Pace vita terra e libertà per il popolo palestinese
Otto marzo 2002. Una giornata del popolo palestinese che avremmo voluto diversa. Notizie dai giornali, telegiornali, agenzie di stampa, ecc. 33 palestinesi uccisi in meno di 24 ore. Sharon ha scatenato il suo esercito contro le strutture dell’autonomia palestinese e contro i campi profughi. Tra le vittime di oggi un alto dirigente della sicurezza, un bambino di 10 anni e un direttore d’ospedale. Nel mirino delle truppe di Tel Aviv tutti gli edifici della polizia palestinese. Il capo della polizia palestinese ed il suo staff sono sfuggiti per miracolo questa mattina ad un attacco missilistico a sud di Gaza ed è tuttora in corso un raid aereo nella zona di Hebron e poco fa è stato ucciso un palestinese in uno dei campi profughi presso Betlemme. E’ l’ultima vittima dello stillicidio di morti che ha insanguinato la giornata. Sono quindi 34 i morti, ma il bilancio rischia di aumentare. Molti feriti gravi non hanno ricevuto ancora cura. I soldati israeliani hanno ricevuto l’ordine di bloccare le ambulanze. Da Ginevra la Croce Rossa internazionale ha condannato gli spari contro le ambulanze. In due giorni sono stati uccisi tre medici e due volontari della Mezzaluna Rossa palestinese. Dalla sua prigionia di Ramallah, Arafat ha parlato per telefono con il segretario di Stato americano Colin Powell, ha chiesto un intervento immediato degli Stati Uniti per far cessare i massacri. Ed è a nome di tutta l’Unione Europea che il governo spagnolo, presidente di turno dei 15, ha trasmesso alle autorità israeliane una protesta formale per i bombardamenti contro gli uffici di Arafat. Il sottosegretario agli esteri spagnolo ha convocato l’ambasciatore israeliano in Spagna. Purtroppo la cronaca di questa giornata non è un fatto isolato, ma va ripetendosi pressoché ogni giorno, con la penalizzazione soprattutto di coloro che sono stati cacciati dai primi insediamenti di fine ottocento e di primo novecento sino ad oggi, cioè i palestinesi, problema su cui tornerò nuovamente. Tra i commenti della giornata, su Rai Uno, al telegiornale delle ore 20, Igor Man si è espresso con toni di preoccupazione ed a Radio Popolare, o più precisamente Popolare Network, Piero Scaramucci ha espresso le stesse inquietudini in forma breve ma chiara e con accenni di soluzioni e di prospettive. Cercherò di riprendere in modo esaustivo gli interventi, soprattutto il secondo. Una guerra che nessuno può vincere. Gli uni e gli altri possono solo perdere vite umane e sicurezza. E tuttavia nel progetto di Sharon, nel progetto della destra israeliana, che ha portato negli ultimi anni ad alimentare gli scontri, in quel progetto c’è un proposito che si realizza a piccoli passi, giorno dopo giorno: mentre si spara, mentre esplodono kamikaze, mentre s’instaurano feroci posti di blocco, mentre irrompono le forze armate nei campi, contemporaneamente avanzano gli insediamenti di coloni, si distruggono istituzioni palestinesi, si demoliscono infrastrutture, si eliminano dirigenti palestinesi, si alimenta la paura nella popolazione israeliana, insomma si minano i presupposti dello stato palestinese. Questo sta avvenendo, ma se cade nei fatti il progetto dei due stati, cade qualsiasi possibilità di pace. E i nemici del progetto di due stati sono in entrambi i campi. Non è possibile una vittoria militare. Solo un intervento nuovo, esterno, potrebbe bloccare il massacro, ma i paesi arabi se la prendono con calma. L’Occidente così pronto a missioni in Somalia, Bosnia, Kosovo, qui lascia fare. Per esattezza gli Stati Uniti lasciano fare e senza il loro consenso non è possibile né una forza d’interposizione né un’utile pressione politica ed economica nell’avvio di un progetto come quello saudita. E così tutto torna disperatamente a ricadere su quelle popolazioni. Ai palestinesi resta in questo momento la resistenza armata, la loro capacità politica è quasi zero. Agli israeliani toccherebbe sbarazzarsi di Sharon e della sua politica. Ma forse l’ultima carta l’hanno le popolazioni occidentali, per costringere i loro governi a muoversi e sembra insopportabile tollerare quel che succede. E la battaglia è singolarmente affine a quella sul governo del mondo, di cui in questi anni ci accorgiamo. La cronaca continua. 8 marzo a Tel Aviv. Israeliani e palestinesi si sono dati appuntamento nella piazza centrale della città con un unico slogan: l’occupazione uccide tutti. Testimonianze di due pacifiste, una israeliana ed una palestinese, ecc. Il 9 marzo in Italia, a Roma, una manifestazione sulla Palestina, il cui slogan principale è lo stesso titolo di quest’articolo " ", è stata programmata e si è svolta a partire dalle 15 da piazza della Repubblica, per attraversare le vie del centro della città. Hanno aderito dal Forum Palestina alla Rete nazionale dei Social Forum, dal Coordinamento nazionale di solidarietà con l’Intifada alla confederazione dei Cobas, da Ya Basta alle Donne in nero, all’Asso-pace, alle Rdb-Cub, dal Prc ai Verdi, dal Pcdi alla Sinistra giovanile all’Assemblea antimperialista, da Socialismo 2000 di Salvi al "correntone", Disobbedienti, Salam, ecc. Oltre 50.000 persone. La manifestazione si è conclusa in piazza Navona con un intervento di un compagno della comunità palestinese del Lazio, di Neta Golan, l’eroica pacifista israeliana, di un compagno curdo e dei rappresentanti delle principali forze che hanno promosso o aderito al corteo. Tantissimi i migranti che hanno sfilato con la sinistra italiana che sa che la Palestina è un suo problema. Presenti islamici, ma anche "ebrei contro l’occupazione". L’Osservatore Romano parla di rischio di pulizia etnica. "Un dato è certo: se in un primo momento sembrava che si volesse umiliare un popolo, ora sembra che lo si voglia distruggere". Rischio di pulizia etnica a danno dei palestinesi. L’8 marzo, rileva con sdegno il giornale vaticano, è stato "il più sanguinoso giorno dei diciassette mesi di Intifada. La disponibilità di dialogo dimostrata nelle ultime ore da Sharon contrasta drammaticamente con l’azione del suo governo". Intanto i riservisti israeliani sono tornati a manifestare davanti alla prigione n. 6 di Gerusalemme, per sostenere i loro compagni carcerati perché si sono rifiutati di partecipare all’occupazione. E sono nati i primi comitati di sostegno alla loro lotta. Li organizza un movimento politico ("C’è un limite") che fa propaganda per la diserzione tra i soldati professionisti e di leva. Allo stesso tempo Bush minaccia un attacco nucleare contro sette paesi, oltre all’Iran, Iraq, Nord Corea, anche Russia, Cina, Siria e Libano. Le prospettive della Palestina dilacerata sono fosche, nonostante la speranza e le linee direttrici indicate da Piero Scaramucci. Palestina, realtà e metafora dell’ "auri sacra fames" degli uomini! Concludo con la comunicazione di un’animatrice di rapporti con la Palestina con la quale collaboro: "sono preoccupata per la mia affidata palestinese: è di Tulkarem (sono stata ospite a casa sua) ed in questi giorni è guerra totale... che tristezza". (15 marzo 2002) Mario Arnoldi |