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GRAZIE DON GALLO



Data: 25 Maggio 2013
Autore: Mario Arnoldi




I mass-media, per lo più tutti, hanno evidenziato in prima pagina, con foto grandi e significative l’addio a don Gallo di innumerevoli beneficiati, amici e di tanta, tanta gente. “Aveva 84 anni. Era nato a Genova. Era un prete di strada. Ha speso la sua vita per i giovani in difficoltà, i carcerati e tutti i diversi. Ha scorticato l’Italia peggiore e la Chiesa dei potenti. Il suo nome era Andrea Gallo. Lo piange l’Italia migliore….”… “Teneva sulla scrivania la Bibbia, il Vangelo e Carlo Marx. Ci ha lasciato don Andrea Gallo, prete ‘angelicamente anarchico’, comunista, new global, sempre dalla parte degli ultimi. Disobbediente alle gerarchie vaticane, ma sempre all’interno della Chiesa, aveva partecipato al Gay Pride e al G8 nella sua Genova…”, ecc.
La sua attività aveva un respiro ampio, sia per le persone cui si rivolgeva, sempre i più deboli, sia per i metodi che usava, diversi secondo le caratteristiche delle persone.

In uno dei miei Appunti di Viaggio ho parlato di San Benedetto al Porto di Genova solo quindici giorni fa, quando ho partecipato nei locali della comunità genovese, posti proprio accanto alla Chiesa dove lui stesso abitava, ad un incontro del movimento Rete Radiè Resch che si interessa di progetti di solidarietà nei vari continenti del mondo. Alle 12 i nostri lavori si erano interrotti per poter dare la possibilità a chi lo desiderava di partecipare alla Messa che don Gallo celebrava nella Chiesa vicina. Era molto stanco. Al termine della liturgia i suoi giovani lo hanno accompagnato, sostenendolo, verso la sacrestia. Ho visto diverse persone piangere, forse una premonizione viste le condizioni precarie e il logoramento dovuto al suo tipo di vita.

All’annuncio della sua scomparsa, Moni Ovadia dice: “Come faccio senza il mio compagno? Andrea è stato il profeta del nostro tempo, l’incarnazione più pregnante della cristianità nella sua tensione verso la giustizia sociale. Gli altri parlavano delle cose da fare, lui invece le faceva: coi ragazzi, coi tossicodipendenti, con infinita umanità e condivisione. Era la congiunzione tra cielo e terra, cioè un uomo pieno di coraggio e di ironia, lontano da ogni moralismo. Lui è stato il mio compagno, l’amico con cui dividere il pane e il sale della vita. Andrea era un giusto, un resistente, uno che non ha mai accettato la normalizzazione: con lui finisce un’epoca”. E Gino Paoli: “Girare per i vicoli di Genova con don Andrea è stato davvero uno spasso. Non c’era una puttana, un transessuale o un drogato che non lo conoscesse, e a suo modo, non lo adorasse. Don Andrea Gallo per me è stato una fortuna. E’ stato uno che davvero ha vissuto per gli altri. E gli altri erano la sua vita. Un grande”. E poi Fiorella Mannoia: “Un uomo coraggioso sempre in trincea…”. Infine Antonio Padellaro, su “il Fatto Quotidiano”, in cinque pagine narra la sua vita e i suoi gesti di giustizia e amore…

Anch'io ho vissuto, in una delle comunità di don Gallo, un’esperienza che mi ha trasformato. La comunità di Genova era la principale, svolgeva recupero di tossicodipendenti e di altre persone in situazioni di difficoltà. Quelli che erano usciti dal giro della droga avevano allestito un Ristorante al Porto, dove si mangiava molto bene, molto conosciuto, il cui ricavato andava per le altre attività. Altri, liberati dalla droga, trovavano lavoro altrove. Le altre sue comunità erano quattro o cinque, sparse per lo più nella campagna alessandrina, a Frascaro, sulla strada da Alessandria per Acqui Terme, un’altra a Bergamasco sul percorso verso Asti. E’ proprio qui che alcuni amici, alcuni anni fa, mi chiesero di svolgere nel periodo dell’anno scolastico, a partire dal primo pomeriggio, un giorno la settimana, delle conversazioni su temi storici, su richiesta degli stessi ospiti della comunità, per lo più tossicodipendenti in via di guarigione. Mi meravigliava il fatto che chiedessero di trattare temi storici, dal momento che i problemi che li toccavano erano piuttosto di carattere umano a tutti i livelli. Nelle comunità di don Gallo i giovani, appena usciti dallo stadio più grave, si autogestivano e uno di loro dirigeva tutto il gruppo composto di una ventina di persone. Alcuni simpatizzanti del luogo si univano alle conversazioni.

Mi sono presentato con appunti e fotocopie di pagine di libri su periodi significativi della storia umana e su problemi connessi quali il lavoro… Pensavo di parlare di argomenti storici, come da richiesta, ma di fatto, sin dal primo incontro, dopo forse un quarto d’ora, i miei uditori, maschi e femmine, cominciarono a rivolgermi domande su ogni aspetto della vita, sulle loro storie, sul senso della persona umana e dell’universo, sul rapporto uomo donna, e sulla socialità, sul male e sul bene, sulla lotta per il bene, sull’impossibilità o la difficoltà di realizzare situazioni positive, ecc…Ho dovuto estrarre da me stesso tutte le conoscenze, settimana dopo settimana, su quasi ogni campo del sapere e presentare gli argomenti con quel tatto che la situazione degli ascoltatori richiedeva. Avrei dovuto essere storico, antropologo, psicanalista, padre, madre, ecc… In realtà, attraverso il dialogo coi miei interlocutori sono state più le cose che ho imparato che non quelle che ho insegnato. Il pomeriggio scorreva velocemente, due o tre ore di dialogo, sin quando i ragazzi dovevano cominciare a organizzarsi per la cena. Sentivo, negli interventi delle persone che dialogavano, l’influsso della mentalità di don Gallo: presa di coscienza, impegno con e per gli altri, vita comunitaria basata sulla giustizia e sull’amore, spirito di collaborazione e non di giudizio. I conflitti che a volte sorgevano venivano affrontati comunitariamente. Nella comunità di Genova, anni addietro, don Giulio Girardi aveva svolto analoghi colloqui che hanno dato vita, oltre ai frutti presso i ragazzi, ad un volume estremamente interessante, che diventò per molti una guida per incontri successivi. (“Dalla dipendenza alla pratica della libertà. Comunità di San Benedetto al Porto di Genova”, Roma, Borla, 1990).

