Antigone e Creonte
Resistenza e Potere
In questi giorni si sono rinnovate le manifestazioni che ricordano la Resistenza ed il 25 aprile, giorno della Liberazione per l’Italia e per l’Europa, che si è scrollata di dosso il "drago" che la attanagliava da tempo, sottomettendo le popolazioni che purtroppo non sempre avevano colto dall’inizio la sua malvagità. Quale malizia più grave di quella che toglie la libertà ai suoi sudditi, aprendo piste che portano a nefandezze peggiori! Resistenza di due soli anni? Liberazione di un giorno solo? Mi fa particolarmente piacere quando un "non addetto ai lavori" affronta un tema o una figura della letteratura moderna o antica. Egli porta, infatti, un taglio nuovo, meno tecnico, ma più esistenziale all’interpretazione dei testi. Gustavo Zagrebelsky, attualmente Giudice della Corte Costituzionale, su "La Stampa" del 17 marzo scorso affrontava la tragedia di Sofocle, Antigone. Compito non da poco. L’ho sentito successivamente il 18 aprile in una conferenza, presso l’Associazione Cultura e Sviluppo di Alessandria, sullo stesso argomento ed ho apprezzato il percorso artistico e giuridico politico del suo argomentare. Antigone, contrariamente all’editto del re di Tebe, Creonte, getta più volte alcune manciate di terra sul corpo ucciso del fratello Polinice, oppositore venuto a contrastare la patria e quindi condannato a non aver sepoltura. Antigone, per questa sua disobbedienza alla legge, è condannata ad essere murata viva, nonostante i suggerimenti contrari del veggente Tiresia e le suppliche del figlio dello stesso Creonte, Emone, legato d’amore per Antigone. La conclusione è indubbiamente tragica. Antigone è trovata morta appesa ad un laccio nella sua nicchia murata, Emone stesso si è ucciso sul corpo di lei. Il pentimento tardivo di Creonte non è servito a nulla, la legge tragica del potere ha avuto la meglio sulla vita. Zagrebelsky sintetizza in tre interpretazioni i tanti aspetti e commenti, pressoché inesauribili, della tragedia. Cogliendo spunti dall’una e dall’altra interpretazione, si può affermare che Antigone rappresenta i valori profondi ed originari della persona e del genere umano, valori affettivi, non nel senso deteriore ma nobile del termine, in altre parole tutto ciò che fa sì che le persone siano tali nelle loro differenziazioni da ogni altro elemento della natura, soprattutto la coscienza, il diritto al suo libero esercizio, la pietas reciproca, la comprensione, la collaborazione, la possibilità di associarsi per difendersi dagli elementi avversi e per collaborare alla crescita dei figli e delle persone stesse, in altre parole il riconoscimento dell’altro per unirsi a lui nella costruzione di una comunità di maturazione e di progresso, non certo per opprimerlo sfruttando eventuali posizioni di fortuna e di forza. Possiamo anche dire che Antigone rappresenta la società civile. Sono valori, questi, che spesso definiamo "femminili", non solo perché per lo più sono delegati alle donne il coltivarli, ma perché rappresentano una funzione d’accoglienza, d’accettazione, di contenimento, necessaria per passare ad ogni forma d’azione successiva. D’altro lato Creonte rappresenta il potere che non conosce ragioni e sentimenti umani, che trasforma il suo vero significato iniziale di "contratto sociale" tra le persone e le organizzazioni della società civile (per raggiungere il bene comune, per concretizzare scopi di vita feconda per la comunità e per porsi in rapporto con le altre società), nel suo contrario, in altre parole in esercizio gratuito di sopraffazione tesa all’autoconservazione, alla riproduzione dei suoi poteri, al soffocamento di chi vuol opporsi. Come è stato possibile che nel corso dei secoli queste due dimensioni della vita umana, egualmente necessarie all’esistenza, troppo spesso si siano contrapposte in modo violento ed inconciliabile? La riflessione su questo aspetto ci porterebbe lontano, le spiegazioni sono molteplici, ci fermiamo a constatare purtroppo il dato di fatto. "I diritti senza legge sono anarchia; la legge senza diritti è dispotismo" dice giustamente Zagrebelsky. Il punto d’arrivo dovrebbe essere che le due istanze dialoghino tra loro, ma questo purtroppo non è ancora avvenuto. Ed in questo la tragedia di Antigone si perpetua nei secoli. Gli esempi dalle situazioni di questi giorni sono molti. La memoria della Resistenza e della Liberazione non deve essere un gesto rituale che mette nelle nicchie gli eroi del passato, per tacitare le proprie coscienze e per dimenticare i problemi presenti. Il 13 maggio dello scorso anno, in occasione delle elezioni politiche italiane scrivevo il mio primo "appunto di viaggio" (i due o tre piccoli pezzi precedenti erano semplici esperimenti) dal titolo "Un voto contro il monopolio dei mezzi di comunicazione di massa". Si direbbe che oggi il cerchio si chiude. Ed altri fatti si vanno ad aggiungere alla potenza ingiustificata del potere, il tentativo di togliere i diritti acquisiti ai lavoratori, i progetti di legge che tolgono potere ai giudici, la generale tendenza europea a percorrere le vie della conservazione contro le paure del nuovo che avanza. Il tutto nonostante le piazze manifestino contro. Comprensibili sdoppiamenti del cittadino che vive e soffre le contraddizioni e del cittadino elettore! Probabilmente le stesse preoccupazioni lo spingono all’ambiguità. Ed anche questa purtroppo è sfruttata dal potere. Voglio gettare anch’io in questi giorni qualche manciata di terra, con sorella Antigone, sul corpo di Polinice, non per seppellirne la memoria, ma per fecondare i valori della persona e della società umana troppe volte umiliati e schiacciati. E andrò, come sempre, ad abbracciare i vecchi amici partigiani, quelli che hanno sacrificato la vita per la causa e quelli che vivono ancora per testimoniare contro la gravità della tirannia, che, nella confusione di allora, hanno saputo intuire da che parte stava la libertà. Tutti i morti sono uguali, è verità sacra, ma non tutte le scelte politiche sono ugualmente vere, e, per sostenere questa differenza di scelta, la resistenza non cessa mai. (25 aprile 2002) Mario Arnoldi |