua realizzazione.
Il nuovo Catechismo, ancora una volta, fa al riguardo un discorso teologico, più accademico che pratico (nn. 289-299; 337-339; 353-354). Ripropone alla fine problemi e soluzioni che non hanno mai convinto nessuno.
Tanto per il credente ogni ragionamento è inutile perché egli sa in partenza che all’origine del tutto c’è un principio primo da cui ciò che esiste proviene. Gesù darà una "notizia" più consolante affermando che colui che i filosofi chiamano causa prima è semplicemente il "Padre" che ama tutti, uomini, piante e animali come figli prediletti.
1. Il messaggio fondamentale
Il messaggio di Gesù è sulla linea della migliore tradizione profetico-sapienziale che in alcuni casi presenta gli esseri del creatore come confidenti, interlocutori e amici di Dio. È certamente sempre un discorso di fede, ossia di fiducia accordata all’esperienza religiosa di uomini carismatici che hanno avvicinato il mistero più di altri. Sono messaggi a cui si può dare credito come quelli che vengono dai tecnici e dai conoscitori del reale, gli scienziati, pur essimi intimi e confidenti dell’altissimo.
I comuni mortali, la totalità degli uomini, se non vogliono cadere nell’assurdità o chiudersi nell’agnosticismo, debbono "credere" a quanti ne sanno più di loro.
È un discorso chiaro come un ragionamento lapalissiano su cui è inutile disquisire. Per questo molte pagine e molti numeri del Catechismo potevano essere anche evitati; non avrebbero appesantito il volume e non avrebbeo infastidito gli alunni delle scuole teologiche che saranno costretti ad apprendere nozioni che non servono né alla loro crescita spirituale, né al così detto lavoro apostolico.
Il mondo esiste davanti all’uomo, con l’uomo, per l’uomo. Per il credente non è Dio ma la sua promanazione, per il non credente è un mistero insoluto; per tutti è un interlocutore, un compagno di viaggio con il quale bisogna saper stabilire un equo, sincero, responsabile rapporto. A parte la sua provenienza e consistenza il mondo è una realtà multipla e multiforme che l’uomo non solo non può ignorare ma deve conoscere, rispettare e soprattutto amare.
2. Il discorso assente
Il termine e il termine che il novo Catechismo ha ignorato e non si vede il perché è l’ecologia. Forse è sembrata una trattazione da tecnici e non da catechisti. In realtà c’è un problema pragmatistico, come utilizzare le risorse del creato, che può appartenere ad altri, ma c’è insieme anche quello della comprensione, della crescita, dello sviluppo armonico del progetto salvifico che abbraccia anche il mondo quale sede naturale dell’uomo e di tutti i suoi vicini. Se ci si pone ad analizzare filosoficamente il progetto alla fine si perde tempo perché non si arriverà mai a scoprire le sue leggi e i suoi segreti; ma se ci si adopera per attuare una più felice convivenza tra i vari abitanti del pianeta o dell’universo si compie un’opera certamente accetta a Dio perché è l’unica che egli attende.
I catechisti non dovrebbero essere tanto propagatori di teorie approssimative o indimostrabili anche se provengono da grandi nomi della tradizione cristiana (sant’Agostino, san Tommaso) o cattolica (i decreti del Vaticano I), quanto portatori di messaggi e di proposte utili a migliorare le condizioni ambientali del cosmo e di quanti vi abitano.
L’ecologia è una branca della scienza ma anche della nuova teologia ossia della teologia delle realtà terrene. La più semplice a capirsi, la più difficile ad attuarsi perché chiama in causa la responsabilità personale e collettiva dei grandi e dei piccoli, degli uomini e degli altri esseri.
L’ "oikos" è la "casa" comune, l’habitat, in cui tutti sono chiamati a vivere e a convivere e in cui a nessuno è consentito arrecare danneggiamenti a se stesso e più ancora ai suoi coinquilini.
Il discorso è oggi ben noto, proposto e riproposto, ma mai abbastanza, mai a sufficienza. L’eventuale riproposta catechistica avrebbe potuto farlo avanzare ulteriormente soprattutto tra coloro a cui è destinato che non sempre si sono rivelati i più disposti a comprenderlo e a farlo comprendere.
3. Una "signoria" fraintesa
La tradizione cristiana e cattolica ha letto il testo di Gn 1, 27-29 ("domini la terra") quasi come un comando a sfruttarne le risorse, un imperativo a piegare con tutti i mezzi e i modi la terra e gli esseri, dalle piante agli animali, ai propri comodi. "Re del creato" egli può costituire il suo impero e la sua felicità sui cadaveri dei suoi subalterni.
Questa concezione, suffragata persino dai grandi teologi, smentita solo raramente nel corso dei secoli (Vedi san Francesco con il suo abbraccio a "fratello lupo" e il "Cantico delle creature") per grazia di Dio va oggi eclissandosi a vantaggio di una visione cosmica in cui più che a soggiogare il creato l’uomo è chiamato a servirlo.
Il Catechismo avrebbe potuto e dovuto non solo dare il benvenuto a questa nuova teologia, ma incoraggiarla e riproporla come la più urgente e la più opportuna parlando di Dio creatore o della creazione. . Invece di stare ad indagare su quesiti impossibili (sul perché Dio ha creato il mondo, se in una visione trinitaria o cristologica, se per la sua gloria o per la felicità delle creature) a cui nessuno saprà mai rispondere, è sempre più opportuno guardare al fatto concreto, il cosmo di cui l’uomo fa parte ed è parte.
Pertanto più che perdersi su problemi metafisici (che vanno al di là del mondo fisico) o relativamente tali la cosa più urgente è fermarsi su ciò che si può vedere e si può toccare e cercare di capire come meglio rapportarsi gli uni con gli altri.
Il problema della cause prime ed ultime è meglio lasciarlo al dopo che si sono risolti i problemi o intraviste le soluzioni dei problemi esistenziali. Caso mai spiriti eletti amassero trastullarsi in indagini, ricerche speculative, perché l’uomo ama definirsi "essere pensante" non è il problema delle moltitudini a cui è rivolto il testo catechistico e alla fine neanche di coloro che dovrebbero diventarne gli annunciatori e gli interpreti. Al momento attuale le ideologizzazioni non sono fuori moda ma nemmeno troppo correnti.
Il tema su cui doveva essere incentrata la trattazione è ricacciata alla fine: "Rispettare le leggi inscritte nella creazione e i rapporti derivanti dalla natura delle cose è un principio di saggezza e un (meglio il) fondamento della morale". Ci sarà, certo, da precisare a quali "leggi di natura" il testo alluda e a quali "principi morali" si riferisca; se a quelli dedotti o meglio supposti dai teologi e ribaditi successivamente nello stesso Catechismo, o a quelli scoperti da chi veramente studia e cerca di capire le eventuali norme che regolano la vita del creato dei singoli e dell’insieme.
Ortensio da Spinetoli