Gli scioperi della lotta per la vita
La vignetta di Staino su L’Unità del 26 novembre scorso rappresenta la piccola bimba gioiosa, in mano un ombrellino colorato a fiori, che dice al papà perplesso e corrucciato in viso: “Prodotto italiano fatto in Cina , sai quanto costa?”. Il padre risponde: “Qualche chilometro di fiume inquinato, qualche migliaio di morti e due euro”. Accanto alla vignetta il titolo dell’articolo di Siegmund Ginzberg annuncia “Cina del boom, inquinati sette fiumi e 344 città” e nel corpo dell’articolo afferma: “si ha la sensazione che le catastrofi americane come quelle cinesi sollevino lo stesso tipo di problemi: la fragilità di uno sviluppo incontrollato, la distrazione di chi dovrebbe governarlo, la questione della fiducia in chi governa”. Ed ancora, la frase più significativa dell’articolo dice: “Ogni anno 400mila cinesi muoiono prematuramente per malattie respiratorie legate all’inquinamento”. La Cina è lontana, pensano in molti, capovolgendo stranamente un detto corrente. La Cina è vicina ed i problemi dell’occidente, dell’Europa e dell’Italia sono di simile natura. Frequento spesso le colline del Monferrato casalese a nord di Alessandria, avvolte in una corona di verde splendido nelle variazioni delle diverse stagioni, dove ho amici che testimoniano come parenti e conoscenti siano morti e muoiano ancora per l’inquinamento operato da una grande fabbrica di lavorazione dell’amianto, oggi smantellata, ma le cui radiazioni ancora sono presenti. Lo sciopero del 25 novembre scorso è riuscito con successo, secondo le attese, anche se da parte del governo se ne relativizza la portata. Cgil, Cisl e Uil hanno ripetuto in tutte le salse – dice Manuela Cartosio su il manifesto dello stesso giorno dello sciopero – , in sessanta manifestazioni provinciali, le loro critiche a una Finanziaria che va nella direzione sbagliata: nulla per il Mezzogiorno, tagli ai trasferimenti agli enti locali e, quindi, ai servizi sociali, nessuna tutela a salari e pensioni, redistribuzione dei redditi a favore dei ricchi, il solito zero per il rilancio economico. Il governo ha sbagliato tutto: obiettivi e strumenti, sintetizza il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. Il rinvio del trattamento di fine rapporto (TfR), aggiunge il segretario della Cisl Savino Pezzotta, è una cosa molto brutta, una ragione in più per scioperare. Lo sciopero è di quattro ore. Alcune categorie, Poste, sanità e pubblico impiego hanno raddoppiato, 8 ore di sciopero : la finanziaria non stanzia i fondi necessari per rinnovare i contratti e per onorare quelli già siglati. La scuola si è unita solo per un’ora, ma molti studenti hanno sfilato nei cortei per dare continuità alla protesta contro la Moratti. Artisti e lavoratori dello spettacolo, penalizzati dal taglio del fondo unico per lo spettacolo (Fus) ugualmente hanno aderito ed all’Auditorium di Roma l’orchestra dell’opera di Roma e quella della Scala di Milano hanno eseguito la Messa da requiem di Verdi. Gli artisti autorganizzati e precari hanno allestito un Karaoke lirico per il corteo di Milano conclusosi col comizio di Pezzotta. Sui siti web dei sindacati confederali sono indicate dettagliatamente le motivazioni dello sciopero generale, sia quelle “contro”, sia quelle “per”. Informazione completa quindi ad indicare non solo la parte critica, ma anche quella costruttiva e programmatica delle istanze dei lavoratori. Il 2 dicembre prossimo, cioè domani, si svolgerà un altro sciopero generale, quello dei metalmeccanici, di 8 ore, con manifestazione nazionale a Roma a sostegno del rinnovo del Contratto nazionale. Lo ha deciso l’assemblea nazionale dei delegati Fim, Fiom e Uilm riunita al Palalido di Milano precedentemente, alla quale hanno partecipato oltre 5.000 lavoratori e dirigenti sindacali