Quali crocifissi?
Invito ad appendere alla parete delle aule scolastiche tutti i crocifissi, cioè le vittime, della storia e dell’attualità, disegnati dagli studenti d’ogni età, grado e nazionalità, con la guida degli insegnanti. Cominciando dalle epoche più vicine, farei dipingere i crocifissi delle crociate e delle guerre di religione che insanguinarono l’Oriente e l’Europa per tanti secoli; gli indiani d’America del Nord e del Sud, privi di cavalli e di polvere da sparo, che caddero sotto i colpi dei conquistatori europei, presunti portatori di civiltà, di fatto in cerca di terre per espandersi, seminando morte tra chi si contrapponeva al loro cammino; i crocifissi degli imperi coloniali, anch’essi portatori di civiltà, guidati dal desiderio di sfruttamento e oppressione dei popoli più deboli ma più ricchi di risorse. Esorterei a disegnare gli ebrei crocifissi dei ghetti, dei pogrom, dei campi di concentramento e di sterminio, ad opera di schegge impazzite, sorte nel cuore dell’Europa, che, erede del Sacro Romano Impero, avrebbe dovuto eccellere nei valori di giustizia e pace. Purtroppo gli imperi si tramandano la staffetta della morte. Solleciterei a dipingere i neri schiavizzati; i curdi ai quali, pur avendo una terra, è negata una legittima nazione; i palestinesi che da centocinquant’ anni vivono nei campi profughi, estromessi dalla terra che avevano abitato e coltivato e che negli ultimi anni ed in questi giorni, a poco a poco vengono sterminati, senza che il mondo insorga perché ha interesse che le cose vadano così. Inviterei a rappresentare i poveri del mondo, il miliardo di persone che vive con un dollaro il giorno ed è destinato all’estinzione; i nuovi poveri dei paesi ricchi; i bambini sfruttati col lavoro, o, peggio, manipolati nel loro corpo dalle perversioni degli adulti potenti; le donne rese mercato nelle parti del mondo che non distinguono il sano erotismo dal marciume del mercimonio, o alle quali, in altre parti, è impedito mostrare il loro volto di bellezza e vivere l’amore serenamente, o vengono sepolte e lapidate perché hanno dato alla luce un figlio senza il consenso delle leggi violente. Solleciterei a descrivere persone dilacerate dalle guerre e dal terrorismo d’ogni genere: come nel grande quadro di Picasso, braccia, gambe, teste disarticolate, vittime dei potenti che si contendono il denaro del mondo. Poche sono le guerre che possono addurre una credibile giustificazione di difesa. Segnerei le impronte digitali di tutti i signori delle guerre. Farei affiggere, ingigantiti, i volti delle vittime dell’invidia umana, grandi profeti per le generazioni future: Gesù di Nazareth, che ebbe il coraggio di opporsi al potere in nome di una giustizia maggiore; i mistici dell’Islam; Budda, profeta di conciliazione e di serenità interiore; Gandhi, che col pacifismo vinse la guerra di liberazione; Martin Luther King, difensore dei diritti dei neri, simbolo della difesa dei diritti di ogni minoranza e di ogni persona; e tanti eroi conosciuti e sconosciuti che danno la speranza della storia. Il grande quadro dell’aula scolastica non finisce con la morte. In una seconda parete, altra unità didattica, due ore la settimana come per la precedente, farei esprimere in modo figurato, dagli studenti delle diverse culture, la terra e la natura delle loro zone d’origine, le arti ed i mestieri, gli usi ed i costumi, i valori ed i segni delle loro religioni. Infine, in una terza parete, darei spazio agli studenti per tratteggiare il mondo che sperano, multicolore, multietnico, il desiderio di felicità e tutto ciò che appartiene al non ancora della loro vita. Questa visione dantesca è l’espressione dell’identità di ciascuno e non l’imposizione dell’ospitante sull’ospitato. La terra, per altro, non dovrebbe essere di tutti? Perché i potenti proclamano a gran voce e nella realtà la globalizzazione della produzione e del mercato e non la proprietà universale della terra dalla quale si attinge la vita? Le grandi migrazioni, sia del regno animale sia delle persone umane sono state e sono il fondamento del ricambio e dell’arricchimento dell’esistenza. Ciò che è ingiusto è la strumentalizzazione di tali spostamenti. Da dove nasce quest’insana pretesa di coltivare il proprio orto escludendo gli altri? Quanto ci arrabbiamo d’estate al mare quando non troviamo più un lembo di spiaggia libera per fruire, senza sottometterci ad altri, della terra e del mare comune, o in montagna quando non troviamo un fazzoletto di prato su cui riposare! Fatte le debite proporzioni, quanto più dovremmo arrabbiarci per le privatizzazioni indebite su larga scala! Se si realizzasse nella scuola l’interazione di persone e di valori diversi, s’insegni pure, nelle altre ore, l’inglese, l’informatica e l’impresa. Quest’ultime, se non sono sostanziate dal cuore delle persone che si integrano, sarebbero pura esteriorità, atta a tramandare solo l’impulso del possesso. Ho lasciato libera una parete. E’ quella dell’insegnante, collegialmente presente con gli studenti. Questi ha il diritto dovere di libertà di parola, che è allo stesso tempo memoria del passato e suggestioni per il futuro. Non c’è sapere senza memoria, sia in campo scientifico tecnologico sia in quello umanistico. Raccomandazione per insegnanti e dirigenti scolastici. Non preoccupatevi dell’eventuale imbrattamento arrecato alle pareti delle aule scolastiche. Ogni anno, per legge e per igiene, si è tenuti a tinteggiare in bianco le aule. Per ricominciare, è sottinteso, un nuovo affresco delle identità integrate! (1 ottobre 2002) Mario Arnoldi |