Capodanno 2002
Otello, Jago e Desdemona
Le lunghe serate dell’ultimo dell’anno, nell’attesa della fatidica mezzanotte per brindare all’anno nuovo, a volte sono festose, a volte noiose. Dipende da tanti fattori. Ricordo di aver provato imbarazzo una volta per essere andato alla festa con un maglione appariscente ed i jeans e di essermi trovato tra tutti gli altri ospiti in abito nero, solo la cravatta era lasciata alla libera interpretazione. Forse era uno scherzo degli amici che mi avevano invitato. Vatti a fidare degli amici! Da quella volta l’ultimo dell’anno sono sempre rigorosamente in nero, a costo di provare l’imbarazzo inverso. Per me in ogni caso è una serata doppiamente festosa perché sono nato, un po’ di decenni fa, proprio in quella notte. Il ricordo di Otello in questo Capodanno 2002 (sono in abito rigorosamente scuro, cravatta rossa) mi è suggerito sia dalla "prima" del Teatro alla Scala, sia da una mitica rappresentazione teatrale, vista a Milano, nella quale Vittorio Gassman e Salvo Randone si alternavano ogni sera nelle parti di Otello e di Jago. Poche volte ho provato emozioni simili, sentimenti profondi, nel vedere le rappresentazioni i cui interpreti sfumavano diversamente i due personaggi del dramma shakespeariano, dando il massimo della loro bravura. Thomas Rymer (1643-1713), critico classicista, rimproverava all’opera la mancanza di sufficienti motivazioni psicologiche all’agire dei personaggi. Condivido piuttosto Hazelton Spenser (1757-1813), che afferma che "sul palcoscenico elisabettiano la malvagità non era necessitata dalle motivazioni che noi ci aspettiamo di trovare in un romanzo psicologico contemporaneo. Dietro il cattivo shakespeariano stavano secoli di malvagità sul palcoscenico inglese: c’era il Diavolo dei misteri medievali; c’era Giuda, il più incomprensibile dei cattivi; c’erano gli angeli malvagi delle prime moralità; c’era il vizio personificato delle moralità più tarde e il sinistro briccone italiano impastato di ‘machiavellismo’, ecc. Il drammaturgo doveva solo mostrare i suoi buoni e i suoi cattivi, il pubblico faceva il resto." E conclude: "Otello è diverso dalle altre opere di Shakespeare; qualcuno lo ha definito il dramma shakespeariano più moderno." I critici successivi, pur oscillando tra le due interpretazioni, propendono per la seconda. La trama è nota, per questo ricordo solo i passaggi principali. I Turchi minacciano Cipro e Otello, abile e famoso generale al servizio della Repubblica veneziana, è mandato a difenderla. Desdemona, sposa del Moro Otello, ottiene di seguirlo. Con loro è l’alfiere Jago, che, per invidia e vendetta della promozione di Cassio a luogotenente alla quale anche lui aspirava, induce lo stesso Cassio, caduto in disgrazia perché ubriacatosi in servizio per le sue stesse sollecitazioni, a chiedere l’intercessione di Desdemona; poi spinge Otello a credere che Cassio sia l’amante di Desdemona, facendolo risultare in possesso di un fazzoletto, raccolto furtivamente, che il Moro ha donato alla moglie. La conclusione è prevedibile: Otello per gelosia soffoca Desdemona e quando si accorge dell’inganno, disperato, si trafigge con la spada. La migliore tradizione classica occidentale, a volte fa piacere sentirsi occidentali, insegna che le grandi figure delle commedie e delle tragedie, soprattutto delle seconde, sono rappresentate con un intento di rispecchiamento e di purificazione ("catarsi" in termine tecnico). Lo spettatore vede rappresentati i vizi e le virtù, soprattutto i primi, delle persone umane in modo forte, pregnante, incisivo e, nel contemplare oggettivate tali passioni, può riflettere su di esse, rendersi conto che le stesse fanno parte dell’eredità umana, trovare i modi personali e collettivi per trasformarle in energia positiva, come per esempio la giusta competitività. "Catarsi" è una purificazione non in senso moralistico, secondo il quale lo spettatore dovrebbe correre a casa a flagellarsi delle proprie colpe senza alcun pensiero di rinnovamento, ma semmai in senso etico, cioè nella presa di coscienza della possibilità di scelta e quindi della responsabilità che l’uomo ha delle sue azioni sia personali sia storiche e della conseguente distruttività o costruttività che è nelle sue mani. Se in questa notte che apre un anno nuovo rivedo con gli occhi della fantasia sia Otello sia Jago, magari accompagnati da una buona musica e da un’eccellente voce, oppure da una recitazione indimenticabile, rivedo proiettate in uno specchio le passioni dell’invidia e della gelosia, che stanno alle altre passioni come il prototipo ed il modello. L’invidia è più radicale, è la volontà d’esproprio allo stato puro di ciò che l’altro possiede. L’invidia vuol distruggere l’altro perché possiede, vuole eliminarlo. Freud ipotizzò, accanto ad "eros", un secondo principio istintuale della vita dell’uomo dopo aver visto la distruttività della prima guerra mondiale e lo chiamò "thánatos", istinto di morte e di distruttività. Melania Klein, una delle interpreti di Freud, che tanto influsso ebbe in Italia, nominava questa distruttività semplicemente invidia, poiché penetra nell’altro e lo vuole svuotare impossessandosi dei suoi contenuti. La gelosia non è da meno nella sua distruttività, anche se nasce da un rapporto a tre e brama l’oggetto che gli è stato tolto giustamente o ingiustamente da altri. Non voglio distinguere nettamente le figure di Otello e Jago, identificandoli come simboli dell’una o dell’altra passione. L’alternanza dell’interpretazione dei due personaggi da parte di Gassman e di Randone ha, a mio avviso, un significato simbolico. Sia Otello sia Jago combattono, avversano a titolo di conquista il nemico, uccidono quando questi si oppone ai loro progetti di possesso. Entrambi vivono la passione del potere e della donna in forma violenta, che conduce alla morte. Desdemona è figura molto cara, è l’oggetto del desiderio in senso reale e simbolico, oggetto di ogni desiderio. Desdemona subisce i soprusi, l’inganno, la denigrazione, la morte. Non a caso ella è donna, e questa nel corso della storia è stata oggetto di sottomissione in modo particolare. Quanti burka abbiamo visto nel corso della storia ed in questi ultimi decenni! Ella rappresenta anche tutti gli oppressi del mondo. Il mio auspicio per l’anno che inizia è che tutti coloro che subiscono la fame, la sete, la malattia, lo sfruttamento, l’imposizione dell’ignoranza, la denigrazione, l’isolamento, l’esilio, la migrazione, la massificazione del pensiero, la morte possano alzare il capo, togliersi di dosso le vesti dello schiavo ed iniziare un cammino diverso, di giustizia più equa e di migliore distribuzione dei beni che la natura, quando pur essa non è violentata, ci offre. Altre deduzioni di "catarsi" sono possibili a partire dal dramma shakespeariano, ciascuno farà le sue, in ogni caso spero che l’anno che sta per cominciare sia meno tragico, meno toccato da terrorismi e guerre, di quello appena trascorso. I botti di mezzanotte, sia quelli dei fuochi artificiali della piazza accanto sia quelli delle bottiglie di spumante che gli amici stappavano in casa, mi hanno risvegliato dalla mia rêverie. Buon anno! Viva l’anno nuovo! Felicità a tutti! Brindisi con bicchieri speciali per la circostanza! Abbracci e baci!!! (1 gennaio 2002) Mario Arnoldi |