25 aprile 2003
LA DISTRUZIONE DELLA MEMORIA GENERA MOSTRI
Il 25 aprile è ricco di spunti: la carrellata sulle distruzioni operate dalla II guerra mondiale ed in particolare sullo sterminio di più di sei milioni di ebrei, la fine difficile della guerra, la resistenza e la liberazione del territorio nazionale italiano dal nemico, il rinnovamento continuo della memoria affinché quanto è successo non si ripeta più. Mai più guerre! è stato il grido degli spiriti più nobili, alla metà del secolo scorso.
Ogni anno questa data d’aprile si presenta non tanto per inchiodarci ad un passato che non c’è più, quanto piuttosto per ricordarci il pericolo perenne che quel passato ritorni o sia rivisitato in modo distorto, soprattutto dopo la scomparsa di molti dei testimoni che hanno combattuto e versato il sangue. Negli anni scorsi ci siamo soffermati su questi aspetti ed ogni giorno dovrebbe essere per noi il 25 aprile del superamento della distruzione e del proposito della ricostruzione di una storia non conflittuale. Allargando lo sguardo all’aprile 2003 dell’Iraq, dopo la morte voluta o accidentale dei civili, dopo lo scardinamento delle strutture ed infrastrutture del paese e del regime di Saddam Hussein, di cui ci siamo già interessati, abbiamo assistito alla distruzione delle memorie dei grandi siti archeologici di tutto il paese, all’incendio della Biblioteca nazionale di Baghdad, al saccheggio del Museo archeologico nazionale della capitale e delle città antiche che si trovano, o si trovavano, sulle vie di comunicazione affiancate ai due grandi fiumi, il Tigri e l’Eufrate. Questi, con le loro acque, sono stati la causa, insieme ad altre materie prime, della floridezza dell’antica Mesopotamia, terra appunto tra i due fiumi, così come il Nilo era stato la causa del nascere e della floridezza di una civiltà altrettanto gloriosa in Egitto. "Mentre dunque nelle altre zone del Mediterraneo e dell’Asia medio-orientale la dimensione politica si esauriva ancora nelle città-stato a livello neolitico, in Egitto ed in Mesopotamia nascevano, già alla fine del IV millennio avanti Cristo, grandi regni ed imperi, capaci di promuovere l’estrazione e l’uso dei metalli e di istituire una macchina amministrativa molto complessa. Furono proprio le conseguenti esigenze di comunicazione e di registrazione anagrafico-burocratica a stimolare la scoperta precoce della scrittura: in Egitto la geroglifica (ideografica) e la demotica (sillabica), in Mesopotamia la cuneiforme (sillabica), documentate già alla fine del IV millennio. La cuneiforme sevì le principali civiltà della Mesopotamia, dalla più antica, la sumera, all’accadica, alla babilonese e all’assira, di poco più recenti. Ma, nata per ragioni di ordine pratico, la scrittura trovò subito impiego anche nella conservazione di antichi testi poetici, sapienziali e religiosi, nonché nella creazione di nuovi scritti. Nasceva così la letteratura quando i Greci ed i Romani erano ancora popolazioni nomadi." (Giovanni Cerri, docente di Grecistica presso l’Orientale di Napoli, in Liberazione, 14 aprile 2003). "Non c’è posto dove si legga meglio la nascita e la crisi dei processi che danno vita alla modernità. La gestione delle risorse, delle vie di comunicazione, del potere. E poi l’arte, la burocrazia, la scrittura, ecc.". Così si esprime, a sua volta, in un’intervista rilasciata a Paolo Rumiz su La Repubblica del 16 febbraio 2003, Giovanni Bergamini, archeologo e direttore del Museo Egizio di Torino, che per quindici anni, dal 1974 alla Guerra del Golfo, ha scavato i siti favolosi dell’antichità mesopotamica. Sarebbe interessante ricordare i reperti di queste antiche civiltà. Nel sito archeologico di Ur, città sumera, si potevano ammirare, non si sa se ancora oggi, i resti di una ziqqurat, una di quelle torri tipiche della civiltà mesopotamica che furono all’origine del racconto biblico della Torre di Babele. Tanti reperti sono stati trafugati o nascosti dagli iracheni stessi, colpiti dalla fame e dalla miseria di dodici anni di embargo, con la tolleranza o la complicità dei soldati americani, allo scopo, probabilmente, di poterli vendere ad altri musei del mondo per trarne profitto. La successione delle civiltà citate non avvenne a caso. Sono il frutto dell’oblio di ciò che è stato costruito precedentemente, oblio che distrugge per ricostruire, strana dinamica della storia umana!, oblio che genera guerre tra popolazioni diverse che lottano per possedere le materie prime, e le strutture per commerciarle, senza preoccuparsi dell’ "altro" che già preesiste. La guerra non è un fatto nuovo nella storia e la distruzione che essa comporta è un danno gravissimo per la capitalizzazione del patrimonio umano in ogni campo della civiltà. L’oblio delle acquisizioni del passato genera guerre di conquista e le guerre a loro volta producono distruzione. E’ una successione perversa che purtroppo si ripete continuamente. L’Iraq, come l’antica Mesopotamia che l’ ha preceduta, è sempre stata dilacerata da guerre per il controllo delle materie prime, dice ancora Bergamini. Oggi c’è il petrolio, nel secondo millennio avanti Cristo c’era lo stagno. Chi aveva il rame non aveva lo stagno per fare armi e utensili in bronzo. Lo stagno stava in Iran, sui monti Zagros, verso l’Afghanistan. Bisognava importarlo in condizioni di sicurezza. Così tutti lottarono per il controllo di quella strada ai lati del Tigri e dell’Eufrate e fecero razzie, distruzione e carestie. La cancellazione di chi ha vissuto prima di noi ed ha costruito, e col quale si sarebbe potuto collaborare per migliorare la vita, porta a sua volta i semi della distruzione e della morte. La guerra di oggi in Iraq ha una malizia particolare per lo sviluppo altamente sofisticato della tecnologia delle armi e per il progetto d’espansione globale di Bush di cui l’Iraq è solo una tappa. Molte altre potrebbero essere le riflessioni suggerite da questo 25 aprile, ampliato all’Iraq. Leopardi, contemplando il susseguirsi delle civiltà storiche, che si divorano in una successione di morte, ha fatto osservazioni acute di ordine esistenziale, che accetto ed amo. Allo stesso tempo, storicamente, auspico che la distruttività umana, poiché ha raggiunto livelli inauditi, giunga ad una soluzione concordata dei conflitti e ad invertire il corso degli eventi stessi. (25 aprile 2003) Mario Arnoldi |