Un pomeriggio tardi, dopo preavviso, passò don Gallo, a visitare, come faceva periodicamente, le sue comunità. Parlò coi ragazzi, si interessò ai loro problemi, si informò sui loro miglioramenti, incoraggiò quelli che erano appena arrivati, si fermò a cena, rimasi anch’io con loro. Infine dette informazioni sulle altre comunità ed ebbe parole di speranza per tutti. Salutò anche me, con affetto, per il lavoro che svolgevo. Io lo ringraziai per l’occasione che mi dava e per il bene che ricevevo. In altre parole sono stato anch’io per un anno un beneficiato del lavoro del Don, come lo chiamavano i giovani. A tarda sera ritornò verso Genova. Queste visite periodiche lasciavano presso la comunità nuovo vigore e slancio per continuare il lavoro di rieducazione. La campagna circostante era ampia e dava possibilità di lavoro a chi poteva svolgerlo e questo era un motivo di grande realizzazione per tutti. Bellisssimi erano i cavalli della zona che i ragazzi accudivano. Ho assistito anche alla festa annuale della comunità che costituiva un momento di gioia costruttiva con la partecipazione di gran parte del paese. La casa era gestita per la pulizia, per il mangiare e per le commissioni ordinarie dagli stessi ragazzi. I due che maggiormente si erano realizzati nel percorso educativo, si sposarono e gestirono a due la comunità: una vera famiglia, sia pure con mille difficoltà. Negli anni successivi, come accadeva spesso nelle comunità, le situazioni cambiavano, i ragazzi facevano esperienze altrove, ruotavano anche le persone che dirigevano, mi fu chiesto di ripetere l’esperienza, ma di fatto la cosa fu rimandata. Spero che altri abbiano continuato.

Oggi è sabato 25 maggio e a Genova, nella Chiesa del Carmine, si stanno svolgendo i riti d’addio a Don Gallo. Mentre scrivo seguo in contemporanea le fasi del rito su varie TV. E’ significativa la grande partecipazione dei ragazzi delle comunità, degli amici e di tutti quelli che lo hanno conosciuto e che da lui hanno tratto beneficio. Durante l’omelia del Cardinale Bagnasco, Arcivescovo di Genova e presidente della Commissione dei Vescovi italiani, si leva una contestazione da parte dei ragazzi che stanno in fondo e fuori della Chiesa quando il Cardinale nomina l’Arcivescovo Siri, che in anni passati aveva esonerato don Gallo dalla cura della Parrocchia del Carmine che gestiva. I funerali presso la stessa Chiesa da cui era stato scacciato sono in qualche modo una riparazione. La protesta continua ed il Cardinale si deve fermare. A questo punto la segretaria di don Gallo, Lilli, si avvicina al microfono e indirizzandosi direttamente ai giovani che contestavano: “Ragazzi, ragazzi, ragazzi… , ripete con voce forte più volte. I ragazzi finalmente fanno silenzio e Lilli continua: “Se vi comportate così andate contro i principi di don Gallo che ascoltava tutti, anche quelli che la pensavano diversamente da lui. La diversità non deve creare conflitto, ma piuttosto ascolto, comprensione e azioni conseguenti sia pure diverse…”. La donna è autorevole, parla con amore, anche quando sollecita fortemente i ragazzi. Penso che questa scena sia il modello dell’educazione che don Gallo dava ai suoi giovani, che mai aveva costretto ad agire in un determinato modo, ma che sempre cercava di convincere col dialogo. Il card. Bagnasco infine ha dato la “comunione” anche a Vladimir Luxuria e a Regina Satariano del movimento transgenere. Il Secolo XIX definisce questo gesto il primo miracolo di don Gallo.

Ancora un pensiero sulle parole dette, dopo il cardinale di Genova, da don Luigi Ciotti, che con don Gallo ha condiviso sin dall’inizio varie tappe del lavoro. Sono purtroppo solo frasi staccate di un discorso articolato e molto pertinente e commovente. “Don Gallo è stato un prete innamorato di Dio e degli uomini… ha dato un nome a chi non l’aveva… ha aperto diverse porte e diverse aprirà…Vangelo e Costituzione italiana erano le sue due fonti…la miseria e la povertà, diceva, non sono fatalità, ma sono piuttosto il frutto della cattiva distribuzione della ricchezza da parte delle persone umane…si muore troppo nel mondo per opera di chi toglie la vita agli altri, si muore nelle periferie del mondo…”. E quindi il saluto finale: “Che San Benedetto continui questa strada… Ciao don Gallo!”. All’uscita del feretro la folla applaude e i giovani cantano “Bella Ciao”.

Un’altra coincidenza significativa. A Palermo si svolgevano i riti di “beatificazione” di don Giuseppe Puglisi, ucciso dalla mafia. Abbiamo avuto grandi testimoni e grandi guide: seguiamo le vie che essi hanno aperto e manteniamole aperte e ricche di incontri