metalmeccanici provenienti da tutta Italia. “Vogliamo fare il rinnovo contrattuale entro l’anno, ha detto Gianni Rinaldini della Cgil , anche se non siamo ancora arrivati alla stretta decisiva del negoziato. Dobbiamo quindi estendere e rafforzare le forme di lotta per modificare le posizioni della Federmeccanica e delle altre componenti”. “Siamo convinti, ha affermato Antonio Regazzi, segretario generale delle Uilm, che la competitività del Paese passa attraverso un buon contratto dei lavoratori metalmeccanici. Troveremo soluzioni giuste e intelligenti che rispondano alle esigenze produttive e tutelino anche quelle dei lavoratori: questa è la sfida.” Giorgio Caprioli, segretario della Fim Cisl, a proposito dello sciopero del 25, al quale hanno partecipato anche i metalmeccanici nonostante stessero preparando quello del 2 dicembre, ha affermato “ Noi metalmeccanici non ci siamo mai fatti desiderare. Scioperiamo volentieri con le altre categorie contro una finanziaria dannosa e sbagliata. Il nesso tra una manovra che non fa nulla per fermare il declino industriale e la difficoltà a rinnovare il contratto è lampante”. Ed è appunto il collegamento tra la difesa dei diritti dei lavoratori, l’espansione dei settori di produzione e lo sviluppo del Paese che rende legittimo l’interesse che sto dando a questi scioperi. Svolgendo, per altro, una carenza dell’informazione dei mass media, che, quando dedicano spazio ad essi, mettono in risalto quasi esclusivamente gli aspetti esterni di folklore, di numero dei partecipanti, dei pretestuosi timori di possibili tumulti e poco si soffermano sulle motivazioni delle manifestazioni stesse. Ed a proposito di diritti dei lavoratori e della loro partecipazione alla vita produttiva del paese, cito un articolo di Giorgio Cremaschi, della direzione della Fiom, che riferiva di un precedente sciopero, quello della Valle Susa, avvenuto a metà novembre dal titolo “Lo sciopero che sognavamo da anni”. Afferma Cremaschi: “Lo sciopero generale della Valle Susa, riuscito al di là di ogni attesa, ripropone una questione centrale nella nostra democrazia, di ogni democrazia: chi decide e come decide?...La democrazia è il più efficiente dei sistemi politici proprio perché è capace di cambiare le decisioni sulla base del consenso. Se centomila persone, e tante altre con loro, non sono d’accordo sulla Tav non possono essere ignorate. Altrimenti si precipita nell’autoritarismo...La verità è che il fronte bipartisan, del “mercato”, del “non ci sono alternative”, dello sviluppo fondato sul decisionismo e le grandi opere, si è cacciato in un vicolo cieco...Non ci sono serie alternative alla pratica della democrazia e alla costruzione delle decisioni con il consenso”. Cremaschi si riferiva direttamente ai problemi della Tav della Valle Susa, ma il discorso e la pratica è estensibile, come abbiamo indicato più volte, a tutti i settori della vita produttiva del paese. Che fa nel frattempo il governo? La risposta richiede un capitolo a parte che per altro andiamo sviluppando da tempo. Basti citare qui, per concludere, è notizia di oggi, l’affermazione di Berlusconi: “Abbiamo arrestato 200 terroristi internazionali e debellato le Brigate Rosse...”. Nessuna documentazione autentica, nessun accenno sulla stampa internazionale, se fosse notizia vera sarebbe una bomba, positiva in questo caso, a livello nazionale ed oltre i confini. Forse si tratta solo di una “sparata” per coprire il vuoto economico e politico in cui versa l’Italia alla vigilia delle elezioni della primavera del 2006: anche l’Economist, settimanale inglese di indirizzo liberista e quindi particolarmente attento alla materia, ha pubblicato nei giorni scorsi un’inchiesta dal titolo simpatico e drammatico: “Italia, dolce vita addio!”. (1 dicembre 2005) Mario Arnoldi |