L’imperscrutabile legge della violenza
e la fragile primavera di pace
La cronaca di questi ultimi venti giorni si è trasformata in un drammatico bollettino di guerra quotidiano, con un crescendo di violenza che pensavamo ormai avesse avuto il suo culmine con le guerre ed i terrorismi precedentemente scoppiati. Ricorderò i fatti principali, perché c’è il rischio che la memoria non riesca a tenerne il conto. 11 marzo. Strage sui treni dei pendolari a Madrid. 190 morti e diversi feriti gravi. Gli attentati avvengono a pochi giorni dalle elezioni. Gli autori sono l’Eta oppure Al Qaeda? La differenza è grande per le conseguenze puramente interne o internazionali. Cresce in ogni caso l’allarme attentati in tutta Europa. 14 marzo. Alle elezioni spagnole crollano i popolari per la politica filoamericana svolta sulla guerra in Iraq e accusati inoltre di aver mentito sugli autori degli attentati. Dopo otto anni il Psoe torna al governo. Zapatero, il vincitore, promette il ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq entro il 31 giugno se l’Onu non interverrà a compiere azione d’intermediazione. Molta parte della destra italiana reagisce con rabbia ed afferma che nelle elezioni spagnole ha vinto il terrorismo e chi manifesterà per la pace il 20 sarà in collusione con esso. La dirigenza Rai riesce a non mandare in onda, per una pretestuosa sovrapposizione, la trasmissione televisiva di Rai 3 Ballarò, dedicata al successo di Zapatero. 17 marzo. Autobomba fa strage a Bagdad. Almeno 30 morti. Sangue sull’anniversario della guerra all’Iraq. 18 marzo. In Italia, posizioni contrastanti per la manifestazione bipartisan del 18 contro il terrorismo, indetta dall’ANCI, l’Associazione dei Comuni italiani.Tra guerra e terrorismo quale la causa uno dell’altro? Naturalmente le risposte sono diametralmente opposte a destra ed a sinistra. I Ds ed altri appartenenti ai partiti dell’opposizione partecipano alla manifestazione accanto alla destra, sia pure sotto i gonfaloni dei comuni, nonostante le dissuasioni della sinistra più radicale. 18 marzo. Il Kosovo è nuovamente in fiamme cinque anni dopo i bombardamenti umanitari. E’ una vera caccia al serbo, esplosa per un fatto fortuito, di cui non si sa neppure la vera natura, dietro il quale si nasconde palesemente il vecchio conflitto. E’ pulizia etnica, è un pogrom, 31 morti quasi tutti serbi kosovari. Bruciano case, villaggi, monasteri ortodossi. Ritardi nell’intervenire del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. 20 marzo. Promossa inizialmente dai movimenti statunitensi, manifestazioni pacifiste si svolgono nelle grandi città di molta parte del globo, contro la guerra e per il ritiro delle truppe americane e straniere dall’Iraq. A Roma più di un milione di partecipanti da ogni parte d’Italia e da altri paesi. I DS, Fassino in particolare, vengono fischiati e costretti a ritirarsi, a causa della posizione ambigua per la partecipazione alla manifestazione del 18. 22 marzo. Razzi israeliani uccidono il leader di Hamas, Ahmed Yassin, all’uscita da una moschea. L’attacco è deciso da Sharon: colpire è nostro diritto. Sdegno arabo, protesta dell’Europa, gli Usa affermano il diritto di difesa d’Israele, ma mettono in guardia dalle conseguenze di atti estremi. Un grande corteo solca Gaza con la salma dello sceicco cieco, paraplegico, tra roghi di copertoni in fiamme. Hamas: ora si aprono le porte dell’inferno, li colpiremo ovunque, moriranno centinaia di sionisti (da distinguere marcatamente dagli ebrei nel loro complesso). Nei giorni seguenti, fatti di sangue continuano ad esplodere nei luoghi dei principali conflitti. Particolarmente drammatico e commovente il caso del bambino fermato in tempo al posto di blocco di Nablus, che indossava un giubbotto esplosivo per un nuovo attentato kamikaze. L’uccisione di Yassin, riferisce la rubrica d’approfondimento Radio 3 Mondo, potrebbe essere un nuovo spartiacque per il Medio Oriente intero: in Palestina e in tutte le capitali arabe si sono svolte grandi manifestazioni popolari. Aldo Baquis, giornalista dell’Ansa da Tel Aviv, ci dice che ora si teme anche per la vita di Arafat e che intanto è difficile prevedere chi prenderà il posto di Yassin come capo di Hamas, ribadisce che l’eliminazione dello sceicco fa parte dell’idea di Sharon di lasciare i territori di Gaza non da sconfitti. Inoltre i vertici militari israeliani vedono Gaza come una base avanzata del terrorismo internazionale e per questo fanno i loro raid giornalieri nella zona. Antonio Ferrari, corrispondente del Corriere della Sera, che ha intervistato il re Abdallah di Giordania, testimonia l’imbarazzo dei leader mussulmani moderati di fronte all’accaduto, fa notare come le manifestazioni siano state pacifiste e come invece sia facilmente prevedibile un’intensificarsi di episodi sanguinosi; secondo il re, dice Ferrari, l’Europa è un obiettivo secondario del terrorismo rispetto ai paesi arabi moderati che vorrebbero risolvere i problemi, mentre questo crimine riporta il popolo dalla parte del terrorismo e di Al Qaeda. Egli conclude che per affrontare questo problema bisogna assolutamente risolvere la questione israelo-palestinese. Nei giorni successivi le riflessioni evolvono in queste stesse direzioni. Titolavo questi appunti di viaggio l’imperscrutabile legge della violenza. L’umanità non è ancora giunta purtroppo alla coscienza dell’inevitabilità dell’autodistruzione attraverso la spirale della guerra e del terrorismo. Troppi sono ancora coloro che teorizzano che è necessario combattere il terrorismo con la guerra, non accorgendosi che gli effetti sono diametralmente opposti da quelli che si prefiggono. Né le teorie, filosofiche o religiose, né le pratiche di pace hanno presa presso i sostenitori della guerra. Il popolo della pace, numeroso e sparso in tutto il mondo, pur con le sue divisioni interne, che considero contraddizioni secondarie che non dovrebbero essere enfatizzate più di tanto, ha un andamento a parabola e, dopo una fase di coraggiosa proposta, al risorgere dei conflitti sempre più gravi, ha delle flessioni di sano ripensamento teorico e pratico. E’ normale, di fronte alla gravità degli avvenimenti citati. Tuttavia sa risorgere e solo sul movimento pacifista si può puntare per una primavera dell’umanità che sappia comporre i conflitti con la mediazione politica. (1 aprile 2004) Mario Arnoldi |