19 marzo giornata mondiale contro la guerra

Giuliana Sgrena libera, Nicola Calipari ucciso

da Repubblica, 14 marzo 2005

(da Repubblica, 14 marzo 2005)

E’ stata breve la gioia per la liberazione di Giuliana Sgrena. La notizia immediatamente successiva dell’uccisione di Nicola Calipari, mentre portava a termine il suo lavoro di mediazione come operatore del Sismi, conclusosi col gesto generoso della protezione del corpo della Sgrena, ci ha gettato in un grande sconforto, perché ancora una volta le ragioni della guerra hanno avuto la meglio sulle ragioni della vita.

Il fuoco amico ha ucciso Calipari, è stato detto. Quando più giovane sedevo ad un banco di scuola, fuoco amico significava, mi dicevano gli adulti saggi, quell’elemento della natura “fascinoso e tremendo” che si scatenava nel cielo lampeggiando. Fuoco poi riprodotto dalle persone attraverso l’attrito tra due elementi, che ha permesso ai primitivi e poi a tutti noi di riscaldarci dal freddo, di cucinare le carni ed i frutti della terra, di forgiare gli elementi della natura in modo da costruire dimore, attrezzi per il lavoro e per il miglioramento della convivenza umana. Nacque il mito di Prometeo che rubò il fuoco agli dèi, ad indicare ancora una volta l’importanza di quella sostanza.

da il manifesto, 14 marzo 2005

(da il manifesto,
14 marzo 2005
)

Ma, ahimè, il mito positivo di Prometeo si è trasformato nel suo contrario. Il fuoco può essere infatti usato per costruire e per bruciare ciò che altri o noi stessi abbiamo costruito. Il fuoco da elemento di vita può diventare elemento di morte. Purtroppo la seconda ipotesi si è affiancata nella storia dell’umanità alla prima e gli aggettivi del fuoco, dapprima positivi, sono diventati negativi, oppure volutamente si usano i negativi per indicare i positivi e viceversa. La perversa ambivalenza dal cuore umano ha operato quel capovolgimento! Nicola Calipari è stato ucciso da fuoco amico, espressione che allude ad una realtà sottostante che fa inorridire. Il fuoco amico di fatto è il fuoco nemico ed uccide. Perché non lo si grida a voce alta?

La ridda delle dichiarazioni e dei commenti scoppiata in sordina il primo giorno, per dar spazio al dolore della morte di Calipari, e poi esplosa nei giorni successivi, ha rivelato ancora una volta, da un lato la grettezza di certe posizioni tra le quali brilla come sempre quella di Vittorio Feltri su Libero e quella dello stesso ministro Castelli che ha affermato che Giuliana Sgrena “ha creato lutti che si potevano evitare”, e d’altro lato come non si riesca ad emergere dalla linea, che immagino orizzontale, sotto la quale è inscritta la guerra e sopra la soluzione concordata dei conflitti. Gli stati ed i singoli ragionano e si comportano come se la guerra fosse la fisiologica modalità del procedere storico, portando come giustificazione che “è sempre stato così e non può essere diversamente”.

Lascio da parte la riflessione sulle varie interpretazioni dell’accaduto, dettate da pregiudizi, dal momento che non si sa ancora come si siano svolti realmente i fatti, che sono in corso inchieste sia giudiziarie sia delle istituzioni nazionali ed internazionali, che sarà difficile per motivi oggettivi e per interessi di parte che la verità emerga. Mi soffermo sull’aspetto della valutazione del comportamento umano. E’ vero che storicamente ha avuto ragione chi ha vinto con la guerra, che il più forte ha avuto la meglio. Così si sono costruiti i grandi imperi dell’antichità e dei secoli a noi più vicini, così si sono formati i confini degli stati nazionali del nostro e degli altri continenti, così sono nate le grandi dittature in Europa e nel mondo, così si è sentenziato sulla vita e la morte di popoli e di singoli.

Ma la domanda è appunto se dovrà svolgersi sempre in modo conflittuale la storia presente e futura dell’umanità, in una perversa e disumana coazione a ripetere. Non sono possibili svolte storiche, mutamenti antropologici nella storia politica dell’umanità, simili alle svolte analoghe in altri campi, come il sapere, la scienza, il superamento di certe malattie?

