Una poesia di Elio
Dove vai…
Dove vai a ballare, stasera,
sorella mia?
È Natale.
L'invito alla danza viene dal cielo.
Ancora i ricchi danzano sul ventre degli affamati
E come sciacalli famelici si aggirano in cerca di
carogne.
Ma stasera è il natale delle rivoluzione,
e tutto il popolo oppresso è invitato a cantare
perché presto ogni tiranno sarà passato a fil di spada.
Dove vai a ballare, stasera, sorella mia?
Il mio Natale è la dove la gente si sveglia
E comincia a parlare di libertà.
Dovunque nel mondo c'è un grido di rivolta,
dovunque due mani sis tringono per un impegno dio lotta
nella speranza che qualcosa può cambiare
al vento della libertà:
il mio Natale è là.
E tu, dove vai a ballare stasera,
sorella mia?
Il mio Natale è all'Est e all'Ovest,
il mio Natale è sulle vette e negli abissi,
il mio Natale è un grido di battaglia,
il mio Natale sconvolge l'universo…
Ma se un giorno tu sfiorisci
Nel tuo anelito di giovinezza perenne,
e ilo tuo volto si rinchiude
nell'orizzonte opaco di un gioco piccolo borghese
e tu ti metterai a guardare dalla finestra come scolora il cielo,
e lasci il tuo popolo solo nella sua lotta,
abbandonato così al suo disperato destino,
allora il mio Natale si fa tetro e senza stelle,
e senza più fascino
questo festoso invito alla danza che viene dal cielo.
Dimmi, dunque, ti prego:
in questa emblematica festa di canto e di libertà,
in questo struggente invito dell'angelo a capovolgere il mondo,
dove vai, dove te ne vai a ballare, stasera,
sorella mia?
(Dicembre 1979)
Il Dio della vita
"Quanto poi alla resurrezione dei morti? Non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: "Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe". Ora non è il Dio dei morti, ma dei vivi". (Mt 22, 31)
"Ma chi crede in me anche se muore vivrà". (Mt 22, 31)
Quante volte abbiamo ascoltato queste parole! Ma poi, di fronte alla realtà della morte abbiamo chiuso e chiudiamo il discorso.
La realtà è lì, fredda, impenetrabile. E anche se li per lì cerchiamo di reagire, in definitiva poi ci arrendiamo come tutti. "Chi muore tace e chi vive si dà pace". La vita riprende e loro non ci sono più. Loro, gli scomparsi, li ricordiamo qualche volta, li riesumiamo col ricordo… Ma sono morti, E noi passeremo come loro.
Anch'io ho pensato così, nonostante la mia fede nella resurrezione.
Ma il Signore, dolcemente, ineffabilmente mi ha richiamato alla realtà. Mi ha fatto capire che il nostro atteggiamento è frutto di una educazione cristiana sbagliata. Ci si educa nella teoria e non nella prassi.
Infatti che cosa ci distingue dai pagani? Da coloro che in definitiva si inchinano davanti agli idoli della morte, tra i quali primeggia il dio denaro?
Io sono il Signore Dio tuo: il Dio dei vivi! Ti ho creato per la vita e non per la morte.
Il Dio della vita. Questo è il Dio biblico, il Dio di Gesù Cristo: il risorto, il vivente! Egli ci chiama a diventare creature nuove, creature di vita. Testimoni della vita in tutte le sue espressioni più belle. Sempre. Anche qui, dunque, abbiamo bisogno di una profonda conversione.
Il senso della vita è anche alzarsi ogni mattina, affrontare il quotidiano e coricarsi ogni sera con la coscienza sempre più chiara che esistiamo per la vita, e non per la morte come qualcuno ci ha insegnato. Ma non certo Gesù: "Chi crede in me anche se muore vivrà". Dunque, qualunque cosa accada, noi viviamo.
Te lo immagini cosa può diventare una comunità, una intera generazione che si aiuta a vivere fino in fondo questa stupenda dimensione della vita? Se poi vi aggiungi le parole di Giovanni: "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli!…". (1 Gv 3, 14)
Febbraio 1986
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