Le guerre di oggi tra coscienza e incoscienza
Data: 08 Marzo 2024
Autore: a cura della redazione
Nel carteggio Einstein-Freud relativo alla violenza e alle guerre, i due scienziati arrivano alla conclusione che, nella dialettica tra thanatos ed eros, tra morte e vita, la pace è una conquista di civiltà e, come tale, comporta il superamento dell’istinto bellicista che ci abita attraverso un cambiamento di mentalità che non si ferma al puro dato culturale, ma annovera la “metanoia”, cioè il superamento, l’andar oltre la violenza senza rimuoverla.
I potentati finanziari economici che dominano la scena mondiale: il finanz-capitalismo neoliberista, le forze sovraniste che si richiamano al vecchio capitalismo (impersonate da Trump) e al revanscismo di Putin, il capitalismo di stato cinese, si stanno fronteggiando non più soltanto nei mercati, nell’accaparramento delle risorse di materie prime, nella tecnologia, ma hanno scelto di confrontarsi anche sul piano bellico.
Ecco perché gli scenari di guerra guerreggiata si allargano dalle zone marginali (in cui si cercano per lo più conquiste territoriali in vista di acquisire materie prime ed energia), all’Europa e al Medio Oriente dove, senza escludere questi ambiti, si tenta di destabilizzare lo status quo, utilizzando tutte le risorse a disposizione allo scopo di distruggere l’abilità dell’altro contendente trasformato in acerrimo nemico portatore di ogni nefandezza.
Quello che più colpisce è il coinvolgimento dell’Europa che, pur tradizionalmente legata alla Nato, durante 80 anni di pace aveva elaborato al suo interno l’idea che un’altra guerra sarebbe stata impensabile e inaudita dopo le “inutili” terrificanti stragi del novecento.
Ora anche se è difficile orientarsi nella grande complessità che viviamo, tutto fa pensare che non sia più così. L’approccio militarista dato sin dall’inizio alla guerra in Ucraina da parte della Nato e dell’Europa, i recenti pronunciamenti di Macron, che vuole mandare soldati europei a combattere, di Ursula von der Leyen che non esclude una guerra contro la Russia e predispone un piano di acquisto di armi mai visto in Europa per quantità e procedure accentrate, evidenziano il cambio di paradigma.
Tesi che si conferma anche nel conflitto di Gaza, scatenata da Hamas ma attesa da Israele per chiudere una volta per sempre la questione palestinese senza pietà per nessuno, in cui l’occidente si dimostra nei fatti allineato a Israele vendendo armi e appoggiando le sue pretese in sede ONU. Tutte queste azioni perverse delineano all’orizzonte scenari tragici dei quali non avremmo più voluto parlare e che, tanto meno, avremmo voluto vedere.
Spostando la questione dal piano geopolitico a quello umanitario (sociale, psicologico, spirituale), ecco che iniziamo a confrontarci con un incubo atroce: si sta aprendo un momento storico dominato dallo scialo di morte. Scialo di morte che pare non costituire un deterrente tale da incoraggiare i contendenti a propositi di pace, anche quando la vittoria, per entrambe le parti, si presenti come un miraggio irraggiungibile. Stragi, distruzioni, fame e sofferenze, paiono essere un incentivo a proseguire anziché smettere, non per raggiungere una vittoria, ma per dare a loro un senso, altrimenti sarebbero state inutili. Sovente le guerre si trascinano così per anni, solo per salvare la faccia di chi le ha volute, rischiando col tempo di coinvolgere altri belligeranti e rischiando in seguito la catastrofe. Credo che Putin e Zelens'kyj siano i tragici rappresentanti di queste guerre.
L’immaginario collettivo, che nei quasi 80 anni di pace si andava faticosamente affermando, ora sembra dover essere estirpato dall’intimo dell’umano europeo e segnatamente italiano; per far questo non si lesinano fondi, non solo per l’acquisto di armi a scapito di scuola e sanità, ma anche con la diffusione della cultura delle armi, i proclami, il machismo esibito, le fiere, i militari nelle scuole, la criminalizzazione del dissenso pacifico.
Tutto ciò non può lasciarci indifferenti anche in termini di coscienza personale e di gruppo. Siamo preoccupati della capacità della guerra di essere percepita come fattore indispensabile alla risoluzione dei conflitti, a cui adeguarsi, costi quel che costi, ovviamente.
La guerra diventa così la grande protagonista a cui sacrificare i sogni, le speranze, lo stesso futuro della terra e dell’intero genere umano. Siamo preoccupati della guerra che è capace di modificare il livello della coscienza, in particolare del genere “uomini”, soprattutto facendoli diventare “incoscienti”. Dal conflitto tra Russia e Ucraina dipende lo stesso destino del mondo, così come definito nel 2022 dalla Casa bianca e dal Pentagono.
Siamo preoccupati della guerra attuale che richiede lo sviluppo importante delle forze armate e dei loro costi e quindi si rende necessario, per il loro finanziamento, il coinvolgimento dell’opinione pubblica. Siamo preoccupati dagli “effetti collaterali” della guerra. E tra questi, sottovalutati e nascosti ma ben conosciuti da coloro che si occupano del sostegno alle persone fragili e marginali, il taglio delle risorse loro destinate e la difficoltà (una burocrazia che sembra una corsa ad ostacoli) ad ottenerle. Risorse necessarie alla sopravvivenza pura e semplice, e non sufficienti ad avere una vita dignitosa, come recita la Costituzione. Un’umanità anch’essa vittima, indirettamente, della guerra. Un’umanità dolente e dimenticata.
Infine siamo preoccupati perché la guerra e la violenza in generale come l’inquinamento contagiano la vita sulla terra. Come i veleni che ciascuno di noi produce vanno a finire in atmosfera, ricadono su tutti, ma si concentrano in alcune aree precise, provocando danni gravissimi, così la violenza che alberga dentro di noi se fuoriesce, si densifica e diviene una nube tossica che colpisce ovunque e in alcune parti del pianeta provoca guerre e distruzioni. Non a caso Teresa d’Avila amava dire che non c’è nulla di bene di cui non siamo partecipi, né di male di cui non siamo responsabili. Allora quali saranno le conseguenze di un odio prolungato generato da questi strazianti conflitti?
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