Sguardo sul mondo l’11 settembre 2005
In attesa di decantare emozioni sentimenti pensieri che hanno accompagnato la Marcia per la Pace Perugia Assisi, che esporrò in un prossimo “appunto”, riportando voci dei partecipanti, esprimo alcune idee che mi hanno accompagnato nei giorni della Marcia stessa. Delle inadempienze dell’Onu, del Wto, del Fmi, della Bm, del G8 nei confronti dell’ingiustizia economica sociale e politica del pianeta, e quindi della povertà e della mancanza di pace che ne conseguono, ho parlato spesso. Riferirò piuttosto di un articolo di Timothy Gaston Ash, noto antropologo, apparso su la Repubblica dell’ 8 settembre scorso, che, prendendo spunto dall’uragano Katrina, ha rilevato qualcosa di più grave e globale del disastro dovuto all’incompetenza dell’amministrazione Bush, della negligenza nei riguardi dei neri d’America, della nostra impreparazione di fronte alle calamità naturali. L’aspetto più grave, dice Ash, sono le diverse forme di sciacallaggio che si sono scatenate immediatamente durante e dopo il disastro, che dimostrano come la crosta della civiltà su cui camminiamo è sempre sottile come un’ostia: una scossa e cadi giù in una forma di decivilizzazione, lottando con le unghie e coi denti per salvarti. E questo vale non solo per New Orleans o per il mondo non ancora evoluto, ma è lampante anche per la nostra gentile Europa civile. Analogo sciacallaggio è avvenuto durante l’olocausto ed i gulag, nel dopoguerra del ’45, in Bosnia dieci anni fa, per far solo gli esempi più gravi. Gli uragani europei erano e sono, per di più, solo opera dell’uomo. In futuro, nel XXI secolo, ci saranno altri episodi forse più crudeli di decivilizzazione. Il rischio più palese è l’avvento di altri disastri naturali in conseguenza del cambiamento climatico dovuto all’incuria dell’uomo. Inoltre sono in corso, e non sembrano voler cessare, gli attacchi diretti dell’uomo contro l’uomo attraverso guerre e terrorismo, che non hanno raggiunto ancora il massimo della loro potenzialità distruttiva. La pressione delle migrazioni di massa, ancora, dal sud povero e sovrappopolato del pianeta al ricco nord, ha quasi la forza di un’alluvione e può sfociare, se non si realizza un’umana integrazione, in grandi sconvolgimenti. Le potenze emergenti come l’India e la Cina possono portare a scontri e guerre. Non lo scontro di civiltà, ma a rischio qui è semplicemente la civiltà, la sottile crosta che stendiamo sul magma ribollente della natura, quella umana inclusa. E le grandi potenze devono portare, conclude Ash, ad un nuovo livello di cooperazione internazionale per evitare il ritorno alle barbarie della decivilizzazione. Altra grande preoccupazione proviene dalla Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Il Corriere della Sera (12.09.05) riporta un’intervista che Abu Mazen ha dato, al posto delle scuse, al giornalista Lorenzo Cremonesi, rapito e subito rilasciato nei giorni scorsi. Quali saranno i tempi per la pacificazione della Striscia di Gaza, chiede Cremonesi. “Tre mesi e mezzo. Datemi tempo fino alla fine dell’anno e sarò in grado di controllare il caos di Gaza…Certo che potremo controllare Al Aqsa, al quale si aggiungono gli estremisti islamici legati ad Hamas e Jihad, ma abbiamo bisogno di tempo… E’ controproducente farlo subito, sarebbe una mossa destinata a farci precipitare nella guerra civile. Hamas per la prima volta ha annunciato che parteciperà alle elezioni politiche. Diventerà di fatto un partito come tutti gli altri. Se fosse così, ben presto non avrà più bisogno delle armi. Verrà assorbita nel sistema democratico e saremo finalmente arrivati alla normalizzazione della società palestinese senza traumi”. Tuttavia la via della pace tra palestinesi ed israeliani non è senza ostacoli. Gli Usa chiedono di ripartire dalla Road Map, negoziare il più presto possibile il ritiro israeliano dalla Cisgiordania e trattare del futuro di Gerusalemme est. Però il governo Sharon continua ad ampliare le colonie in Cisgiordania. In questo modo blocca sul campo la possibilità di nascita di uno Stato palestinese. Se ciò avverrà, anche la pacificazione di Gaza non ha futuro e si ricadrà nel circolo della violenza e del terrorismo. La storica consegna delle “chiavi” della Striscia di Gaza non c’è stata. I palestinesi di Gaza infatti all’ultimo momento si sono tirati indietro. Affermano che l’occupazione non è finita. Se non sono padroni dello spazio aereo, terrestre e marittimo, se non sono ancora liberi di circolare sulle loro terre, se non hanno libertà di passaggio alle frontiere, la Striscia sarà una nuova gabbia. Significativo del disagio che i palestinesi ancora provano – accanto ai giustificati festeggiamenti per il ritiro – è l’aver incendiato le sinagoghe che gli israeliani hanno lasciato intatte, sia pure vuote degli addobbi. Anzi si chiedono se gli israeliani non le abbiano lasciate intatte come ricordo della passata occupazione, quindi come provocazione, infatti il loro abbattimento da parte dei palestinesi sarebbe stato inevitabile. Ancora una realtà fonte di preoccupazione dei giorni scorsi, non nuova peraltro, è stata la presentazione del Rapporto dell’Onu sullo sviluppo umano 2005. L’Onu lancia l’allarme poiché ci sono troppi poveri al mondo ed in particolare ne soffrono i bambini in quanto fascia più debole, infatti ogni ora muoiono a causa della povertà 1.200 bambini. Gli obiettivi della Dichiarazione del Millennio, sottoscritta nel 2000, sono stati ampiamente dimenticati. L’Onu sullo sviluppo umano aggiunge tra l’atro: “Se il progresso dal 1990 avesse mantenuto lo stesso passo degli anni ’80, quest’anno sarebbero morti 1,2 milioni di bambini in meno”. Parole che mettono a fuoco il totale fallimento degli obiettivi sanciti proprio cinque anni fa, tra i quali il dimezzamento della povertà estrema, l’abbattimento della mortalità infantile, l’accesso all’istruzione per tutti bambini del mondo, la prevenzione e cura di malattie infettive. L’obiettivo di ridurre le morti dei bambini sotto i 5 anni sarà raggiunto solo nel 2045, con 30 anni di ritardo. L’effetto sarà la morte di 41 milioni di bambini. Il mancato raggiungimento degli obiettivi comporterà che nel 2015 altri 380 milioni di persone sopravvivranno con meno di un dollaro al giorno e 47 milioni di bambini non andranno a scuola. In questi giorni i leader mondiali si incontrano nuovamente alle Nazioni Unite per fare il punto sugli obiettivi conseguenti alla firma del Millennio e per indicare la rotta da seguire fino al 2015. Nonostante alcuni risultati ottenuti – ogni anno muoiono due milioni di bambini in meno, 30 milioni di bambini hanno avuto la possibilità di andare a scuola, 130 milioni di persone sono uscite da una condizione di povertà estrema - , secondo il rapporto “non c’è molto di cui gioire”, infatti lo sviluppo vacilla su diversi punti fondamentali, dimenticati dai paesi ricchi. “Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell’Adda”. Di tal genere erano i miei pensieri in questi giorni. Superflua la citazione dell’autore, tutt’altro che superflua la Marcia ed i suoi effetti, così speriamo, della quale sentiremo alcune vive voci nei prossimi “appunti”. (15 settembre 2005) Mario Arnoldi |