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Carl BERNSTEIN, Marco POLITI, Sua Santità Giovanni Paolo II e la storia segreta del nostro tempo, Rizzoli, Milano 1996, pp. 616, £ 38.000

di Gianfranco Monaca (redazione Asti)

Chi diffida (giustamente) delle biografie dei papi, temendo che si tratti di agiografie (e spesso lo sono) dovrà ricredersi in questo caso. Gli autori sono professionisti seri e sperimentati (Bernstein è il "premio Pullitzer" che sollevò il coperchio dello scandalo Watergate, Politi è da anni il vaticanista di Repubblica) e riescono a mantenere la giusta distanza tanto dal "servo encomio" quanto dal "codardo oltraggio", raccontando le cose con un periodare piano e interessante, giornalisticamente scorrevole e coinvolgente, ma scrupolosamente fondato sull’abbondante documentazione a cui si rimanda alla fine del volume, senza intercalare il testo con i richiami numerici.

La fisionomia psicologica di Karol Wojtyla emerge senza "sconti" dal retroterra familiare e dalla sua personale storia adolescenziale, ma soprattutto viene in evidenza il tracciato coerente della sua linea "politico-pastorale" in continua interazione con i personaggi e movimenti che hanno avuto un ruolo nella "storia segreta del nostro tempo". Dopo questa lettura, l’impegno di coloro che non hanno rinunciato ad agire per un rinnovamento della chiesa in un’ottica conciliare riceve una spinta propulsiva, poiché la conoscenza dei fatti dissipa quella specie di nebbia che sembra ostacolare la marcia appesantendola con un senso di ineluttabilità. Il primo passo per esorcizzare una situazione è riuscire a "chiamare i diavoli per nome" (Mc 5,9) cioè vederci chiaro e individuare la trama del disegno, prendere coscienza in senso critico dei meccanismi e delle strategie dei poteri occulti (ma non irrintracciabili) che concorrono a condizionare la vicenda storica della barca di Pietro. Per incoraggiare una lettura integrale e attenta dell’opera – considerandola un efficace strumento di lavoro – ne riporterò alcuni passi, particolarmente significativi.

(p. 17/18/19) Il viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia si rivelò una spettacolare dimostrazione di forza e di lucidità. Ma altrettanto spettacolare - almeno nelle sue implicazioni - fu un incontro fra due uomini che sarebbe avvenuto a Roma non molto dopo l'elezione di Reagan. In Vaticano, all'ora stabilita, un omone dall'aria arruffata, vestito di grigio, con una fisionomia così poco appariscente che pochi al mondo lo avrebbero degnato di una seconda occhiata, venne introdotto nel modesto studio del papa. Un fervente cattolico che andava a messa quasi tutti i giorni, un uomo che aveva la casa piena di statue della Madonna, un credente che entro pochi minuti si sarebbe raccolto in preghiera con il papa in persona: William Casey, direttore della Central Intelligence Agency statunitense, la Cia, giungeva a Roma con una missione decisamente terrena. Stava per consegnare a Giovanni Paolo Il una sola, eccezionale fotografia, scattata da uno dei satelliti spia americani a centinaia di chilometri dalla terra.

Nel suo studio privato il papa esaminò con cura infinita questa fotografia, mettendone a fuoco a uno a uno tutti i particolari: prima un'immensa moltitudine di persone, minuscoli, indistinti puntolini su una superficie piatta; poi, al centro, un puntolino bianco solitario che, si accorse, era lui stesso, nella sua veste bianca, mentre parlava ai suoi compatrioti in piazza della Vittoria, nel 1979.


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