Libertà vo cercando
Data: 14 Marzo 2023
Autore: a cura della redazione
Ad un gruppo di ragazzi e ragazze dai 15 ai 16 anni, in buona parte di provenienza extracomunitaria, è stata posta la domanda: «Che cosa è la libertà?». Alcuni hanno risposto che la libertà è fare tutto quello che si vuole; altri, che è di poter fare quello che si desidera senza fare male a qualcuno. Per quattro di loro la libertà è poter esprimere la propria opinione senza paura o senza essere giudicati. Altri due hanno espresso l’idea che la libertà consista nel poter essere semplicemente se stessi. Per dei ragazzi e ragazze dai 18 ai19 anni, ai quali è stata posta la stessa domanda, le risposte sono state più sfumate. Qualcuno ha definito la libertà come qualcosa di difficile da definire. Per altri la libertà è un concetto che si applica a molti ambiti e che ogni persona ha una sua idea di libertà. È confortante che l’idea di libertà come arbitrio sia limitata a pochi, però in tutti prevale l’idea di una libertà che riguardi esclusivamente i propri comportamenti o le proprie scelte, anche se per alcuni debba essere rispettosa di quella degli altri, seguendo la massima consolidata: “La mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”. Quello che manca in tutte le risposte è l’idea della libertà come un bene collettivo, quella che trasformerebbe la massima in: “La mia libertà incomincia, dove incomincia quella dell’altro”, perché non è possibile vivere liberi in una società dove qualcuno non è libero. Il 25 aprile di ogni anno, viene celebrato il giorno della liberazione, il giorno in cui, al messaggio “Aldo dice 26 per uno”, inviato dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia il 24 aprile 1945, le brigate partigiane, aderenti alle varie formazioni, diedero l’avvio a quell’insurrezione che portò in breve alla liberazione dei principali centri dell’Italia settentrionale prima dell’arrivo delle truppe alleate. Erano ragazzi giovani, molti poco più che adolescenti, che da un anno e mezzo avevano scelto la clandestinità e la resistenza contro l’oppressione nazifascista, rischiando ogni giorno la vita. C’è da chiedersi cosa avrebbero risposto alla domanda: «Che cosa è per te la libertà?». Possiamo essere certi che non avrebbero avuto dubbi. A nessuno sarebbe passato per la mente di rischiare la vita per poter semplicemente fare quello che voleva. Il loro sogno era quello di poter vivere liberi in una Italia di donne e uomini liberi, liberi di manifestare il loro pensiero in qualsiasi forma; liberi di riunirsi in associazioni, in partiti per concorrere democraticamente alle scelte politiche; liberi di professare la religione di appartenenza o da loro scelta; liberi di muoversi su tutto il territorio nazionale senza vincoli; liberi di essere protagonisti in ogni forma della vita pubblica. È questa la libertà che occorre insegnare ai giovani di ambo i sessi, perché diventino cittadini e cittadine consapevoli e responsabili. Ora, risulta evidente come una simile libertà, per essere operante, richieda la presenza di limiti senza i quali non potrebbe esserci libertà, ma soltanto caos e sopraffazione. Ma questi limiti possono essere fissati solamente da istituzioni, che abbiano come riferimento un patto che sia frutto di una libera condivisione tra tutte le parti che compongono una società che si sia costituita nell’ambito di un processo storico. Pertanto queste istituzioni, a partire dalla famiglia sino a quelle che reggono lo Stato, hanno il compito di definire questi limiti, affinché la vita di una società possa svilupparsi liberamente in armonia. La libertà però, per poter continuare a vivere, ha bisogno della partecipazione attiva e responsabile dei membri della società in un rapporto dialettico. Ovviamente, in un simile contesto è fisiologico che nascano conflitti che possono a volte anche renderla fragile. Questi conflitti, infatti, se non giungono prima o poi ad una sintesi, rischiano di rendere l’esercizio della libertà laborioso e inconcludente per ampie fasce di popolazione, tanto da indurle a cercare rifugio in figure carismatiche, che si assumano tutto l’onere di decidere della vita e delle sorti della società. Questo è il rischio maggiore che può correre la libertà. La storia della prima metà del secolo scorso dimostra come questo rischio possa diventare realtà, dando vita a dittature che hanno causato le tragedie che tutti conosciamo. Il patto che sia frutto di una libera condivisione tra tutte le parti, in Italia si è formalizzato nella nostra Costituzione promulgata dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il 27 dicembre 1947. Soltanto il rispetto e la difesa a oltranza di questo patto, da parte di tutti i cittadini italiani, può salvaguardare quella libertà conquistata a così caro prezzo, come bene esprimono le parole di Piero Calamandrei: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”. Ma la libertà non può essere solo legata alle forme statuali. Non si può essere liberi in una società di diseguali: economicamente, socialmente, culturalmente. Ecco che il concetto si salda con quello, non meno importante, della giustizia. Sta qui il limite della nostra democrazia occidentale tanto osannata: l’incapacità di perseguire la giustizia come bene comune al pari della libertà. Anzi, oggi c’è chi opera affinché siano i mercati a stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è, proprio invocando la libertà. Si sconfina così nella “religione” della libertà a cui tutto può essere sacrificato. Ma non si può barare sulla libertà: i cristiani hanno un testimone al di sopra di ogni sospetto. Gesù ci ha indicato come vivere la liberazione, facendo uscire, donne e uomini, dalla loro condizione di pesantezza, e la Pasqua di resurrezione è l’apice di una vita giocata e riscattata per promuovere questa liberazione totale. Il problema riguarda la cristianità che raramente è stata capace di seguire questa rivoluzione di luce. Ma i tempi forse sono maturi, perché il piccolo “resto” - donne e uomini di buona volontà - diventi veramente lievito della liberazione umana, prima di piombare tutti nella totale oscurità.
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