Chiedo congedo a voi
L’addio a Tom Benetollo
Il presidente dell’Arci è mancato domenica 20 giugno al Policlinico di Roma. Si era sentito male il giorno precedente ad un convegno de il manifesto nel quale si cercava di fare un bilancio della campagna lanciata da quel quotidiano su la "democrazia preventiva", sulla partecipazione dal basso alla politica, sul pacifismo dei movimenti per un mondo diverso. E’ crollato, mentre parlava, per un aneurisma all’aorta e per la conseguente emorragia. A nulla sono valsi i primi soccorsi di Gino Strada, presente alla riunione insieme con Rinaldini, della Fiom, ed a gran parte dei redattori. Ai riti d’addio, a ricordare l’impegno politico del "compagno Tom" ci pensa Nuccio Iovene, senatore Ds, da sempre vicino all’Arci, di cui è stato anche presidente. Ne ricorda l’adolescenza a Padova, città "crocevia degli opposti estremismi", gli anni Sessanta e l’ammirazione verso il movimento americano per la pace (coerenza di una vita: dietro il feretro un’enorme bandiera con lo slogan "Con i pacifisti americani contro la guerra") che lo porterà a prendere il cammino della "non violenza" e del dialogo con tutti. ("Era uno che sapeva aspettare i tempi degli altri", sottolineerà poi un nipote). Ricorda l’impegno nella Jugoslavia che veniva giù, le mille iniziative da Villa Literno alla Palestina, dall’Iraq al G8 di Genova. L’idea, l’ultima, di scegliere un giorno dell’anno e volantinare poesie. Troppe le iniziative, per tenerle insieme, quelle contro il nucleare a Comiso, contro i missili puntati su Mosca e i missili in generale. Ricorda quella morte che l’ha trovato mentre questo "artigiano della politica", che lavora con cura ogni suo pezzo, era al lavoro, come sempre. Legge anche una poesia di Giorgio Caproni, "Congedo del viaggiatore cerimonioso" che commuove e fa riconoscere tutti e della quale è riprodotta la strofe suggestiva in inizio di pagina. E’ stato uno dei pochi che avevano capito vent’anni fa il futuro del pacifismo, uno di quelli che l’hanno modellato anticipando il movimento di oggi. Ad Antonella Marrone, che gli chiede un’intervista al telefono sul movimento per la pace, risponde d’acchito: "Siamo di fronte ad un fenomeno veramente inarrestabile. Il movimento oggi è forte, autogovernato e in un certo senso irrappresentabile". D. In che senso? "Nel senso della realpolitik, quella che vorrebbe farci fuori. Ci vivono come un soggetto politico ingombrante, eppure siamo stati capaci di cambiare le dinamiche politiche degli ultimi vent’anni, dal 1981 ad oggi abbiamo costruito una grande rete nazionale ed internazionale che è riuscita a portare dentro anche componenti importati di quella politica "realista" oggi molto legate al movimento. E’ un problema loro se vogliono negarci l’evidenza, negare la presenza di movimenti forti, parlo di quello per la pace, ma anche di quello sindacale, facciano pure. A noi interessa il confronto diretto con le questioni, il movimento per la pace lavora in profondità. Dobbiamo cercare forme di organizzazione per dare alla pace la caratura di un progetto politico. La vertenza si preannuncia infinita, nonostante i saldi ancoraggi che abbiamo costruito con la società e la politica, nonostante i milioni scesi in piazza contro la guerra e contro un sistema che per vivere ha bisogno della guerra." D. Sarà possibile far capire che la pace va oltre la piazza e oltre la guerra? Che è uno stile di vita? "I tempi del movimento sono lunghi, direi geologici, ma nessuno può pensare di tornare indietro o di dare un giudizio negativo sulla base di una politica che vuol essere reale, ma che è invece lontana dallo sviluppo politico della società." D. L’informazione dà una bella mano a questa politica realista? "L’informazione, come la realpolitik, tende a negare la piazza. Dice, la politica estera di un paese non la può fare la piazza. Ma dietro la piazza ci sono persone, teste, passioni. Guarda Melfi, dietro quella vittoria c’è la piazza e c’è un signore che non va a caccia di telecamere o protagonismo. Si chiama Rinaldini. L’informazione non ne parla, non ne ha parlato. Ma ci sono donne e uomini che stanno dietro alla piazza. E che fanno politica cercando il contatto coi problemi. Dovrebbero farlo anche i giornalisti, per dare informazione". (L’Unità, 21-22 giugno 2004). Particolarmente significative sono le testimonianze dei compagni de il manifesto, presenti alla riunione nella quale Tom è crollato mentre parlava. Gabriele Polo sottolinea il contributo di Tom per una nuova dimensione dell’agire pubblico, che ridia significato e senso ad un termine decaduto, politica. Sottolinea la sua concezione della democrazia non formale ma sostanziale, basata sulla verifica costante della rappresentanza e del merito che vuol esprimere e la sua visione della pace come progetto politico. Gianni Rinaldini afferma ci ponevamo gli stessi problemi e compivamo lo stesso percorso. Luciana Castellina evidenzia il grande lavoro di raccordo tra le varie anime del movimento, da quelle laiche alle cattoliche, da quelle tendenzialmente moderate a quelle più radicali, in nome di una visione non generalista e superficialmente ecumenica, ma con la precisa coscienza della controparte da affrontare e la visione chiara dei veri e falsi amici e compagni di viaggio. Loris Campetti, infine, elenca la moltitudine dei presenti ai funerali. C’erano tutti, politici sinceri e non, forse però tutti addolorati allo stesso modo. C’erano sindacalisti in lacrime e sindacalisti più composti. C’erano comunisti e cattolici, onorevoli e non. L’elenco è troppo lungo, provo a farlo e scontenterò quasi tutti. Gli interi gruppi dirigenti dei Ds e di Rifondazione, dei Verdi e del Pcdi. C’erano le segreterie della Cgil e della Fiom al completo. C’erano Rosi Bindi e Willer Bordon. C’erano compagni che da Tom hanno ricevuto molto e poi hanno fatto strada, altri che a loro volta non smettono di dare. C’erano Occhetto e Di Pietro, Cofferati e Serventi Longhi. C’era l’universo del volontariato e c’era l’ambientalismo, Legambiente e non solo. C’erano Pietro Ingrao e Aldo Tortorella. Tutte le anime dell’universo no-global e pacifista che è anche grazie a Tom e al suo lavoro se sono rimaste insieme. Ma c’era, soprattutto, ogni gamba della società che cammina e camminando semina pratiche nuove. Fa politica in un altro modo. Vive in un altro modo, in un altro mondo. C’era la gente di Tom, un po’ più sola ma convinta ancora che l’autonomia del movimento è un bene troppo prezioso per metterla sul mercato. E’ come l’acqua e come l’acqua non si può privatizzare. Ciao Tom, la terra ti sia lieve e il vento ci aiuti tutti quanti, ci spinga avanti. (il manifesto, 22-23 giugno 2004) (1 luglio 2004) Mario Arnoldi |