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RIUSCIRANNO I POLITICI A RILANCIARE UN NUOVO 25 APRILE 1945?



Data: 25 Aprile 2013
Autore: Mario Arnoldi




La memoria: 25 aprile 1945

La Seconda Guerra Mondiale è il conflitto che tra il 1939 e il 1945 ha visto confrontarsi da un lato le potenze dell'Asse, Germania, Italia e Giappone, e dall'altro i paesi alleati, Inghilterra, Francia, U.S.A. e Unione Sovietica. Vi presero parte via nazioni di tutti i continenti e le operazioni belliche si svilupparono su gran parte del pianeta. Le cause del conflitto furono tante, le disuguaglianze dei patti con cui si era conclusa la Prima Guerra Mondiale, la crisi economica del ’29, ma soprattutto la brutale aggressività del programma pangermanistico, la teoria dello “spazio vitale”, i poderosi armamenti, il ritiro della Germania dalla società delle Nazioni, la dottrina razzista di Rosenberg; la feroce campagna antisemita; ecc….

L’Italia si aggregò dapprima alla Germania, poi se ne staccò con l’armistizio del 8 settembre 1943, e nell’ultimo scontro sul fronte italiano contro fascisti e nazisti fu particolarmente attiva la Resistenza che riuscì a liberare diverse città italiane nei giorni a cavallo del 25 aprile 1945 (Genova 23-24.IV; Milano 24-25.IV; Torino 25-26.IV e altre), prima ancora dell’arrivo degli eserciti ormai alleati.

La Resistenza fu anche qualcosa in più dell’opposizione e della lotta armata contro nazismo e fascismo, fu un fenomeno di immensa portata innovatrice politica e sociale che la distingue nettamente dai precedenti movimenti nazionali, come, per esempio, il Risorgimento. Per la prima volta infatti le classi popolari, operai e contadini, furono coinvolti nella storia del loro paese come protagonisti e non come spettatori o vittime, tanto da configurare un fenomeno nuovo, di portata storica, il ruolo crescente delle masse. Si mirava a costruire una società nuova che fosse non solo il rovescio del fascismo, ma anche della realtà storica che lo aveva generato. Esistevano diverse correnti di pensiero e di azione all’interno della Resistenza, ma il confronto dialettico fu rimandato alla fine della guerra. La seconda guerra costò complessivamente più di 50 milioni di morti, di cui la metà civili. Le bombe atomiche USA su Hiroshima e Nagasaki chiusero tristemente ogni residuo conflitto.

La Resistenza aprì tuttavia una stagione nuova nella storia della civiltà, che in Europa – per l’Asia il discorso è più complesso – trovò le sue principali espressioni nelle nuove Carte costituzionali, sostanzialmente più avanzate delle precedenti, nella costituzione di organismi comunitari internazionali, in mutamenti istituzionali, in riforme sociali e politiche, nella richiesta consapevole di nuove forme di democrazia politica ed economica.

25 aprile 2013

La situazione attuale in Italia e nel mondo non è meno grave di quella di 68 anni fa, a giudicare dalle guerre diffuse in tutto il mondo, dal perfezionarsi e moltiplicarsi delle armi belliche, dalle vittime soprattutto civili, dalla situazione di impoverimento delle persone, ecc.

In Italia un partito, il PD, ha vinto le elezioni di inizio anno ma solo a metà, cioè non può governare a causa di una legge elettorale che non permette di raggiungere la maggioranza in entrambe le camere. Un secondo partito, il PDL, impone le sue condizioni per la formazione del nuovo governo, e, in alternativa, propone nuove elezioni. Infine un movimento che numericamente ha guadagnato tanti voti da essere messo alla stessa stregua dei primi due, ma non si esprime su nulla e solo oggi dichiara di appoggiare le proposte che a lui convengono, lasciando nell’incertezza la situazione generale.
Se si dovesse ritornare alle elezioni in tempi brevi con la stessa legge elettorale, il risultato potrebbe ripetersi identico all’attuale, a meno che il PDL, che, secondo i sondaggi, vanta il maggior numero di consensi, vinca nelle due camere, e allora potrebbe continuare a governare così come ha fatto per vent’anni, lasciando irrisolti i problemi sociali, economici, finanziari e politici dell’Italia, col rischio di cadere in una forma di dittatura di fatto, se non altro per la lunghezza del governare.

Siamo in un circolo vizioso. Le larghe intese che il Presidente Giorgio Napolitano, al suo secondo mandato, ha accettato per evitare il peggio, cioè per il bene della nazione, rischiano di metterci sulle strade pericolose indicate, mentre nella mente del Presidente volevano essere un patto tra forze diverse tese alla salvezza del paese, simile a quel patto che nel 1946 si stabilì tra le forze opposte della DC, del PSI, del PCI, di Giustizia e Libertà e Repubblicano, che diedero vita alla Costituzione ritenuta la migliore del mondo, e seppero dare avvio ad un governo democratico del paese.
Il Presidente Napolitano, per di più, nel suo discorso di insediamento di lunedì scorso, ha duramente fustigato le inadempienze e le malefatte dei governi precedenti, accolto da numerosi applausi tributati da quelle stesse persone che il suo discorso criticava profondamente.

Ieri la maggior parte delle forze politiche hanno visto nell'incarico a Enrico Letta uno spiraglio per uscire dall'impasse; tuttavia le tre forze maggiori hanno ripresentato al Presidente del Consiglio incaricato le loro richieste non negoziabili, rendendo difficile ogni accordo : “Passata la festa, gabbato lo santo”. Non è escluso che, come in altri tempi, esploda una guerra civile tra i politici e le masse, a meno che queste si mettano sotto il “diktat” del più forte. Due situazioni che in Italia si sono già realizzate.

La descrizione della situazione attuale e dei suoi rischi è ben rappresentata dal Manifesto, quotidiano che eccelle per l’originalità dei suoi titoli di prima pagina, e che esce oggi con l'articolo principale intitolato “Letta a tre piazze” seguito da “Partigiani e Costituzione sotto fuoco amico”.
Attendiamo gli eventi sperando di poter scrivere nei prossimi giorni “Appunti” più speranzosi.