Pagina principale Pagina precedente



Antonio Corsello, Errori nella Bibbia - Fede contro ragione, ila palma, Palermo e sao Paulo 1999

A cura di Ausilia Riggi Pignata

Un libro di 126 pagine infocate di santo zelo, scritto da un prete sposato, il quale confessa di trovarsi finalmente libero di dire quello che pensa, e perciò non nasconde il suo sconcerto di fronte alla scoperta di "un equivoco che dura da millenni", come recita il sottotitolo.

Ero perplessa, prima di leggerlo, presupponendo critiche alla Bibbia, che ritenevo scientificamente ingiustificate, dato il lungo percorso fatto negli studi biblici da parte studiosi di alto calibro (per non parlare delle correzioni interpretative che in parte la stessa Chiesa ha fatto sue).

Sono invece rimasta stupita, leggendolo, oltre che del candore e genuinità dell'Autore (di cui non dubitavo, ma che rafforzavano i miei pregiudizi), della linearità e anche del rigore con cui egli procede, senza mai scostarsi dalla consapevolezza di non parlare da competente e senza ignorare i passi fatti dalla teologia nella direzione di un'esegesi corretta. E infatti i suoi strali si appuntano soprattutto contro i fondamentalisti, in particolare contro i Testimoni di Geova e altre sette. Dunque non c'è ingenuità nel suo dire accalorato, colorito, di facile e piacevole lettura. Né c'è voglia di intaccare verità, quali ad esempio la divinità di Cristo o la verginità di Maria, le quali sono messe in discussione da studi recenti (con la conseguenza che egli finisce con lo scontentare anche coloro che potrebbero schierarsi dalla sua parte). Corsello si lascia guidare dal buon senso, e lo confessa spesso. Il suo spirito focoso lo porta a ribellarsi contro l'incongruenza di fondare i dogmi a partire da una lettura errata e irrazionale della Bibbia. Infatti egli si propone di smascherare il doppio gioco della Chiesa ufficiale di dire il nuovo, lasciando intatto lo schema classico del peccato originale e della salvezza, con annessi e connessi. Né egli ignora le luci che si sprigionano da certi enunciati biblici, soprattutto nel Nuovo Testamento, ma non può accettare, facendo finta di non vedere, anche le ombre che oscurano le coscienze per mancanza di un nuovo modo di evangelizzare. Chi leggerà questo autore non potrà non restare conquistato dalla sua onestà intellettuale e morale, mentre sarà accompagnato piacevolmente dallo stile spigliato, personalissimo, brillante. Intanto la simpatica eloquenza, che non cede alla retorica, sa offrire delle riflessioni anche a chi ha fatto alti studi. Perché egli vuol dire sostanzialmente una cosa: finiamola di giocare a ping-pong, predicando sempre secondo gli antichi schemi, e accontentandoci che menti illustri inaugurino una nuova ermeneutica, ridotta ad aristocratica disquisizione, se non giunge anche ai semplici, educati - si fa per dire - con prediche e catechesi tradizionali. Soprattutto è ora di predicare con l'esempio il Dio dell'amore, il Dio dei poveri e degli oppressi; di uscire dal "bosco biblico" delle parole difficili; di ritrovare una fede limpida che non corra dietro funamboleschi discorsi (infallibili perché pronunziati dal Magistero). Senza mai rinunziare a cercare di capire da sé. E senza dimenticare che il futuro della Chiesa è nell'ecumenismo "che porterà all'unione delle chiese cristiane e realizzerà l'estremo desiderio di Gesù Cristo: "Che siano una cosa sola"" (pag.123).

Come dargli torto? O dobbiamo supinamente lasciare che restino immutati rovinosi schemi di credenze, buoni per gente che non osa pensare con la propria testa?


Pagina precedente Inizio documento