L’eredità politica, culturale e morale di

Norberto Bobbio e Nuto Revelli

Se ripercorro la mia vita, vedo passare come in un film le persone che mi hanno nutrito, sostenuto, guidato nella crescita e nelle scelte fondamentali. Dapprima i genitori, poi nell’adolescenza il gruppo, il leader del gruppo, i campioni sportivi, i divi del cinema e della musica. In età giovanile ed adulta sono subentrate figure di maggior peso, alcuni professori, i grandi della storia, Gandhi, M.L. King, i maestri delle religioni universali, gli eroi che hanno saputo dedicarsi alla causa del bene comune senza cedere all’interesse, all’egoismo, pur se hanno avuto momenti di interrogativi e fors’anche di cedimento momentaneo, diversamente infatti non sarebbero stati degli umani.

C’è un periodo della storia del ‘900 che per me è stato particolarmente formativo per i soggetti significativi che ha espresso. Troppo piccolo per combattere la "resistenza", ma già con l’uso della ragione per capire che molti adulti stavano lottando per liberare l’Europa e l’Italia da un dominatore che voleva portare lo sterminio ovunque, ho sempre ammirato quei combattenti che non hanno risparmiato la propria vita per prodigarsi per una causa giusta quale quella della libertà, per poi costruire la democrazia e, nel cuore di alcuni, una giustizia di segno maggiore.

Norberto Bobbio e Nuto Revelli, mancati l’uno il mese scorso ed il secondo pochi giorni fa, sono tra questi, accanto ad altri che ci hanno già lasciato, i quali, invece di cadere nel limbo della dimenticanza, sono e saranno sempre presenti nella mia e nella memoria di chi è sensibile al bene.

Lo smarrimento è grande. Ho l’impressione che certe persone siano insostituibili, che il loro insegnamento e la loro testimonianza siano irrepetibili, che non abbiano ancora cessato di portare a termine la loro funzione di coscienza critica.

L’epoca attuale sta cancellando a poco a poco tutti i valori che sono stati pensati e desiderati in quella lotta di liberazione e poco dopo realizzati con la Costituzione e la proclamazione della Repubblica. L’articolo I della Costituzione, "L’Italia è una repubblica democratica basata sul lavoro", è stato sostituito da "L’Italia è una colonia basata sulle esigenze prioritarie dell’azienda e del mercato...". La produzione è decentrata a livello mondiale per alleggerire le spese della produzione, portando di conseguenza la mobilità, la precarietà, l’insicurezza del lavoro e delle provvidenze per l’età postlavorativa. La politica ha perso il suo primato di arte, che guida ogni settore di vita verso il bene comune, per divenire ancella dell’economia. La politica è apparenza, è spettacolo che fa da copertura alle scelte che vengono prese altrove. Un mercato unico e transnazionale, accompagnato da un pensiero unico indotto dai mass media, va a cancellare tutte le conquiste sociali e politiche, sia pur perfettibili, che permettevano alle persone ed alla comunità di sperare in un futuro possibile.

L’articolo 11, che esclude con forza ed in ogni caso la guerra d’aggressione, è stato trasformato in "L’Italia è un paese che aderisce alla guerra preventiva, d’aggressione, unilaterale del più forte ed invia i suoi militari in appoggio...". La libertà individuale e collettiva è cancellata da esigenze superiori che non corrispondono al bene di tutti ma all’interesse di pochi. La miseria, la malattia, la guerra, la distruzione dell’ambiente stanno devastando l’humus sociale che dovrebbe portare ad un benessere maggiore e diffuso nella società civile, favorendo al contrario i potenti nel consolidare il loro potere. Molti altri esempi potrebbero seguire.

Mi verrebbe da implorare ad alta voce ai grandi che ci hanno lasciati che avevamo bisogno ancora di loro per non dimenticare i tristi effetti dell’odio e della guerra, per non perdere quel rigore morale che ha permesso loro di aver ragione di un nemico tremendo, che sta risorgendo continuamente dalle sue ceneri, sia pure in forme diverse, più aggiornate, forse più pericolose.

La speranza per noi è posta nel far nostra la lezione dei grandi testimoni. Il loro eroismo, la loro lotta, i loro scritti diventano guida della nostra vita ed anche noi, a queste condizioni, sapremo lottare contro il ritorno coatto della disgregazione umana, sociale e politica, dell’impoverimento materiale e spirituale del nostro paese e del nostro pianeta.

Norberto Bobbio ci ha lasciato la passione per la ricerca continua della libertà, della democrazia e del socialismo. Per esse ha dedicato, dopo la fase partigiana e costituente, gli studi di tutta la vita, il continuo rigore metodologico e morale, la dedizione non solo per se stesso ma anche per gli altri, con le pubblicazioni scientifiche e con la pubblicistica pressoché quotidiana durata più di mezzo secolo. Il suo pensiero si è applicato nel conciliare le esigenze di giustizia sociale ed economica con le esigenze delle libertà democratiche, attraverso il potenziamento e la creazione degli istituti democratici. Ci ha dato, dieci anni fa, in un mondo dove prevale l’indifferenza, l’uguaglianza indistinta tra bene e male di fronte al potere del denaro, un libro prezioso, quasi il testamento di una vita, dove ha differenziato destra e sinistra, lotta per il bene comune e rincorsa per l’interesse individuale di pochi: Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica.

Nuto Revelli, dopo il trauma della ritirata dalla Russia nella seconda guerra mondiale, dove ha costatato di persona la morte di tanti giovani mandati al macello ed i disastri della guerra, e dopo la lotta partigiana per difendere e liberare la zona del Cuneese, ha dedicato la sua vita prevalentemente ai semplici, ai vinti della storia, ne ha raccolto le testimonianze orali, le ha trascritte in testi che hanno alimentato di valori nobili le nuove generazioni, come: Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina (1977), L’anello forte. La donna: storie di vita contadina (1985) ed altri. Ha fermamente lottato contro la vigliaccheria privata e pubblica. Non è disertore, ha detto, chi lascia un esercito che combatte una guerra ingiusta, è disertore piuttosto chi non combatte per una causa impellente di liberazione contro l’aggressore che crea morte e distruzione.

Sta a noi continuare la lotta per la libertà, la democrazia vera, la giustizia sociale in favore dei vinti e degli oppressi. Facciamo nostra la lezione delle figure che hanno segnato una svolta storica dopo "il buco nero" del ‘900. Gli anni a venire non restituiranno più la loro presenza fisica, ma potranno dare, agli animi sensibili, i valori che, diventati linfa della nostra vita, possono trasformare il pianeta in un mondo migliore.

(15 febbraio 2004)

Mario Arnoldi