Il petrolio val bene un massacro
Di fronte ad avvenimenti di grande tragicità, come quello consumatosi al Teatro della morte di Mosca, come per altro quello dell’11 settembre dello scorso anno, il primo atteggiamento che mi assale è di sgomento, dolore, cordoglio per le vittime di ogni parte. E mi spinge un interiore impulso al silenzio ed alla riflessione e, come estremo conforto, mi appiglio a testi importanti che mi permettono di oggettivare il tumulto dei sentimenti. A poco a poco torna la capacità di riflettere, ma in questa fase non riuscirò a dire altro che "qualche sorta sillaba". Il tragico evento di Mosca si innesta sulla scia di quell’11 settembre, già citato, inizio o disvelamento di conflitti di grandezza inusitata. Più volte sono tornato su questi avvenimenti con analisi più articolate, ora indico solo la successione degli eventi con semplici titoli: secolare invadenza, a scopo di rapina, da parte dei popoli più forti verso i più deboli ma ricchi di materie prime; lo straniero, il diverso trasformato in nemico, in cattivo da combattere e da eliminare; reazione da parte di una fascia degli oppressi con lo stesso esecrabile strumento della morte; sofferenza dei più, cioè di tutti coloro che vorrebbero comporre gli inevitabili conflitti con la contrattazione e tendere alla pace che nasce dalla giustizia. La spirale della violenza, in questo modo, sembra tristemente amplificarsi. Pietro Ingrao, in ripetute interviste ed articoli apparsi in questi ultimi tempi su diversi quotidiani, ricorda come nel ‘900, alla fine della seconda guerra mondiale, gli uomini giusti si fossero scambiati la parola liberatrice "mai più guerre!" e si chiede dove è stato nascosto il programma del disarmo del quale ormai non si sente più parlare e deplora che anche in Italia si voglia ignorare l’articolo 11 della Costituzione, che contempla la guerra solo in caso di aggressione subita. Vede tuttavia parallelamente diversi gruppi di uomini giusti che vogliono un mondo diverso basato sulla giustizia e sulla conseguente pace e quasi si rammarica di averli scoperti tardi negli anni. Paolo Ricca, teologo valdese, su L’Unità di ieri, 31 ottobre, parla di giustizia, indulto e clemenza e afferma che giustizia e perdono sono entrambi essenziali tanto nella vita delle singole persone quanto in quella dei popoli e delle società. Queste riflessioni sono state espresse domenica scorsa, 27 ottobre, in Campidoglio in un incontro organizzato dal Comune di Roma e dall’associazione laica "Biblia". Per altro ho ascoltato sia Ricca sia Ingrao, come i due testi di Brecht ed il Salmo 85, all’Eremo di Montegiove di Fano, negli incontri che si susseguono nel periodo estivo, frequentati da credenti e non credenti, da appartenenti a religioni e culture diverse, tutti accomunati dall’unico desiderio del fine del bene comune. La cruda realtà della guerra e dello sterminio, quindi, non ci deve togliere la speranza che diverse generazioni di pacifisti, presenti in ogni nazione del mondo, come negli Stati Uniti ed in Russia, ci propongono continuamente. Il "come" della speranza dobbiamo inventarlo giorno per giorno tutti noi. "No al sangue in cambio del petrolio" e "La guerra non è la risposta" sono due dei tanti striscioni portati da migliaia di persone in manifestazione. Da questi sentimenti di pace operativa ricomincia la speranza. (1 novembre 2002) Mario Arnoldi |