Sciopero generale
CGIL CISL UIL 30 Novembre 2004
Dagli annali degli scioperi risulta che nel 1904 si attuava il primo sciopero generale della storia. Sono passati cento anni di lotte di operai e lavoratori di ogni settore produttivo. Lo sciopero generale ha la specificità di coinvolgere tutte le categorie, e non una sola come quello del 15 novembre scorso che riguardava la scuola contro Trascrivo, da uno dei più completi e chiari volantini che ho letto, le molteplici motivazioni della mobilitazione odierna. Penso sia opportuno il ripasso dei contro e dei pro, infatti una parte della popolazione, per la complessità della fase attuale, non sa esattamente per che cosa si sciopera. Cgil Cisl Uil, Sciopero generale di 4 ore, martedì 30 novembre 2004 Contro la Finanziaria 2005 ingiusta sbagliata e inadatta alla gravità della situazione economica produttiva e sociale, che rende il Paese più povero, più sfiduciato, più affaticato. Contro la riforma fiscale iniqua perché elimina la progressività delle imposte premiando i ceti più ricchi, inutile perché non rilancerà consumi, sbagliata perché sottrae risorse agli investimenti e al rafforzamento del Welfare nazionale e locale, producendo così una riduzione o un maggior onere a carico dei cittadini nell’erogazione dei servizi. Per una differente politica delle entrate a cominciare da una vera lotta all’evasione fiscale e contributiva, da un rafforzamento delle aliquote sulle rendite finanziarie e dalla riduzione delle spese militari. Per la piena occupazione e un lavoro di qualità. Per il rafforzamento del potere d’acquisto di retribuzioni e pensioni. Per iniziative efficaci e concordate finalizzate alla riduzione dei prezzi e al contenimento delle tariffe. Per la conclusione dei contratti aperti. Per rilanciare l’economia, caratterizzata da una crisi produttiva e occupazionale Per un Welfare di qualità attraverso l’adeguamento reale del Fondo Sanitario Nazionale, il finanziamento del Fondo Nazionale per la non autosufficienza, per il rafforzamento delle risorse per le politiche sociali e abitative, per il finanziamento degli ammortizzatori sociali, per specifici provvedimenti di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. All’interno del volantino appena riportato mi sembra opportuno evidenziare alcuni problemi urgenti, che, assieme agli altri, mettono in questione tutta la politica del governo. L’abbandono del Mezzogiorno. E’ interessante vedere come, forse per la prima volta nella storia, la Confindustria si associ ai sindacati nel richiedere una maggiore attenzione ai problemi del SudItalia. La convergenza tra l’organizzazione padronale e quelle dei lavoratori non è di per sé da teorizzare come norma di lotta, il capitale ed il lavoro rimangono pur sempre parti contrapposte, ma l’attuale consonanza è significativa della gravità della situazione del governo che ha agito per tre anni secondo interessi di parte e non per il bene comune e solo ora, all’approssimarsi di scadenze elettorali, cerca di proporre manovre all’apparenza generose per i più, ma di fatto ancora una volta in favore di pochi. Sindacati, Confindustria ed altre tredici organizzazioni hanno inviato una lettera congiunta a Berlusconi, è notizia di questi giorni, per tornare a ricordargli le proposte per il SudItalia, già da tempo pattuite. Non chiedono cose inattuabili. Vogliono vedere il premier per illustrare le proposte per il Mezzogiorno che, unitariamente, hanno formulato in un documento. E vogliono verificare la possibilità che queste vengano inserite tra i provvedimenti legati alla Finanziaria. Le proposte sono finalizzate alla crescita dell’economia e dell’occupazione del SudItalia e sono al centro della strategia di sviluppo di tutto il paese, che richiede politiche strutturali tese a realizzare la nuova fase di sviluppo equilibrato e capace di proiettarsi nel tempo. Occorrono scelte orientate a far ripartite una stagione di investimenti pubblici e privati, creando le condizioni per tornare ad attrarre anche capitali internazionali. Abbiamo detto, affermano sindacati e Confindustria, che avremmo preferito una manovra centrata sulla riduzione del costo del lavoro, abbiamo preso atto della scelta del governo di intervenire invece sui redditi delle persone fisiche, con conseguenze minime per i meno abbienti ed invece consistenti per i ricchi. Molto significativa inoltre la denuncia del leader della Confindustria che accusa il governo di agire in base ad una semplice tattica elettorale (dai media del 29 novembre appena trascorso). Un’ultima riflessione mi sembra di particolare importanza. Quella espressa da Loris Campetti. Mentre il governo sta scannandosi sulla finanziaria più contestata della storia recente, quella che taglia le ali già ferite del Mezzogiorno e contro cui, alla fine, Ggil, Cisl e Uil sono state costrette a dichiarare uno sciopero generale, sta esplodendo in Italia la questione sociale. In un contesto di precarizzazione e insicurezza che unifica in una condizione materiale insopportabile le figure sociali che il liberismo aveva frantumato. Non esistono più garantiti, dai call center alle linee di montaggio, dalle università agli ospedali, siamo tutti precari. Per legge e per crisi. Anche chi non è stretto dalla morsa del lavoro a termine, a chiamata, a contratto, al nero, in cassa integrazione, in amministrazione controllata, in attesa di finirci deve fare i conti con la compressione dei servizi sociali fondamentali, dalla scuola alla sanità. Chi ha una famiglia non arriva a fine mese con lo stipendio, chi non ce l’ha non potrà farsela perché per le nuove generazioni il futuro è senza volto e chi ha oggi vent’anni sa che vivrà peggio dei propri genitori. Non sarebbe il caso di partire da questa emergenza sociale? E’ capace l’opposizione al governo Berlusconi di tracciare un sentiero diverso, lungo cui incamminarsi per rompere la spirale suicida che sta affondando l’economia e la società del nostro paese? E, soprattutto, ne ha la voglia? ( il manifesto, 18 novembre 2004). I motivi per scioperare sono più che sufficienti, anzi gravissimi! (30 novembre 2004) Mario Arnoldi |