Se si dà per scontato che il quadro in cui si muove la storia umana è inevitabilmente quello della guerra, tutto è possibile: il fuoco nemico, il fuoco amico, le uccisioni mirate, gli errori umani, le uccisioni dei civili, le risposte del terrorismo, la spirale della violenza sempre crescente, la “auri sacra fames” che legittima il diritto del più forte a depredare il più debole, le dichiarazioni Onu sempre disattese ed ogni sorta di atteggiamento mortifero. Se si cominciasse a pensare ad una possibilità pacifica della convivenza umana, i comportamenti portatori di morte appena citati perderebbero gradatamente di plausibilità e giustificazione.

In occasione del primo anniversario della strage di Madrid, l’ 11 marzo scorso, sulla quale pesano 192 vittime, si è svolto nella capitale spagnola il “Vertice Internazionale su democrazia, terrorismo e sicurezza”. Vi hanno partecipato 300 tra esperti, accademici e responsabili politici. Tra loro anche 23 capi di stato. Nelle conclusioni Kofi Annan ha detto: “Il terrorismo attacca i valori principali che le Nazioni Unite difendono, il primato della legge, la protezione dei civili, il rispetto reciproco tra popoli di cultura e religione diversa, la risoluzione pacifica dei conflitti”. Quello che mancava nel Vertice Internazionale era la menzione della guerra come causa altrettanto grave delle lacerazioni e delle distruzioni che si operano nel mondo. La guerra sarebbe quindi legittima, il terrorismo no! Sia la guerra sia il terrorismo sono illegittimi. Entrambi combattono con le armi della violenza e della morte. Anzi spesso il terrorismo è la risposta al sopruso della depredazione violenta del territorio, delle materie prime e degli averi di ogni genere.

Il 19 marzo si svolgerà la giornata mondiale contro la guerra. A Bruxelles ci saranno tre mobilitazioni – giovani, sindacati e movimenti - riunite in un unico corteo con i colori di tutti e 25 paesi dell’Unione europea al quale si uniscono Svizzera e Romania. Da Londra a Varsavia il popolo dei pacifisti sfilerà contro la politica di Bush, Blair e Berlusconi. L’appuntamento principale in Italia è previsto a Roma, ma importanti manifestazioni si svolgeranno anche a Milano e Cagliari. In tutto il pianeta si svolgeranno manifestazioni tra il 18 e il 20 marzo. Anche l’oriente scende in piazza contro l’invasione dell’Iraq. Iniziano le Filippine con un corteo a Manila organizzato dall’ ‘Iraq solidarity campaign’. Il 20 si svolgeranno manifestazioni a Rawalpindi in Pakistan, Dacca in Bangladesh, Seul in Corea del Sud e Osaka e Sapporo in Giiappone. In Australia mobilitazioni in molte città, da Sidney a Adelaide, da Camberra a Perth a Melbourne; appuntamenti organizzati dalla coalizione ‘No War’, nata per contrastare l’intervento deciso dal locale governo.

In Sud America, gran parte delle manifestazioni si svolgerà in Brasile. Innanzi tutto a Porto Alegre, da dove durante il Forum sociale mondiale è stata lanciata la giornata del 19. Organizzano gli ‘Educatores para a Paz’. Ma mainifestazioni si svolgeranno anche a SanPaolo e San José.

La protesta toccherà naturalmente anche gli Stati Uniti: un appuntamento è previsto il venti a New York, organizzato dal ‘Progetto 20 marzo’ e ci saranno anche Los Angeles e Minneapolis. Ed infine il Canada: proteste a Montreal, Vancouver, Toronto, Ottawa e in una miriade di piccoli centri. Sarà Johannesburg, in Sud Africa, ad aprire la protesta il 19, dopo l’appello di ‘Stop the War Coalition. Seguirà il giorno successivo il Cairo in Egitto. (www.march19th.org)

Che il popolo della pace possa proseguire nella sua lenta ma efficace pressione presso la società civile affinché chi governa il mondo possa capire che è meglio vivere che morire, soprattutto quando a morire sono i sudditi e non i banditori delle guerre.

(15 marzo 2005)

Mario Arnoldi