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Nonviolenza 2000 - Ahimsa - Non resistenza - Pacifismo

Manuale interattivo con Antologia, Edizioni a cura degli Amici di Tolstoi, Edizioni Qualevita, Torre di Nolfi (AQ), 2000, pp. 62, L. 8000

di Minny Cavallone

Gli Amici di Tolstoi sono un gruppo di ricerca, nato in Italia nel 1990 con lo scopo di far conoscere la figura, l'opera e gli ideali di questo grande scrittore, appassionato sostenitore della nonviolenza. La casa editrice Qualevita è molto piccola ed ha sede in un minuscolo paese abruzzese, ma pubblica libri interessanti ed il periodico omonimo, "portavoce" del Movimento Internazionale per la Riconciliazione (e non solo).

In questi tempi, di nonviolenza e pace si scrive e si parla molto; un numero non piccolo di persone cerca poi di praticarla a livello personale impegnandosi in un cammino di miglioramento del proprio stile di vita e di ricerca. Sul piano sociale però mi sembra che prevalgano i modelli tradizionali (guerra, esercito, sfruttamento esasperato delle risorse naturali ed umane, individualismo, scarsa visibilità ed incisività dei Movimenti ecc.). Confesso però che ho una certa difficoltà a presentare un altro libro sul tema, tuttavia debbo riconoscere che ogni opera ha una sua specificità e che perciò tutte possono risultare utili, essendo complementari tra loro.

Questo testo ha il duplice obiettivo di compendiare quanto è stato detto e fatto finora in questo campo e di esporre con chiarezza concettuale i principi fondamentale della nonviolenza. Starà poi a ciascun lettore la scelta di sviluppare e utilizzare quanto avrà appreso.

Gli argomenti sono così articolati: si inizia con una premessa sull'aggressività, si offrono poi chiare definizioni di concetti come ahimsa, satyagraha ecc., viene inoltre presentato un excursus storico relativo ad avvenimenti, personaggi e movimenti. Ci sono le parti relative ai fondamenti teorici, alle metodologie e tecniche, alle difficoltà ed obiezioni e si conclude con un'antologia ricca di citazioni di autori, diversi tra loro, ma concordanti nello spirito che li anima.

I pensieri sono spesso così densi che meriterebbero una lunga esposizione e discussione, ma ciò non è possibile né opportuno in questo ambito. Mi soffermerò perciò, in modo volutamente frammentario, su alcuni punti che mi hanno in vario modo colpito.

Nell'excursus storico, mi sembrano degni di rilievo alcuni fatti, dato il legame che hanno con i problemi attuali.

Morire per la verità senza odio fu la forma di opposizione al potere imperiale che i primi cristiani praticarono. Alcuni, come Massimiliano di Tebeste e Marcello della legione traiana subirono sulla fine del III secolo il martirio per essersi rifiutati di servire nell'esercito. La nonviolenza nella vita privata e sociale (con il relativo rifiuto delle armi) fu teorizzata e sostenuta da Apologisti e Padri della Chiesa (Tertulliano, Taziano, Origene, Cipriano e Lattanzio). Dopo Costantino, le cose cambiarono e la nonviolenza divenne appannaggio di correnti minoritarie: tra gli altri i Valdesi, i Catari (sterminati nella crociata contro gli Albigesi) e i Quaccheri. Anche nel mondo islamico la nonviolenza è presente, in forma minoritaria. Infatti uno dei seguaci più fedeli di Gandhi fu il musulmano Badshah Khan, che organizzò una resistenza nonviolenta (al potere inglese) coi Pathan dell'odierno Pakistan.

Passando dal campo religioso a quello politico, vorrei ricordare due nonviolenti, vissuti negli USA durante l'Ottocento: il noto H. David Thoreau autore del breve saggio La disobbedienza civile, molto apprezzato da Gandhi e Tolstoi, ed il meno noto Elihu Burrit, che costituì una lega per la fratellanza universale fra gli operai, notevole perché, per la prima volta, la lotta nonviolenta viene concepita come sociale e di massa.

In altre parti, del libro sono contenute affermazioni che riporterò come oggetto di riflessione.

La risposta nonviolenta (ad un'oppressione) disorienta l'avversario, lo immobilizza. Mentre la risposta violenta gli fornisce giustificazioni… per il male già fatto e per quello che farà.

Purtroppo debbo osservare che non sempre ciò si realizza: talvolta l'avversario si avventa rabbioso contro i nonviolenti e li sbaraglia… mi viene in mente Piazza Tien-an-men, ma anche tante proteste represse nel sangue in Africa, in America Latina e un po’ ovunque. Mi viene in mente che, nonostante la brutalità del regime militare argentino, le "Madri di Plaza de Majo" potevano manifestare, a Buenos Aires, mentre ora le madri dei prigionieri curdi non riescono neppure a riunirsi in piazza ad Ankara.

Sono osservazioni che onestamente non si possono non fare, anche se non bisogna abbandonare la fiducia e la speranza.

Il concetto di giustizia varia secondo le culture… la sofferenza e la morte sono fatti oggettivi. Alleviare la sofferenza, proteggere la vita sono criteri di azione indubbi ed evidenti.

In una società veramente nonviolenta non dovrebbero esserci disparità economiche, né carceri, né eserciti. A questo modello ci si può almeno avvicinare per gradi.

La pacificazione ed unione saranno favorite dalle stesse conquiste tecnologiche che facilitano (o, a mio parere, potrebbero facilitare) il soddisfacimento dei bisogni primari e le comunicazioni in tutto il pianeta. Tutto questo avverrà? E si compirà presto e facilmente o fra molti secoli e dopo molte sofferenze? Non possiamo saperlo. Però sappiamo che la nonviolenza segna l'inizio e favorisce il passaggio verso una nuova era, cioè verso il Regno.


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