Effetti collaterali
Data: 08 Settembre 2021
Autore: a cura della redazione
Perdurando lo stato di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia/sindemia da Covid-19, riteniamo utile fare alcune brevi considerazioni sulle conseguenze sociali che sta producendo sulla società italiana. Il singolo, la coppia, la famiglia si rendono conto di vivere in uno stato di profondo isolamento, mentre cercano, talvolta in forma inconscia, proprio la relazione. Il distanziamento ha tra l’altro tagliato le gambe a quei movimenti che, in questo periodo, erano sorti spontaneamente e che avevano risvegliato migliaia di persone giovani e meno giovani chiamandole all’impegno e alla lotta per un ambiente e per un mondo migliore.
È una sensazione diffusa che esista una forte dicotomia tra domanda e offerta a livello sociale: si cerca infatti la prossimità e si trova invece la lontananza; si cerca l’accoglienza e si trovano le chiusure; al posto della collaborazione si trova la competizione, e così pure, al posto della coesione, della sicurezza e della fiducia, si trovano rispettivamente la dispersione, la precarietà e la diffidenza.
Questi veri e propri bisogni non rappresentano un lusso, ma sono costitutivi dell’essere umano. I social fanno spesso da risonanza a questo malessere, che diviene sfogo indistinto e può scadere facilmente nella violenza verbale (e non solo, se pensiamo ai gravi episodi di violenza NoVax e No GreenPass anti-giornalisti e anti-scienziati e medici di fine agosto). Colpisce in primo luogo l’uso di questa violenza verbale nei rapporti tra le persone, nei mezzi di comunicazione e nelle piazze; preoccupa il linguaggio utilizzato, fortemente divisivo e non certo funzionale alla realizzazione di un adeguato dialogo e di un necessario confronto di idee e di ricerca di possibili soluzioni.
Ci pare che spesso la violenza verbale nasca dallo sposare idee preconcette che diventano slogan, impedendo l’approfondimento e il confronto, ed è anteriore agli eventi in quanto è una modalità che attende gli eventi per potersi manifestare. Il Covid-19, con le modalità per contrastarlo, è uno di questi eventi, ma lo è anche l’immigrazione e l’uscita dall’ombra delle persone LGBT. Si direbbe che la violenza si sia radicata negli animi e attenda solo l’occasione per esplodere. Perciò un evento come il covid offre alla violenza l’opportunità di emergere. Una violenza più espressa che agìta, o almeno non più agìta che in passato. Un’umanità che sembra stia diventando più rancorosa. Il linguaggio violento danneggia la persona e deteriora le relazioni. Si provocano ferite che lasciano cicatrici. Nel discorso politico, in particolare, si evidenzia il linguaggio violento, proprio perché sono molti i politici che, senza alcuna remora, sono soliti utilizzarlo. Ma le parole pesano. Il linguaggio verbale è il segno dell’evoluzione della specie umana. Attraverso di esso si filtra e si comprende la realtà. In un appunto del suo diario personale (“Tracce di cammino”, Qiqajon 2006, pag. 131), Dag Hammarskjöld, segretario Onu e premio Nobel per la pace, scrive: “Rispettare la parola è la prima regola nella disciplina che può educare una persona alla maturità intellettuale, emotiva e morale. Rispettare la parola, usarla con estrema cura e incorruttibile amore per la verità, ecco una condizione perché maturino la società e la specie umana. Abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano. Mina i ponti, avvelena le fonti, ci rimanda indietro nella lunga via dell’evoluzione umana”.
L’uso di un linguaggio violento, già in atto, come detto, da tempo nella politica di destra più o meno estrema, interessata maggiormente alla ricerca del consenso e ai risultati elettorali, purtroppo comincia a contagiare anche ambienti di una sinistra, che soffre da anni di carenza di progettualità, e di una certa frustrazione che appare ancor più rilevante in questa fase di pandemia-sindemia. È doloroso osservare che, anche tra persone e ambiti con i quali condividiamo lotte e speranze, il linguaggio utilizzato sia spesso fortemente divisivo e non funzionale alla realizzazione di un adeguato dialogo e di un necessario confronto.
Paradossalmente, da parte di chi è contrario alla vaccinazione e alle diverse misure di contenimento del contagio, si fa presente con molta forza il rischio di perdita di democrazia, nel senso soprattutto di una erosione dei diritti politici e delle libertà civili. Ci sembra che venga invocata una libertà dimezzata privando della libertà l’altra metà, il che equivale a sopprimere il concetto stesso di libertà. Gli insegnanti che rivendicano la libertà di non vaccinarsi, devono concedere la libertà agli studenti e famiglie di non presenziare alle loro lezioni. La libertà per essere tale non può chiedere di limitarla ad altri.
Riteniamo che questi rischi siano oggettivamente presenti in quelle situazioni territoriali già in situazione critica negli anni precedenti alla pandemia. Continuiamo perciò a vedere oggettivi pericoli per la democrazia nei paesi del sud del mondo, poveri da sempre e impoveriti per interessi spesso inconfessabili dei pochi nostri paesi ricchi.
Tornano alla ribalta inoltre le diverse tesi complottistiche di vecchia e nuova data, presentate come vere, oggettive ed operative rispetto all’attuale realtà quotidiana.
È fuor di dubbio comunque che la gestione della componente sanitaria della pandemia, finalizzata alla protezione e alla cura dei soggetti contagiati dal virus e in ultima analisi alla prevenzione delle morti, dovrebbe intrecciarsi intimamente con la componente sociale, finalizzata al continuo rafforzamento dei valori della convivenza civile. Il dialogo, come l’amicizia e la solidarietà d’altronde, non è una condizione data una volta per tutte ma deve essere continuamente incoraggiata, stimolata, vissuta, sperimentata, valorizzata.
Allo stesso modo di tutte le caratteristiche umane, abbiamo la responsabilità di imparare ad essere e diventare ogni giorno sempre più umani, pena la nostra sconfitta personale e collettiva e così pure del nostro intero pianeta. Riusciremo a contrastare gli effetti collaterali della pandemia da Covid-19 e diventeremo più umani, se faremo ricorso alla fraternità e alle azioni concrete conseguenti, se renderemo credibili i tempi della fraternità, per gli abbandonati lungo le rotte della speranza, per tutte e tutti.
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